La forza dei simboli
La Svizzera non esiste. È un sogno che vive nelle sue icone. Il Museo di arti applicate e decorative di Zurigo propone di rivisitare cento anni di manifesti pubblicitari con la mostra Paradies Schweiz.
Mucche, montagne, Heidi. Guglielmo Tell, formaggio, bandiera svizzera. Se li osservi, i soggetti dei manifesti dell’ultimo secolo non sono cambiati. Il rullo compressore della modernità non li ha scalfiti. Sono granitici e veicolano alcuni valori che ancora oggi vengono riconosciuti alla Svizzera: semplicità, tradizione e qualità.
Non hanno la puzza sotto il naso e grazie alla loro efficacia li puoi ritrovare sui manifesti politici della destra, della sinistra o del centro, nella pubblicità dell’acqua minerale, delle scarpe, degli orologi, delle banche o delle compagnie aeree. Sono variazioni e declinazioni degli stessi temi che lanciano messaggi diversi, magari anche contradditori.
L’esposizione Paradies Schweiz (La Svizzera, un paradiso) allestita a Zurigo presso il Museo di arti applicate e decorative presenta il mito della Svizzera e invita il visitatore ad addentrasi nello straordinario mondo dei cartelloni pubblicitari, iniziare un dialogo visivo con loro e salire su una specie di pendolo semantico.
«L’esposizione presenta i soggetti dominanti nella pubblicità degli ultimi cento anni attraverso un centinaio di poster. Questi sono stati raggruppati in tre sezioni: le montagne, la bandiera rossocrociata e i costumi tradizionali», spiega a swissinfo.ch la curatrice Cynthia Gavranic.
Le montagne granitiche
All’inizio della mostra ci sono loro, le immutabili montagne. Sono da sempre sinonimo dell’unità nazionale e della libertà, sono custodi dei valori tradizionali di una Svizzera multilingue e multiculturale. Ma la montagna è soprattutto il Cervino. È stata coniugata in mille modi e forme e la scovi in un mucchio di scarpe, in un orologio, in un prisma di cioccolato.
«Nel 1908, Emile Cardinaux creò l’icona Matterhorn in un manifesto dominato da un mistico colore rosa. Cento anni dopo, questa immagine viene riproposta da Svizzera Turismo e attesta l’intramontabilità del valore dell’opera di Cardinaux», sottolinea la curatrice.
Però, questo simbolo può anche essere dissacrato, banalizzato, smitizzato come è avvenuto in occasione dei festeggiamenti dei 700 anni della Confederazione. Heinz Jost lo ha infatti trasformato in un cornetto che affonda in una gigantesca tazza di caffè.
L’immagine consegnataci da Jost ci fa riflettere sull’ambivalenza del messaggio e sulla sua diversa interpretazione nel tempo. Questo gioco si ripropone anche nel manifesto del 1954 di Donald Brun in cui un giovane casaro saluta allegramente l’aereo della swissair. Oggi, questo quadretto idilliaco si trasforma nell’allegoria della fine della compagnia aerea nazionale: il fazzoletto al vento del ragazzo sembra infatti dire addio alla flotta elvetica.
Fedeli costumi
«I contadini a tutto gas», afferma Michael Schumacher con una tipica camicia contadina addosso e lo sguardo puntato lontano. È un personaggio del mondo che si lascia la strada alle spalle a 300 all’ora. Eppure, i contadini lo scelgono per esprimere l’autenticità dei loro prodotti e il legame con la terra. I contadini fanno dell’autoironia, giocano con un paradosso.
«Fino al metà del secolo scorso, i manifesti erano delle opere d’arte. Oggi, la qualità artistica – spiega ancora la curatrice Gavranic – cede spesso il passo al messaggio che deve sorprendere, catturare, divertire, colpire l’osservatore ed essere universale».
Ma le immagini possono anche essere temibili premonitrici di disastri imminenti, così come è avvenuto con una campagna pubblicitaria di UBS del 2007. Oggi, i due lottatori svizzeri in precario equilibrio nell’arena di sabbia paiono cassandre della caduta dell’istituto bancario elvetico.
La croce bianca in campo rosso
È sicuramente il simbolo per antonomasia della Svizzera. Campeggia ovunque. Sui prodotti elvetici è garante di qualità, precisione, tradizione. Sui manifesti politici può invece rappresentare contemporaneamente chiusura e apertura, isolamento e universalità.
«In un manifesto del 1920, Guglielmo Tell si tiene stretta la bandiera rossocrociata e nel contempo invita la Svizzera ad aderire alla Società delle Nazioni – spiega la curatrice della mostra. Quasi novanta anni più tardi, sui manifesti favorevoli all’iniziativa contro l’edificazione di minareti, la bandiera diventa simbolo di protezionismo».
Negli anni, il drappo svizzero è diventato un campo di battaglia su cui i vari protagonisti della scena politica hanno giocato al tiro alla fune con le emozioni del popolo. Camminare fra i cartelloni dà la possibilità al visitatore di riavvolgere il nastro della storia, di attivare un carillon le cui note – i simboli – malgrado non siano cambiate negli anni, subiscono la legge del tempo che ne modifica l’interpretazione.
«L’ospite può portarsi a casa le emozioni suscitate dai cartelloni pubblicitari e può iniziare un gioco emozionante con le immagini che cambiano, che vengono stravolte, ma che mantengono la loro forza espressiva», conclude Cynthia Gavranic.
Luca Beti, Zurigo, swissinfo.ch
Il Museo di arti applicate e decorative di Zurigo si occupa di svariati temi che vanno dal design, all’architettura, dalla cultura quotidiana, alla fotografia, ai media.
Con le sue esposizioni, raccolte e pubblicazioni è anche forum, archivio e laboratorio.
Il museo realizza regolarmente delle esposizioni monotematiche attraverso le quali tenta di evidenziare la relazione e l’impatto che hanno le arti applicate e decorative con le attività e i valori umani.
Il Museum für Gestaltung ha ampie raccolte di materiali del mondo del design, della grafica, della pubblicità. La sua collezione di manifesti pubblicitari è una delle più ampie al mondo.
L’esposizione rimane aperta fino al 25 luglio 2010.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.