«Abbiamo da offrire intimità e autenticità, i veri valori di Montreux»
Neil Young, Van Morrison, Patti Smith e i Deep Purple sono solo alcuni dei grandi artisti che saliranno sul palco del 50esimo Montreux Jazz Festival. Un omaggio alla storia della musica, con un occhio puntato verso il futuro. Obiettivo? “Mantenere viva la magia e lo spirito di Montreux”, afferma il direttore Mathieu Jaton. Intervista.
swissinfo.ch: Lei ha partecipato ai festeggiamenti per il 30esimo e il 40esino anniversario del festival di Montreux. Cosa rende l’attuale ricorrenza così speciale?
Mathieu Jaton: È molto raro che un festival festeggi 50 anni. Montreux è nel mio cuore. Ho trascorso gli ultimi 22 anni a lavorare come membro dello staff.
All’inizio della conferenza stampa, mi sono sentito davvero commosso. Claude Nobs mi diceva sempre: “Non vedo l’ora del 50esimo anniversario”. Oggi non è più tra noi, ma sento la sua presenza, anche perché qui siamo a casa sua, dove è nato e ha portato artisti come David Bowie. Claude aveva l’abitudine di cucinare per gli artisti e di fare il DJ fino alle cinque del mattino.
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swissinfo.ch: Quali sono i punti forti di questa edizione?
M. J.: È difficile dirlo. Ce ne sono molti. Neil Young ha suonato a Montreux nel 2011 e ci aspettavamo un suo ritorno per il 50esimo anniversario. Sarà un momento particolare.
Poi ci sono tutti gli amici di Montreux: artisti come Van Morrison e Santana. I Deep Purple suoneranno la stessa sera degli Zappa Plays Zappa (tribute band americana, guidata dal figlio Dweezil, ndr). È una sorta di ponte con la canzone “Smoke on the Water”, che racconta l’incendio al casinò nel 1971, durante il concerto di Frank Zappa.
Tra i musicisti più giovani, invece, ci saranno i Mogwai, PJ Harvey che suonerà con Patti Smith, e gli Air.
swissinfo.ch: Il concerto d’apertura è affidato alla leggenda del jazz Charles Lloyd, che ha suonato la prima volta a Montreux nel 1967…
M. J.: Siamo stati vicini per molti anni. Charles Lloyd e stato il primo artista americano a suonare al festival, nel 1967. Quest’anno abbiamo deciso di organizzare una serata speciale al Casinò, prima dell’inizio del festival, e averlo sul palco era la scelta più logica. Lo stessa sera ci sarà anche Monty Alexander che rivisiterà il suo album di maggior successo registrato nel 1977, quando è venuto a Montreux per la prima volta.
swissinfo.ch: Chi inviterà Quincy Jones alla sua serata speciale?
M. J.: Quincy è il vero ambasciatore di Montreux. Sostiene il festival da tantissimi anni e lo ha coprodotto assieme a Claude tra il 1991 e il 1993. Quando Claude è deceduto nel 2013, mi ha chiamato per dirmi: “Mathieu, sono qui per sostenere il festival come ho sempre fatto”.
Per me era importante averlo tra gli ospiti per questa edizione speciale. Arriverà con una grande band e con ospiti che suoneranno i suoi brani più classici. Per ora sono in quattro ad aver confermato la loro presenza: Patty Austin, Al Jarreau, Grace e Jon Baptiste, che appartiene alla nuova generazione di musicisti di New Orleans.
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swissinfo.ch: Scherzando con Claude Nobs, si definiva spesso come il guardiano di questo hotel a cinque stelle che è il Montreux Jazz Festival. Una manifestazione che richiede moltissimo sforzo dietro le quinte. Quanto difficile è stato pianificare questa 50esima edizione?
M. J.: Ci abbiamo messo molta passione, ma ho sentito anche una certa pressione nel dover ripercorrere 50 anni di storia della musica. Tuttavia non sono stressato. Il programma è forte e fa da ponte con la storia del festival. Inoltre abbiamo ricevuto il sostegno di numerosi artisti.
swissinfo.ch: Claude Nobs era una persona molto esigente e chiedeva una fedeltà totale ai suoi collaboratori. Che tipo di leader è lei?
M. J.: Io e Claude non apparteniamo alla stessa generazione. Il festival era il suo bebè; lui era il festival. Quando ho deciso di riprendere le redini della manifestazione, per me era importante mantenere vivo il suo spirito. Io però non sono il festival. Sono soltanto colui che lo dirige e non lo faccio da solo. Ho una squadra di 30 persone che mettono il cuore in ciò che fanno. Ma sono molto orgoglioso di rappresentare l’inizio dei prossimi 50 anni di storia.
swissinfo.ch: Come vede il futuro del festival?
M. J.: Sono molto contento e fiducioso per il futuro. Nei primi anni del Duemila, quando l’industria musicale e le vendite hanno iniziato a scendere e gli artisti a fare dei grandi show, alcuni si sono chiesti cosa ne sarebbe stato di Montreux, visto che abbiamo delle piccole sale.
Ci sono un sacco di openair favolosi, come il Coachella, il Lollapalooza e il Glastonbury, che richiamano ogni anno grandi artisti. Ma per me il sogno di Montreux è ciò che abbiamo fatto negli ultimi tre anni, riuscendo a portare personaggi come Muse in una sala di 4mila posti. Dal mio punto di vista è questo il futuro della musica.
Anche se esistono grandi produzioni, possiamo continuare ad invitare gli artisti a venire a Montreux per fare concerti in acustica o piccole produzioni che fanno la differenza. Abbiamo da offrire l’intimità e l’autenticità, che sono i veri valori di Montreux.
Il mio obiettivo è quello di mantenere lo spirito del festival e creare tutti i presupposti possibili per fare in modo che Montreux continui a sprigionare la sua magia.
(Traduzione dall’inglese, Stefania Summermatter)
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