Léger, pittore della modernità
Con una spettacolare retrospettiva, la Fondazione Beyeler rende omaggio all'opera di Fernand Léger. Il pittore francese era attratto dal dinamismo dello sviluppo urbano e dall'esistenza umana nella società industriale.
“Ammetto che, per un po’ di tempo, stentavo anche io a capire come mai Ernst Beyeler fosse così affascinato dall’arte di Fernand Léger. Ma oggi, guardando il risultato di questa esposizione, non posso più avere dubbi sull’importanza di questo pittore per l’arte moderna”, ha dichiarato Sam Keller, direttore della Fondazione Beyeler, presentando la mostra dedicata all’artista francese.
L’esposizione “Fernand Léger, Parigi – New York” è la concretizzazione di un desiderio nutrito già da molti anni da Ernst Beyeler, il mercante d’arte che nel 1997 ha creato a Riehen, nei pressi di Basilea, quello che è diventato il più prestigioso museo privato svizzero. Con questa retrospettiva, la più importante consacrata a Léger da oltre una decina d’anni a livello mondiale, la Fondazione Beyeler dovrebbe ripetere i successi di pubblico delle ultime brillanti “monografie” dedicate a Matisse, Munch o Magritte.
Eppure le opere del pittore cubista, caratterizzate da composizioni geometriche e da una certa freddezza stilistica, non sono fatte, almeno a prima vista, per sedurre l’occhio del visitatore. Ma Léger figura tra i maestri che hanno reinventato l’arte nella prima metà del secolo scorso e che hanno influenzato generazioni di artisti anche nei decenni successivi.
Processo di ricostruzione
Nato nel 1881 in Normandia, Léger segue dapprima un tirocinio in uno studio di architettura a Caen. Nel 1900 si trasferisce a Parigi, dove frequenta una scuola d’arte e inizia a confrontarsi con la pittura. Muove i suoi primi passi, come molti giovani artisti di quell’epoca, sperimentando le tecniche paesaggistiche e ritrattistiche dell’arte impressionista e postimpressionista.
Dopo aver scoperto le tele di Cézanne, Matisse e Picasso, distrugge i suoi primi lavori e si indirizza verso il cubismo, realizzando opere in cui intreccia arte figurativa ed arte astratta, come “Il passaggio a livello” (1912) e i tre dipinti della “Donna in blu” (1912/13), che la Fondazione Beyeler è riuscita a riunire e a presentare al pubblico.
Già in questi lavori si intravede il linguaggio innovativo che caratterizzerà l’arte di Léger per il resto della sua vita: il pittore francese comincia nelle sue opere a decomporre e ricomporre frammenti di immagini. Accatasta forme su forme, sovrappone figure su figure. E molto spesso, in un processo d’infinita ricostruzione, riprende le stesse forme e le stesse figure in altri dipinti, proponendo delle serie tematiche diventate famose nei decenni seguenti, quali “I costruttori”, “I tuffatori” o “I pappagalli”.
Visione utopica del progresso
Nel 1914 Léger è chiamato sul fronte per la Prima guerra mondiale. Viene fatto prigioniero già dopo pochi mese e sarà liberato soltanto nel 1918. Questa esperienza lascerà tracce profonde sul suo animo e sulla sua arte, che si avvicina sempre più alla realtà umana.
“Ho lasciato Parigi in una fase di astrazione dell’arte e, senza transizione, mi sono ritrovato in guerra in mezzo al popolo francese. I miei nuovi compagni erano minatori, contadini, boscaioli e operai metallurgici. Quanto bastava per dimenticare l’arte astratta di quegli anni”, racconterà più tardi lo stesso Léger.
Nel Dopoguerra, l’artista francese si consacra alla ricerca e allo studio dell’esistenza umana nella società moderna e industriale. “Distaccandosi dagli impressionisti, che avevano cercato soprattutto di mettere in mostra la bellezza della città e delle sue strade, Léger è uno dei primi artisti ad interessarsi alla nuova realtà urbana, contrassegnata da un dinamismo architettonico, meccanico e industriale”, rileva Philippe Büttner, curatore dell’esposizione.
Nelle sue opere Léger ricompone spazi di vita urbani dell’uomo moderno: gli oggetti di tutti i giorni, i cantieri, le fabbriche, le macchine, le insegne cittadine – come “I dischi” (1918), “La città” (1919) o “Gli elementi meccanici” (1918-23). Membro del Partito comunista per cinque anni, Léger ricrea in alcuni dipinti una visione personale di un socialismo reale immaginario.
