Italiano sul viale del tramonto?
Italiano sempre più isolato a livello nazionale. Una conferma sulla perdita di importanza della lingua di Dante arriva dall’Ufficio federale di statistica (UST).
La situazione è tale, secondo un rapporto dell’UST, da mettere in pericolo il quadrilinguismo, visto che anche per il romancio si mette male.
Sembra non esserci pace, dunque, per l’italiano. Dopo la soppressione della cattedra a Neuchâtel e alla luce dei progetti del Politecnico di Zurigo -orientato a trasformare la cattedra di lingua e cultura italiana in una di scienze umanistiche – l’orizzonte si fa più cupo.
Certo l’italiano sta bene in Ticino, dove ha rafforzato le proprie posizioni. Ma questa situazione nei suo territorio naturale, non può consolare. Meno ancora tranquillizzare.
Una situazione, per esempio, che ha spinto “Coscienza svizzera” non solo ad organizzare dei momenti di riflessione sull’Italiano in Svizzera quale elemento fondante del federalismo elvetico, ma anche a proporre il lancio di un’iniziativa popolare per salvaguardare il modello linguistico svizzero.
Un sostegno che non è mai arrivato
Un pessimismo giustificato? Lo abbiamo chiesto a Matteo Casoni, ricercatore dell’Osservatorio linguistico della Svizzera italiana (OLSI). “Prima del pessimismo – afferma l’esperto – c’è lo sconforto, perché i risultati del censimento 2000 per queste italiano e romancio non sono certo una sorpresa”.
“Prendiamo l’italiano: già dieci anni fa, l’OLSI aveva detto che la situazione era preoccupante e che bisognava fare qualcosa per sostenerlo fuori dal territorio tradizionale. Oggi prendiamo atto che le analisi di dieci anni fa in pratica sono cadute nel vuoto. Però dire che l’italiano sia sul viale del tramonto è un’assurdità”.
Non si tratta di scaramanzia, osserva Casoni, sono i dati che mostrano bene come l’italiano sia in calo al di fuori del territorio linguistico tradizionale, ma sia ben stabile (addirittura mostra una leggera crescita) nella Svizzera italiana.
Evitare le cassandre
“La situazione nei territori non italofoni – continua il ricercatore – va presa molto sul serio, ma l’italiano è molto distante dalle dinamiche che toccano il romancio (che è in calo anche nel territorio)”.
“Non vorrei nemmeno che diventasse una di quelle profezie che si autorealizzano: si continua a dire che l’italiano è moribondo, così si finisce col credere che sia già morto e non si fa più niente per evitare ciò”.
L’italiano fuori dai suoi confini naturali sembrerebbe pagare, in un certo senso, il prezzo dell’integrazione, soprattutto professionale. Un fatto tuttavia inevitabile. “L’integrazione degli immigrati nel territorio e nella cultura – sottolinea Casoni – è elemento auspicabile e inevitabile quindi anche l’integrazione linguistica delle nuove generazioni.”
L’integrazione linguistica, un valore
“Lamentarsi del fatto che in Svizzera ci sia una buona integrazione linguistica degli immigrati sarebbe assurdo, vorrebbe dire, per esempio, che ci lamentiamo di avere delle scuole che fanno bene il loro lavoro”.
“Non possiamo dire che l’integrazione vada a danno dell’italiano come lingua parlata fuori dal suo territorio tradizionale. È però vero – spiega il ricercatore – che per gli immigrati italofoni sarebbe stato importante far sì che le nuove generazioni avessero mantenuto anche l’italiano tra le lingue di cui hanno competenza attiva, cioè tra le lingue che fanno parte del repertorio”.
Purtroppo, sottolinea ancora l’esperto dell’OLSI, nelle scuole pubbliche d’oltralpe l’interesse per l’italiano non è mai stato molto alto e si è persa una risorsa importante per l’italofonia fuori dal territorio.
Coesione nazionale in pericolo?
La crisi del quadrilinguismo svizzero e l’inarrestabile crescita dell’inglese potrebbe ancora mettere in pericolo, secondo alcuni, la coesione nazionale. Finiremo tutti per parlarci in inglese?
“È vero – osserva Casoni – a volte già succede che tra svizzeri si parli inglese per comunicare, anche se in sfere professionali molto particolari e in misura indubbiamente ridotta; questo di per sé non è condannabile o evitabile del tutto”.
“Probabilmente però questo tende un po’ a modificare gli equilibri e le (buone) tradizioni svizzere e se ciò vuol dire privilegiare solo l’inglese come lingua seconda, possiamo senz’altro parlare di una perdita rilevante”.
“La coesione nazionale – sottolinea il linguista – non si basa solo sulle lingue, ma sapere la ‘lingua del vicino’ è senz’altro un momento di contatto con gli altri confederati. Inoltre, perché perdere quello che è sempre stato un vantaggio per gli svizzeri? Per poi tornare magari tra qualche anno a dover recuperare, con costi ben maggiori, tradizioni che si rischiano ora di buttare al vento”.
swissinfo, Françoise Gehring
Tra il 1990 e il 2000 si è ridotta dal 7,6% al 6,5% la percentuale di persone che dichiarano l’italiano lingua principale
In Ticino l’italiano è la lingua principale per l’83,3% della popolazione.
In Ticino oltre il 67% degli stranieri residenti ha adottato l’italiano come lingua principale
Quasi un terzo degli stranieri residenti in Svizzera dichiara il tedesco come lingua principale
Dal 1990 la situazione linguistica della Svizzera si caratterizza per una continua espansione delle lingue nazionali tedesco e francese, indice di una migliore integrazione linguistica dei gruppi di popolazioni immigrati.
Sono le conclusioni di un nuovo rapporto dell’Ufficio federale di statistica che conferma la perdita di importanza, a livello nazionale, dell’italiano e del romancio.
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