Jung, lo scrutatore dell’anima del mondo

È un po' come un ritorno a casa soffermarsi sulla figura di Carl Gustav Jung al Monte Verità di Ascona, un luogo a lui caro e che frequentò negli anni Trenta del secolo scorso. L'occasione è stata data da un simposio sul Libro rosso, ora tradotto anche in italiano.
Ed è stata proprio la Fondazione Eranos – Carl Gustav Jung fu uno dei prestigiosi animatori delle Eranos Tagungen – a promuovere un pomeriggio di studio sul Libro rosso, di cui la casa editrice Bollati Boringhieri ha pubblicato la versione italiana. Un ritorno alle origini soprattutto per la Fondazione che negli ultimi anni ha conosciuto non poche tribolazioni, soprattutto di carattere finanziario.
Il Libro rosso di Jung – The red book, detto anche Liber novus – è stato pubblicato nella sua forma integrale dopo essere stato chiuso per oltre 23 anni e su richiesta degli eredi, in un caveau svizzero. Jung vi lavorò per oltre sedici anni, dal 1913 al 1930, e ancora in tardissima età egli lo definì l’opera di fondazione in cui aveva deposto il nucleo vitale e di pensiero della sua futura attività scientifica. Nondimeno, non volle mai autorizzarne la pubblicazione, e dopo di lui anche gli eredi si attennero scrupolosamente alla consegna.
Il Libro rosso è, in effetti, il libro segreto di Jung. «Con il suo tesoro di esperienze iniziatiche e meditazioni sapienziali e con il suo corredo di immagini fantasmagoriche e virtuosismi calligrafici – leggiamo nella presentazione della versione italiana – il Libro rosso si situa al centro di una straordinaria sperimentazione artistica e psicologica che ne fa un unicum nel panorama novecentesco. Esso rinnova la tradizione del manoscritto miniato medievale, riprendendone tecniche scrittorie, schemi di impaginazione e moduli di decorazione pittorica e ornamentale».
Al Monte Verità scendono in campo i filosofi
Nella sua relazione “Jung non solo psicoterapeuta”, Claudio Bonvecchio – professore Ordinario di Filosofia delle Scienze Sociali dell’Università degli Studi dell’Insubria – ha sottolineato lo straordinario spessore culturale di Jung, definendolo «un grande pensatore e filosofo, autore di una sorta di rivoluzione copernicana del sapere».
Portatore di un pensiero alternativo suffragato da una rigorosa analisi scientifica, Jung pone al centro delle sue investigazioni l’essere. Supera la visione cartesiana che suddivide la realtà in res cogitans (la realtà psichica a cui Cartesio attribuisce le qualità di inestensione, libertà e consapevolezza) e in res extensa (la realtà fisica, estesa, limitata e inconsapevole). Un approccio, quello del razionalista francese, alla base del netto distinguo tra anima e corpo.
Questa visione dualistica della realtà, spiega Bonvecchio, viene ripresa da molti pensatori: ad esempio Kant, che crea la distinzione tra fenomeno e noumeno, recuperando cosi l’idea di un mondo sensibile ma fallace (fenomeno), contrapposto ad uno non-sensibile che rappresenta la verità, l’essenza dell’essere, la cosa in sé (noumeno). Ebbene Jung, nel suo investigare scientifico e filosofico, che cosa fa? Opta per la riconciliazione della dicotomia tra fenomeno e noumeno, realtà e apparenza, luce e ombra.
Le coppie degli opposti come valore
Lo psicanalista italiano Luigi Zoja riprende al volo le coppie degli opposti per spiegare come nell’approccio filosofico e terapeutico di Jung, l’equilibrio degli opposti rappresenti una risorsa. «Luce e ombra – sottolinea Zoja – devono essere integrati in noi, perché abbiamo bisogno di entrambe le cose nel nostro percorso di individuazione. L’obiettivo della terapia non è per Jung l’eliminazione delle coppie contrarie, dei contrasti, perché sarebbe un impoverimento della persona; bensì una loro armonizzazione nel segno di una crescita del Sé».
Su questi presupposti Jung costruirà delle tipologie di caratteri, ossia di forme individuali stabili, proponendo fondamentalmente la distinzione tra introversione e estroversione: nel primo caso l’energia libidica è orientata verso l’interno, mentre nel secondo caso è orientata verso l’esterno.