“Come molti rappresentanti del modernismo, Léger aveva una visione piuttosto utopica della vita. Credeva che il progresso tecnico e le macchine avrebbero reso la vita più facile e l’umanità più felice. Si è probabilmente sbagliato, ma a quei tempi non è stato sicuramente l’unico”, osserva Brigitte Hedel-Samson, direttrice del Museo nazionale Fernand Léger di Biot, in Francia, che ha collaborato all’allestimento della mostra basilese.
Precursore della Pop Art
Sarà in parte questo interesse per una realtà urbana in pieno sviluppo a spingerlo negli anni ’40 a vivere negli Stati uniti e, in particolare, a New York. Il ritmo della vita nella metropoli americana impressiona profondamente Léger, che integra questo modernismo tecnico e architettonico nei suoi lavori.
Ma anche l’arte di Léger non lascia indifferenti gli americani, come dimostra l’esposizione proposta dalla Fondazione Beyeler, che affianca ai dipinti del pittore francese diverse opere dei maggiori rappresentanti della Pop Art americana, tra cui Andy Warhol, Roy Lichtenstein, Kenneth Noland o Ellsworth Kelly. Vi si specchiano numerosi temi e colori prediletti da Léger. Ma anche la tecnica della ricomposizione e dell’assemblaggio di forme e figure.
“Gli artisti americani sono stati impressionati innanzitutto dal personaggio fuori dal comune, che coltivava una concezione dell’arte totalmente indipendente. E poi dalla sua capacità di lavorare sulle forme e le figure per trasformarle, proponendo ogni volta qualcosa di nuovo”, spiega Brigitte Hedel-Samson.
L’eredità di Léger
Questo intelligente accostamento permette di scoprire o riscoprire l’eredità lasciata da Léger all’arte contemporanea, l’attualità della sua tecnica e delle sue idee. Il pittore francese sognava di ricostruire il mondo in forme e colori. Vi è riuscito disdegnando ogni ricerca puramente estetica, tramite un’arte impegnativa, che non lascia spazio alle emozioni o al sogno stesso.
“La pittura di Léger non fa sognare. È una pittura che richiede molto tempo per essere guardata e capita: nell’arte di Léger non vi è nulla di spontaneo e di facile. La sua è però un’arte che può dare molto piacere, se sappiamo osservarla attentamente e apprezzarne tutta la sua grande creatività”, sottolinea Brigitte Hedel-Samson.
swissinfo, Armando Mombelli
La Fondazione Beyeler è nata nel 1997 a Riehen, nel semicantone Basilea-città, su iniziativa del gallerista e collezionista d’arte Ernst Beyeler.
Il centro culturale, realizzato dall’architetto italiano Renzo Piano, è il museo d’arte che attira il maggior numero di visitatori in Svizzera: ogni anno vi affluiscono oltre 300-500 mila persone.
Oltre ad un’esposizione permanente, che conta circa 200 capolavori dei più grandi rappresentanti dell’arte moderna e contemporanea, la Fondazione presenta ogni anno al pubblico da 4 a 6 mostre temporanee.
L’esposizione “Fernand Léger, Parigi – New York”, che può essere visitata fino al 7 settembre 2008, propone un centinaio di opere del pittore francese e di alcuni dei maggiori rappresentanti della Pop Art americana.
Fernand Léger nasce il 4 febbraio 1881 a Argentan, in Normandia.
Dopo un apprendistato di architettura a Caen, nel 1903 entra nella Scuola di arti decorative a Parigi.
Nel 1908, dopo aver distrutto la maggior parte delle sue prime opere, inizia ad elaborare uno stile personale, influenzato dal cubismo e dai lavori di Matisse, Cézanne e Picasso.¨
Nel 1914 viene mobilitato sul fronte della Prima guerra mondiale a Ardennes e Verdun. L’esperienza della guerra lo segnerà per tutta la vita.
Nel Dopoguerra la sua arte raccoglie successi tramite diverse esposizioni in Francia, Svizzera e Stati uniti.
Tra il 1940 e il 45 si trasferisce a New York, dove realizza tra l’altri diverse gigantesche pitture murali.
Fernand Léger muore il 17 agosto a Gif-sur-Yvette, in Francia.
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