L’eredità nascosta nei laghi
Nella lista del Patrimonio mondiale dell'umanità c'è un bene particolare. È subacqueo, seriale e transnazionale. Si tratta dei siti palafitticoli dell'Arco alpino che aprono una finestra temporale sulla vita dei primi villaggi agricoli. Storia di 2500-7000 anni fa.
Sono quasi tutti invisibili. Si trovano in buona parte sui fondali dei laghi o sepolti nella sabbia ai bordi degli specchi d’acqua. Eppure, l’Unesco nel giugno del 2011 ha deciso che meritano di far parte del Patrimonio culturale dell’umanità. Nella sua lista ha così accolto un bene archeologico composto di 111 siti palafitticoli distribuiti in sei paesi: Francia, Svizzera, Germania, Austria, Italia e Slovenia, siti preziosi per capire l’evoluzione dell’uomo in Europa tra il Neolitico e l’Età del bronzo.
L’acqua e la sabbia dei laghi hanno offerto condizioni eccezionali per consentire a questo immenso archivio preistorico di giungere fino a noi. Il materiale organico utilizzato dai nostri antenati – legno, cuoio, tessuti, ossa e perfino resti di cibi – si è conservato molto meglio che altrove in questo ambiente lacustre, al riparo dall’aria, dalle intemperie e dalla distruzione dell’uomo.
Scoperti a partire da metà Ottocento, i siti palafitticoli dell’Arco alpino hanno permesso agli specialisti di ricostruire, come in nessun altra regione del mondo, la vita nelle società di agricoltori e allevatori dei primi millenni avanti Cristo. I ritrovamenti hanno contributo a ridisegnare l’anello mancante tra i popoli di cacciatori e raccoglitori della preistoria e le prime grandi civiltà europee.
Altri sviluppi
Il mito del popolo delle palafitte
Popoli abili
Le prime tracce di un antico villaggio lacustre vennero identificate nei pressi di Zurigo nel 1854, anno in cui le acque del lago scesero ad un livello eccezionalmente basso. Gli scavi portarono alla luce centinaia di pali di legno, piantati nel suolo, e numerosi oggetti sconosciuti, straordinariamente conservati.
La scoperta attirò grande attenzione in tutta Europa. Nei decenni seguenti reperti di antichi insediamenti analoghi vennero ritrovati ai bordi dei laghi degli altri paesi europei, soprattutto nella regione alpina. Se fino ad allora le ricerche archeologiche sulla preistoria avevano permesso di trovare più che altro testimonianze di morte – tombe, armi e siti di difesa militare – i villaggi lacustri offrivano per la prima volta la possibilità di capire anche il modo di vivere dei popoli europei tra il 5000 e il 500 avanti Cristo.
Nei tempi più lontani, erano generalmente piccole comunità costituite da meno di una cinquantina di persone, ripartite in 5 a 10 case. Poi, verso l’età del bronzo, i villaggi potevano contare anche fino a 50 case, in cui alloggiavano alcune centinaia di persone. Gli abitanti vivevano di agricoltura, quasi solo cereali, e dell’allevamento di mucche, pecore e maiali, ma anche di caccia e pesca, di erbe e frutti raccolti nei boschi.
Utensili di legno e di pietra, scarpe e vestiti confezionati tramite la macerazione di cortecce, ceramiche, gioielli, ruote, piroghe e i primi prodotti della metallurgia testimoniano dell’abilità dei popoli lacustri. E documentano lo sviluppo tecnologico, economico e sociale di un’era che rimane avvolta da un grande mistero: ancora oggi non sappiamo quasi nulla della cultura, dei riti e del linguaggio di questi antenati.
Mito nazionale
Un secolo e mezzo fa, il rinvenimento dei primi reperti di palafitte fece nascere in Svizzera l’immagine romantica di popoli che vivevano sulle acque dei laghi, in case costruite su piattaforme di legno, sostenute da pali e collegate le une alle altre tramite ponti e passerelle. Esposizioni, dipinti, calendari, libri scolastici e romanzi esaltarono per alcuni decenni il mito del popolo delle palafitte.
Gli insediamenti lacustri, ritrovati in varie regioni del paese, servirono in qualche modo a coltivare l’idea di un’origine comune tra le varie culture elvetiche e a cementare l’identità nazionale di una Confederazione appena nata. Non a caso, il governo svizzero scelse un dipinto di un villaggio lacustre per presentare la Svizzera all’Esposizione universale di Parigi del 1867.
