Kummer ai giovani registi: «siate più radicali»
Per oltre vent'anni è stato l'uomo forte delle Giornate di Soletta. Ora torna al festival in qualità di mister cinema, alla guida di un settore in fermento. Pragmatico, Ivo Kummer non si lascia però intimorire e parla delle sfide che attendono la settima arte in Svizzera.
«Per crescere il cinema svizzero ha bisogno di fondi, ma anche di tanta passione e audacia». Lo sa bene Ivo Kummer che ha fatto della settima arte il suo più grande amore.
Ex direttore delle giornate di Soletta, dall’agosto del 2011 ha ripreso la carica di mister cinema lasciata vacante da Nicolas Bideau. Swissinfo.ch lo ha interpellato in occasione della 47esima edizione del festival, in programma dal 19 al 26 gennaio.
swissinfo.ch: Quale sguardo porta Ivo Kummer sul cinema svizzero?
I. K.: Sono sempre stato affascinato dai film svizzeri: riescono ad emozionarmi come persona e come appassionato di cinema. In Svizzera il settore trainante resta quello dei documentari. È una costante ormai da diversi anni. Non si tratta unicamente di reportage, ma di film-documentari che spesso vengono proiettati anche nelle sale cinematografiche e sono opera di registi impegnati. Rispetto ad altri paesi europei, in Svizzera i documentari hanno un’importanza particolare e vengono valorizzati diversamente.
Sono un po’ preoccupato invece per quanto riguarda la produzione di fiction. Spesso la realizzazione di questi lungometraggi necessità di un budget più elevato e questi soldi non sono facili da trovare. È un problema difficile da risolvere, e che in un certo senso è insito alla struttura di aiuti della Confederazione. Non ci sono abbastanza soldi per garantire una continuità in questo settore e la continuità è indispensabile per poter realizzare un film e scrivere uno scenario. Oggi un regista ha bisogno di due o tre anni per realizzare un film; è un periodo troppo lungo.
swissinfo.ch: Il budget di 46 milioni e mezzo che la Confederazione elargisce al cinema non è dunque sufficiente?
I. K.: È un dato di fatto: i fondi destinati al cinema sono troppo pochi. Tanto più se si considera che vengono ripartiti tra promozione dei film e della cultura cinematografica, partecipazione al programma UE Media, formazione e cineteca. Purtroppo non sta a me decidere, ma al parlamento. Il leggero aumento di budget ottenuto quest’anno è un segnale importante, significa che il mondo politico sta prendendo coscienza del valore culturale del cinema per il nostro paese, quale strumento per rafforzare la comprensione culturale e l’identità. Ma si potrebbe fare di più…
swissinfo.ch: Malgrado il successo ottenuto negli ultimi anni da alcuni film come Vol Spécial, Sennentuntschi o Cleveland contre Wall Street, le produzioni svizzere faticano molto a varcare i confini nazionali. Per quale ragione?
I. K.: A parte i film di genere come Sennentuntschi che sono difficili da esportare, le produzioni svizzere vengono spesso selezionate ai principali festival internazionali ed è un aspetto da non sottovalutare. Pensiamo ad esempio a Giochi d’estate di Rolando Colla – accolto bene alla Mostra di Venezia – o al nuovo lungometraggio di Ursula Meyer, L’enfant d’en haut, in corsa per l’Orso d’oro al 62esimo festival di Berlino.
Certo, per i film svizzeri non è facile approdare nelle sale straniere. La concorrenza è enorme, soprattutto quella di Hollywood, e affidarsi al passaparola o alla promozione pubblicitaria non sempre basta. Ciò non toglie che vi siano film di nicchia che riescono ad emergere. Die Herbstzeitlosen, di Bettina Oberli, racconta una tipica storia svizzera eppure, a sorpresa, ha avuto un grande successo in Germania.
swissinfo.ch: Ci sono però paesi paragonabili alla Svizzera, come il Belgio o la Danimarca, che negli ultimi anni sono riusciti a farsi conoscere sulla scena cinematografica…
I. K.: Diciamo che la Danimarca negli ultimi anni ha fatto un gran lavoro di marketing e ha pubblicizzato molti film con il marchio Dogma 95 (del quale fa parte anche Lars von Trier, ndr). In questo modo è riuscita a esportare anche film di registi poco o per nulla noti al grande pubblico.
