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Pala, piccone e dinamite

Operai addetti alla costruzione della Ferrovia del Bernina a Sant'Antonio, in Val Poschiavo, 1908 F. Olgiati/Arch. fotografico L. Gisep/Società Storica Val Poschiavo

La costruzione della Ferrovia del Bernina, tra il 1906 e il 1910, richiese il lavoro di migliaia di operai, quasi tutti italiani. La loro storia è un capitolo poco noto dell'emigrazione italiana in Svizzera.

Nel settembre del 1909 nel settimanale della Valposchiavo, Il Grigione Italiano, apparve la cronaca di una visita nei cantieri della Ferrovia del Bernina. L’autore, Valentino Lardi, era un giovane poschiavino emigrato in Italia, animato dalla volontà di riscattare l’immagine, spesso molto negativa, degli operai italiani in Svizzera.

Riferendosi ai lavoratori della ferrovia, Lardi scriveva: «Mi avevano parlato di essi come di gente terribile e sanguinaria, me li avevano descritti come bevitori accaniti di aspretti vini valtellinesi e di insipide birre poschiavine, abilissimi maneggiatori di coltello, turbatori di sonni domenicali, schiamazzatori, sovversivi, petrolieri e peggio».

Per contrastare questa immagine, l’autore invitava i suoi concittadini a imitarlo e a recarsi sui cantieri: «Vedranno, e non senza meraviglia, [gli operai] muti, sereni, instancabili, lottare con mirabile tenacia contro i mille pericoli minacciosi che la montagna omicida cova, li vedranno curvi all’opera assidua, lavorare, lavorare come schiavi».

Lo storico Andrea Tognina è autore del volume «Gli operai del Bernina: storia sociale di un cantiere ferroviario», edito da Desertina (Coira). Al libro è allegato il DVD del film «Strapatschs al Bernina – Fatiche al Bernina – Knochenarbeit am Bernina» di Ruedi Bruderer, prodotto dalla Televisiun Rumantscha, che  parla del lavoro dei ferrovieri durante l’inverno.

(ISBN 978-3-85637-393-1; versione in tedesco ISBN 978-3-85637-392-4)

Migliaia di operai

Tra il 1906 e il 1910, la regione compresa tra Tirano e St. Moritz si trasformò in un grande cantiere. Su entrambi i versanti del passo del Bernina, numerose squadre di operai lavoravano alla costruzione della ferrovia. Lungo la linea sorsero ovunque baracche per operai.

«Sembra essere nato in quei paraggi un vero villaggio, ed insolita è l’animazione, soprattutto al giungere della corrispondenza e nelle ore vespertine, nelle quali odonsi in vari luoghi canti e musiche», si legge in una corrispondenza dall’Ospizio Bernina pubblicata dal Grigione Italiano nel luglio del 1908.

In quel periodo lungo la linea del Bernina lavoravano oltre 2000 operai. Complessivamente, durante i quattro anni di lavori, gli operai furono alcune migliaia. La maggior parte di loro proveniva dal Nord Italia, in particolare dalle province di Sondrio, Bergamo, Brescia e Verona.

Il freddo e la neve

Nei cantieri della Ferrovia del Bernina, gli operai trovarono salari migliori di quelli italiani. Il lungo inverno del passo del Bernina, le abbondanti nevicate, i repentini mutamenti climatici anche in piena estate, misero però a dura prova la loro resistenza.

I lavori dovettero essere interrotti a varie riprese per il pericolo di valanghe o per le tempeste di neve, che rendevano impossibile ogni attività, anche all’interno dei tunnel. Nel dicembre del 1907, un operaio della ferrovia morì congelato sul passo del Bernina, mentre si accingeva a raggiungere la famiglia, a piedi, per le feste natalizie.

Il freddo e la neve non solo ostacolavano i lavori, ma rendevano anche più dure le condizioni di vita in montagna. Il 1° maggio 1910, il settimanale cattolico La Patria scrisse: «I poveri e forti nostri operai devono competere alla neve il campo del loro lavoro, spesso anche senza riuscirvi. Si può quindi immaginare il loro stato lassù nei fienili, nelle stalle, nelle improvvisate baracche!»

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Gli incidenti

Le basse temperature del passo del Bernina rendevano più pericoloso anche l’uso della dinamite. Le cartucce congelate erano particolarmente sensibili agli urti. Colpite da un piccone o da una pala, potevano causare gravissimi incidenti.

Durante la costruzione della Ferrovia del Bernina, sei operai persero la vita a causa di infortuni sul lavoro. In quattro casi, la morte fu dovuta all’uso di esplosivi. La dinamite fu anche all’origine di numerosi ferimenti, tanto più che i minatori lavoravano senza nessun tipo di protezione. Frequenti erano le ferite agli occhi.

Nei cantieri in alta montagna, i servizi sanitari erano rudimentali. Per raggiungere i luoghi degli infortuni, i medici dovevano viaggiare per ore, in carrozza o a dorso di mulo. Il trasporto dei feriti verso il più vicino ospedale era altrettanto lungo e difficoltoso.