«Anche se prevale una condizione – osserva lo psicanalista italiano – non è però detto che l’opposto sia scomparso, anzi esso è presente, attivo e molto sensibile, quindi diventare se stessi, o usando la nozione di Jung “individuarsi”, non significa arroccarsi nella propria identità egoica, ma aprirsi alla totalità del Sè»
Ritrovare il sacro
Il filosofo ticinese Fabio Merlini, docente di filosofia della morale presso l’Università dell’Insubria a Varese e presidente della Fondazione Eranos, non poteva non soffermarsi sull’interesse di Jung per la spiritualità, a cui attribuisce un ruolo molto importante, quasi necessario, per dare all’uomo la possibilità di trascendere i suoi simboli in ambito religioso.
In un periodo dove molti di noi sono alla disperata ricerca di valori, dove «la crisi del senso è anche crisi di identità, il Libro rosso ci fornisce un’occasione straordinaria di esplorazione. Scoprire la propria identità e la coraggiosa capacità di trascendere la funzione ordinatrice della coscienza – commenta Merlini – significa avere il coraggio di perdersi per ritrovare il sacro dentro di noi».
Lo spirito del profondo come meta di ricerca esprime, secondo Merlini, un bisogno reale, contrapposto allo spirito del tempo, di questo nostro tempo «che ci spinge con forza inaudita al consumismo e verso ideali mutevoli». La ricerca del profondo, invece, si rivela come una possibilità di cercare la verità in se stessi.
Carl Gustav Jung ci ha fornito le chiavi per una comprensione del mondo – e dei mondi sottili meno visibili che ci abitano e stanno intorno a noi – che declina la complessità senza togliere forza alla poesia e ai sogni che trapuntano il firmamento di luce.
Carl Gustav Jung (Kesswil, 26 luglio 1875 – Küsnacht, 6 giugno 1961) è stato uno psichiatra e psicoanalista svizzero. La sua tecnica e teoria di derivazione psicoanalitica è chiamata “psicologia analitica”.
Inizialmente vicino alle concezioni di Sigmund Freud se ne allontanò definitivamente nel 1913.
Al centro del percorso di Jung la ricerca analitica dalla storia personale del singolo alla storia della collettività umana. Secondo lui l’inconscio non è più solo quello individuale, prodotto dalla rimozione, ma nell’individuo esiste anche un inconscio collettivo che si esprime negli archetipi.
È uno dei “libri segreti” del Ventesimo secolo, uno dei più favoleggiati manoscritti della storia del pensiero moderno. È stato definito “un testo terribile e maledetto. Avvolto dal mistero, è rimasto chiuso nella cassetta di sicurezza di una banca svizzera”.
«The Red Book» è un inedito di cui si conosceva l’esistenza ma non il contenuto. Scritto da Carl Gustav Jung (1875-1961), il pensatore svizzero fondatore della psicologia analitica e padre della psicanalisi insieme con Sigmund Freud.
Il volume, 205 grandi pagine scritte in tedesco, è un fac-simile che riproduce fedelmente l’originale e raccoglie appunti e disegni di Jung. È un viaggio nella mente dello psichiatra che nel 1913, anno in cui ruppe i rapporti con Freud, entrò in crisi
Tormentato da «un flusso incessante» di visioni e voci che esistevano solo nella sua testa, Jung prese appunti per 16 anni, fino al 1930. Pagine che poi rielaborò per comporre «The Red Book». Un’operazione che gli costò uno sforzo mentale e fisico immane.
Il manoscritto originale è stato esposto per la prima volta al pubblico al RubinMuseum of Art di New York nella mostra «The Red Book of C.G. Jung. Creation of a New Cosmology» (che si è chiusa il 25 gennaio 2010), in coincidenza con la sua prima pubblicazione integrale da parte dell’editore W.W. Norton.
Grazie all’ispirazione di tre padrini d’eccezione, lo storico delle religioni Rudolf Otto, il sinologo Richard Wilhelm e lo psicologo Cari Gustav Jung, prende avvio nel 1933 ad Ascona, sul Lago Maggiore, un lungo ciclo di incontri.
Nato come luogo di incontro tra Oriente e Occidente, Eranos è andato man mano configurandosi come un laboratorio di ricerca sulle strutture universali sottostanti al fenomeno religioso, dove l’interesse di Jung per la mitologia e per la fenomenologia della religione, e il suo riconoscimento di una specifica “funzione religiosa” della psiche, diventano il punto di contatto tra il suo pensiero e quello di studiosi tra i più significativi del XX secolo.
Monte Verità (Ascona)

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