In Svizzera non possiamo più contare su una generazione di registi conosciuti come era il caso all’epoca di Alain Tanner o Claude Goretta. Forse c’è ancora Fredi Murer… e alcuni giovani che lavorano all’estero come Markus Imboden. Mi chiedo se l’epoca dei film d’autore non sia finita o forse abbia semplicemente preso forme diverse. All’epoca si andava al cinema per vedere il nuovo Tanner o il nuovo Godard, mentre ora il pubblico è più stuzzicato dalla trama di un film o dagli attori che lo interpretano.
swissinfo.ch: Negli ultimi anni ha sottolineato più volte l’importanza di un cinema più radicale, meno costoso e meno legato al glamour. Quali sono le priorità di “Mister cinema”?
I. K.: Diciamo che il cuore del mio lavoro è la produzione cinematografica e l’incoraggiamento di film che puntano sulla qualità e l’originalità. Ma i film non li faccio io e non sta certo allo Stato imporre una linea ai registi. È chiaro che come appassionato di cinema, anch’io ho qualche preferenza. Mi piacciono i film più radicali, meno conformisti, che hanno il coraggio di osare. I film che si svolgono magari in città, con delle persone, perché in Svizzera non ci sono soltanto montagne e mucche. Ma ripeto è il regista che realizza un film e il nostro compito è quello di incoraggiare la creatività e il lavoro di qualità. Poi il fattore successo è relativo. Certo, mi fa piacere quando un film raggiunge il grande pubblico, ma è importante valorizzare anche quei film di nicchia, come i film sperimentali.
swissinfo.ch: Malgrado i sussidi della Confederazione, realizzare un film in Svizzera non è impresa facile… Cosa si sente di dire ai giovani registi?
I. K.: Che siano più radicali e coraggiosi. Non bisogna aspettare troppo a lungo per fare un lungometraggio. Non importa se non si ha a disposizione un milione di franchi, si può fare un buon film anche con meno. Ma bisogna crederci, bisogna avere il fuoco sacro, come si suol dire. Lanciatevi, insomma, e credeteci fino in fondo.
Nato a Soletta nel 1959, studia germanistica e giornalismo all’Università di Friburgo.
Dopo aver lavorato come giornalista indipendente, nel 1986 diventa portavoce delle Giornate cinematografiche di Soletta.
Nel 1987 fonda la società di produzione Insertfilm AG, di cui è tuttora direttore e produttore.
Nel 1989 è nominato direttore delle Giornate cinematografiche di Soletta.
Dal 1° agosto 2011, è a capo della sezione cinema dell’Ufficio federale della cultura. Succede al dimissionario Nicolas Bideau.
Il film del cuore di Ivo Kummer: Il documentario Reisender Krieger, di Christian Schocher, 1981.
L’attimo fuggente: La proiezione del film di Yces Yersin, Les petites fugues, 1979.
La 47esima edizione delle Giornate di Soletta si svolge dal 19 al 26 gennaio 2012.
Tra le otto pellicole in corsa per il “Prix de Soleure” figurano Giochi d’estate, del regista italo-svizzero Rolando Colla, il controverso Vol Spécial, di Fernand Melgar e Der Verdingbub, di Markus Imboden.
La sezione “Incontri” è dedicata all’attrice svizzera Marthe Keller, nota per soprattutto per le sue interpretazioni nei film Marathon Man (John Schlesinger), Fedora (Billy Wilder), Bobby Deerfiled (Sydney Pollack), Per le antiche scale (Mauro Bolognini) e Oci ciornie (Nikita Mikhalkov).
“Il festival di Soletta è un’occasione per discutere di cinema, per confrontarsi con altre visioni, per riscoprire quanto realizzato negli ultimi dodici mesi nel nostro paese”.
“È un appuntamento imprescindibile per gli appassionati e per gli addetti ai lavori. Spero davvero che questo festival rimanga il luogo d’origine del cinema svizzero”.
(Ivo Kummer)
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