Conflitti di lavoro

Gli anni della Belle Epoque, tra il 1880 e il 1914, furono caratterizzati in tutti i paesi industrializzati da numerosi scioperi e serrate. Nel maggio del 1907, uno sciopero degli operai edili in Engadina alta coinvolse almeno un migliaio di lavoratori italiani. A quello sciopero gli operai della Ferrovia del Bernina non parteciparono, se non marginalmente, ma durante la costruzione della ferrovia vi furono altri episodi di conflitto.

Nel luglio del 1908, a quanto riferiva il settimanale socialista valtellinese L’Adda, una cinquantina di operai indisse uno sciopero per chiedere un risarcimento per i giorni di riposo forzato dovuti al maltempo.

L’impresa, spinta dalla preoccupazione di non perdere buoni operai nel momento di maggior fermento dei lavori, venne subito incontro alle rivendicazioni. «E questo si è ottenuto con una sola ora di braccia incrociate!», notò L’Adda.

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Rapporti con la popolazione

Nel borgo di Poschiavo, durante le feste di Pasqua del 1908, regnava come sempre una grande animazione. Nonostante il freddo, bambini e giovani passeggiavano allegramente fra le vie del paese. «Specialmente il sesso gentile ci tenne anche quest’anno, come tradizione, ad uscire facendo pompa di toilettes dell’ultimissima moda», riferiva il Grigione Italiano.

L’idillio borghese fu però turbato dalle comitive di operai scesi in paese dai cantieri della ferrovia, che «davansi ad ogni specie di sollazzi, fra i quali naturalmente canti, che non si ponno qualificare di classici, musica d’organetti a mano e visite obbligatorie di certe osterie speciali».

In Svizzera, all’epoca, gli operai italiani avevano una pessima fama. Il risentimento degli svizzeri era sfociato in alcune occasioni in vere e proprie cacce all’uomo contro gli immigrati italiani. Anche in Valposchiavo l’attenzione dell’opinione pubblica era spesso richiamata da fatti di cronaca in cui erano coinvolti degli operai: soprattutto casi di ubriachezza, risse, schiamazzi notturni.

La questione fu molto dibattuta nella stampa locale. Nell’estate del 1909 il Grigione Italiano pubblicò il comunicato di un gruppo di cittadini di Poschiavo che si lamentava del decadimento dei costumi nel borgo, a causa dei balli e degli schiamazzi notturni sempre più frequenti. La responsabilità era fatta ricadere su «certi operai».

Poco tempo dopo, un portavoce degli operai rispose: «Quel comunicato manifestò l’odio di classe e tanto più riprovevole, inquantoché dovrebbesi riflettere che l’agiatezza di gran parte delle famiglie di Poschiavo è dovuta all’emigrazione in paesi stranieri, e tra questi, la buona parte in Italia […] dove loro stessi, pur di guadagnar del denaro, non saranno stati ad osservare se quello proveniva da mano signorile o plebea».

Le prime idee di una ferrovia attraverso il passo del Bernina sorsero alla fine dell’Ottocento. Nel 1899, un ufficio di ingegneria zurighese, riprendendo il suggerimento dell’ex-ministro dei trasporti elvetico Numa Droz, ottenne la concessione per una tramvia elettrica lungo la strada del Bernina. Al progetto si interessarono finanziatori britannici e italiani, ma i capitali necessari alla realizzazione dell’opera giunsero soprattutto dalle banche di Basilea. Anche le imprese incaricate dei lavori erano basilesi: la Alb. Buss & Cie. per i lavori edili e la Elektrizitäts-Gesellschaft Alioth per gli impianti elettrici. I lavori iniziarono nel luglio del 1906. Quattro anni dopo, nel 1910, il primo treno proveniente da St. Moritz giunse nella stazione di Tirano. Negli anni successivi furono costruite numerose opere di protezione contro le valanghe e la caduta di massi. Complessivamente, la costruzione della Ferrovia del Bernina costò circa 17 milioni di franchi.

La Ferrovia del Bernina fu progettata fin dall’inizio come ferrovia elettrica. La concessione ferroviaria del 1899 comprendeva anche una concessione per lo sfruttamento idroelettrico delle acque della Valposchiavo. Quest’ultima fu rilevata dalle Forze Motrici Brusio (oggi Repower), nate nel 1904. Le FMB erano tenute a fornire a prezzo di costo la quantità di energia elettrica necessaria all’esercizio di una ferrovia. La disponibilità di energia fu un fattore decisivo per la realizzazione della Ferrovia del Bernina.

Nel novembre del 1905, i comuni interessati dal progetto ferroviario approvarono a larga maggioranza gli accordi con la Ferrovia del Bernina relativi alla partecipazione alle spese per le espropriazioni e all’esenzione fiscale della società ferroviaria.

Il sostegno di principio al progetto non impedì però l’insorgere di conflitti tra la ferrovia e la società locale. Un caso interessante riguarda il tracciato della ferrovia tra St. Moritz e Pontresina.

Il progetto originario prevedeva che la ferrovia attraversasse il bosco di Staz, a sudest di St. Moritz. L’idea però non piaceva ai comuni di St. Moritz e Celerina, che temevano danni a un’area molto apprezzata dai turisti.

Fu uno dei primi casi nei Grigioni in cui un progetto edilizio fu osteggiato per motivi di protezione del paesaggio. Dopo lunghe discussioni, i comuni l’ebbero vinta. La ferrovia dovette passare, attraverso un tunnel, dalla gola di Charnadüra.

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