In seguito, le ricerche archeologiche mostrarono che dei villaggi lacustri erano sorti migliaia di anni fa in tutto l’Arco alpino e che erano abitati da una trentina di popoli diversi. Le case non erano costruite su piattaforme e neppure sull’acqua. All’epoca i laghi avevano superfici più ridotte: i villaggi si trovavano quindi generalmente sulla terra ferma o in zone paludose. Il livello delle acque era però molto più variabile di oggi e la tecnica di costruzione serviva a proteggere gli insediamenti dalle inondazioni.
Altri sviluppi
«Strato per strato, ci avviciniamo al passato»
Libera circolazione ante litteram
Che fossero a riva o sull’acqua, le palafitte hanno fatto sognare schiere di bambini. Uno di questi è stato il consigliere federale Didier Burkhalter, cresciuto sulle rive di uno dei laghi più interessanti per gli archeologi, il lago di Neuchâtel. «Mio nonno era pescatore» ha raccontato Burkhalter nel corso della cerimonia di consegna del certificato Unesco ai siti palafitticoli. «Quando uscivo in barca con lui c’era sempre questa preoccupazione di non rovinare le reti sui pali che si trovavano sott’acqua. La parola “lacustre” è parte di me».
Le ricerche degli ultimi decenni hanno intaccato l’immagine idealizzata che vedeva nei popoli lacustri il seme dell’identità svizzera. «In compenso abbiamo scoperto quanti legami ci fossero tra le varie popolazioni che abitavano l’Arco alpino. C’era una grande mobilità, una specie di libera circolazione ante litteram», nota Burkhalter. La collaborazione transnazionale che ha portato ad iscrivere i siti palafitticoli nella lista del patrimonio dell’umanità riprende in un certo senso questa cultura dello scambio.
Conoscere per conservare
«La transnazionalità di questa iniziativa è stata apprezzata dall’Unesco, che incoraggia la cooperazione culturale tra i vari paesi membri», sottolinea Christian Harb, responsabile del progetto Palafittes. «Inoltre, nell’elenco mondiale figurano pochi siti della preistoria e, a differenza di altri progetti, le palafitte non hanno una finalità di promozione turistica, dal momento che si trovano sotto l’acqua».
I promotori della candidatura sperano comunque che l’iscrizione nell’elenco mondiale possa rilanciare le ricerche archeologiche e far conoscere ad un pubblico più vasto i musei e i parchi espositivi che presentano i villaggi lacustri. E, non da ultimo, che serva a promuovere la loro salvaguardia: le acque dei laghi conservano bene questo patrimonio storico, ma non in eterno.
I siti palafitticoli dell’Arco alpino sono stati decretati Patrimonio mondiale dell’umanità nel giugno del 2011. Questo bene seriale raggruppa i 111 siti archeologici più significativi tra il migliaio che documentano la vita dei popoli lacustri tra il 5000 e il 500 avanti Cristo. I siti si trovano in Svizzera (56), Francia (11), Italia (19), Germania (18), Austria (5) e Slovenia (2).
L’Ufficio federale della cultura e l’associazione svizzera Palafitte hanno coordinato i lavori per la realizzazione del dossier di candidatura. Un gruppo di coordinazione internazionale si occupa della gestione comune dei siti diventati patrimonio Unesco. Nel rispetto delle disposizioni vigenti nei sei stati coinvolti, il piano di gestione punta alla conservazione dei siti archeologici, alla collaborazione scientifica e all’informazione del grande pubblico.
L’acqua ha permesso di conservare i resti degli insediamenti dei popoli lacustri. Ma a meno di essere sommozzatori, è difficile accedere in prima persona a questo patrimonio nascosto.
I musei e i parchi archeologici fanno da anello di congiunzione tra le scoperte degli archeologi e il grande pubblico. In Svizzera è possibile visitare ricostruzioni di villaggi palafitticoli al Latenium, il museo archeologico di Neuchâtel, a Gletterens (canton Friburgo) e a Wauwil (canton Lucerna).
La «Palafittes Guide» – un’applicazione per iPhone e Android – offre informazioni multimediali sui popoli lacustri, i ritrovamenti archeologici e i musei in Svizzera. La guida è disponibile in italiano, tedesco, francese e inglese.
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