Prospettive svizzere in 10 lingue

Nell’atelier parigino di Alberto Giacometti

Da ammirare fino all'11 febbraio 2008 a Parigi

La Fondazione Alberto e Annette Giacometti presenta al centro Pompidou di Parigi e alla Biblioteca nazionale francese una retrospettiva con oltre 600 opere e numerosi documenti inediti del più parigino degli artisti svizzeri.

Il lavoro di Giacometti è presentato fra i frammenti del suo leggendario atelier in Rue Hippolyte-Maindron.

«L’atelier di Giacometti era un luogo magico. Certo, è impossibile ricostruirlo, ma ho cercato lo stesso di mettere l’artista al centro dell’esposizione, per dare l’impressione di vederlo all’opera», afferma Véronique Wiesiger, direttrice della Fondazione Alberto e Annette Giacometti e curatrice della mostra.

Chi ancora non conosce il bel viso di Alberto Giacometti, rude e segnato da profonde rughe, potrà (ri)scoprirlo sulle numerose foto del patrimonio della fondazione, presentato per la prima volta in maniera così esaustiva, quattordici anni dopo la morte di Annette Giacometti e una complessa vicenda ereditaria.

Un genio enigmatico

Per quanto conosciuto, l’artista svizzero rimane enigmatico, «estremamente contraddittorio», come dice Véronique Wiesiger. «Questo genio ci ha lasciato delle opere che sono, come lui stesso diceva, delle domande piuttosto che delle risposte».

Sono invece più intellegibili i ritratti di Alberto dipinti dai suoi numi tutelari, il padre Giovanni e suo padrino Cuno Amiet. Delle tele che lo scultore ha tenuto con sé per tutta la vita.

Passando attraverso gli anni della giovinezza e del debutto parigino, l’esposizione segue un percorso libero: surrealismo, cubismo, teste, l’uomo e l’albero, foreste e gabbie, paesaggi… Poche grandi sculture, ma molti progetti, opere non riuscite e schizzi. «Volevamo riflettere le esplorazioni alle quali Giacometti si è dedicato dal 1929 fino alla sua morte nel 1966», spiega la curatrice.

La messa in scena accurata, con giochi di luce naturale o artificiale, dà un’impressione generale di armonia, che fa risaltare ancor più il contrasto tra l’eleganza delle forme e la materia incompiuta, rugosa, vagamente sporca, delle sculture, dei gessi, dei dipinti e dei disegni, che sfida «l’idea del pulito, del bello, dell’arte», dice Véronique Wiesiger.

L’atelier leggendario

La mostra si articola attorno ad un nucleo che suscita forti emozioni: la sala centrale ricrea l’atelier di Alberto Giacometti, con i suoi mobili e con frammenti di muro (che provengono anche dagli atelier grigionesi di Stampa e Maloja), coperti di graffiti e di schizzi.

Un’accumulazione di opere sui muri, al suolo, sopra gli sgabelli, sui tavoli che ricrea il disordine del numero 46 di Rue Hippolyte-Maindron, frequentato a suo tempo dai grandi nomi dell’arte e delle lettere.

Dopo i suoi studi all’accademia della Grande Chaumièere Antoine Bourdelle, Alberto si era installato nel 1926 nell’atelier di 25 m2 con soppalco, il tetto che perdeva acqua, senza cucina né altri confort, al quale rimase fedele per quarant’anni, nonostante la gloria e il denaro.

Casa sua, Parigi

«Il fatto che il padre abbia deciso di restare nella sua valle e di rinunciare ad una carriera internazionale deve aver segnato molto il figlio», afferma Véronique Wiesiger. «La loro corrispondenza mostra che il padre lo incoraggia molto a fare quello che forse avrebbe voluto fare lui stesso».

Le sue radici svizzere? Véronique Wiesiger fatica a vederle. «Amava le sue montagne. Quello che ha conservato del suo villaggio natale è la prossimità della frontiera. Nella sua vita è sempre stato vicino ad una frontiera o all’altra».

Quando l’artista grigionese parlava però di «casa mia», intendeva Parigi. «Ma si riferiva di una Parigi cosmopolita, capitale europea delle arti». È Parigi che gli ha permesso di entrare nel novero dei grandi artisti, uno degli ultimi maestri all’antica e uno dei primi a preoccuparsi della propria immagine.

Riconoscimento limitato

Per questo, Alberto Giacometti figura nei più grandi musei e nelle più grandi collezioni. Quest’autunno a New York, Christie’s si è aggiudicato il quadro «Annette in mantello» (1964) per 11,2 milioni di dollari, un record per un dipinto di Alberto. Una delle sue sculture ha raggiunto la cifra di 18,5 milioni in primavera.

Per Véronique Wiesiger, è ancora troppo poco. «Giacometti non ha raggiunto il prezzo che dovrebbe raggiungere fra gli altri grandi maestri del XX secolo, soprattutto la sua pittura, che pure è di altissimo livello».

«Giacometti parla delle cose importanti, della fragilità dell’essere, della violenza, della morte, della vita. Chi ha la fortuna di possedere una delle sue opere, possiede un frammento di questa riflessione».

swissinfo, Isabelle Eichenberger, Parigi
(traduzione dal francese: Andrea Tognina)

Il Centro Pompidou e la Biblioteca nazionale francese presentano centinaia di opere della Fondazione Alberto e Annette Giacometti, per la prima volta dopo la morte di quest’ultima.
La mostra sarà aperta fino all’11 febbraio 2008.

1901: Alberto Giacometti nasce il 10 ottobre a Borgonovo, in Val Bregaglia (Canton Grigioni). Suo padre è il pittore Giovanni Giacometti.

1922: Il 9 gennaio Alberto giunge a Parigi, per proseguire gli studi artistici iniziati alcuni anni prima a Ginevra. La capitale francese diverrà la sua patria d’adozione.

1929: Dopo essersi avvicinato alle avanguardie artistiche che animano il panorama culturale parigino, Giacometti conosce i primi successi. Entra in contatto con alcuni tra i maggiori rappresentanti dell’arte figurativa e della letteratura contemporanea.

1935: Espulso dal gruppo dei surrealisti, Giacometti sperimenta nuove strade nel suo lavoro, riavvicinandosi all’arte figurativa.

1948: Le opere di Giacometti sono esposte per la prima volta a New York. È l’inizio della rinnovata fama di Alberto.

1962: Giacometti è ospite della Biennale di Venezia, dove gli viene conferito il premio per la scultura.

1965: La Francia insignisce Giacometti del gran premio nazionale d’arte. A fine anno l’artista è ricoverato all’ospedale di Coira.

1966: Alberto Giacometti muore l’11 gennaio a Coira.

La Fondazione Alberto e Annette Giacometti è un’istituzione privata creata nel 2003, dopo una lotta di successione (ancora in corso) segnata dalla rivalità tra il fratello Diego e la vedova Annette (morta nel 1993), poi tra l’associazione creata nel 1998 e lo Stato francese.

Dal 1° gennaio 2008 gli archivi della fondazione sono accessibili al pubblico.

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