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Parole che non sono solo parole

Parole: espressione, identità, storia e cultura swissinfo.ch

Si sono conclusi i lavori redazionali del Lessico dialettale della Svizzera italiana, un’opera voluta da Ticino e Grigioni per festeggiare i 200 anni di appartenenza alla Confederazione elvetica.

I dialetti di casa nostra? Un po’ acciaccati, ma ancora vivi e soprattutto testimonianza preziosa della storia.

Possono 57’000 parole, pronunciate in 190’000 modi, lasciare il campo dell’oralità e scrivere quasi 200 anni di storia? Sì, si sono detti Ticino e Grigioni, i due cantoni svizzeri dove si parla italiano, ed è importante che lo facciano.

Le parole in questione non sono parole qualsiasi. Sono il patrimonio dialettale della Svizzera italiana, un territorio frammentato che si rivela molto ricco da un punto di vista linguistico.

L’opera che raccoglie questo patrimonio è il Lessico dialettale della Svizzera italiana (LSI). Realizzato da un’equipe di linguisti guidata da Franco Lurà, il LSI vede la luce dopo otto anni di lavori, o forse sarebbe meglio dire nove. I cinque tomi della versione stampata, infatti, saranno disponibili solo a partire dall’autunno del 2004.

Fra le righe, società ed emozioni

Caso molto raro nel panorama dialettologico italiano, il LSI non rende conto solo di una varietà dialettale, ma raccoglie le voci di molti dialetti. Per la sola parola “ottobre” sono registrate 98 pronunce diverse e chi volesse sapere come si dice “mirtilli” in uno o nell’altro dei dialetti della Svizzera italiana si vedrà proporre una lista che va da “alzún” a “cristón”, da “glasción” a “negritt”.

«Ma il Lessico non è solo una lista di parole», fa notare a swissinfo Franco Lurà. «Attraverso le parole, o i gruppi di parole – come “fábrica da l’òli” che a Giornico sta ad indicare un luogo di riunione per fannulloni – si può arrivare a capire la mentalità, il comportamento, il modo di pensare della gente». Le parole, quindi, contribuiscono a raccontare la storia e a plasmare una società. O un individuo.

È innegabile che ognuno di noi abbia un suo rapporto particolare con la lingua, che ci siano voci del lessico famigliare in grado di suscitare emozioni ed associazioni del tutto personali. E il dialetto, forse più dell’italiano, è strettamente legato alla sfera affettiva. Lo conferma Dante Isella, già professore di letteratura italiana al Politecnico di Zurigo e membro del comitato direttivo del LSI, che afferma: «Provo un’emozione intensa tutte le volte che in un qualche testo sento risuonare la voce della mia terra».

L’eredità del passato per affrontare meglio il futuro

Dopo essere caduto un po’ in disgrazia a seguito della crociata a favore dell’italiano condotta dalla scuola negli anni Sessanta e Settanta, il dialetto si sta riprendendo. In futuro però sarà difficile trovare la stessa ricchezza di varianti raccolte nel LSI.

«I dialetti si stanno amalgamando», ci conferma Lurà, «ma in fondo questo è un segno di vitalità. Una lingua è viva solo fino a quando è in grado di evolvere, di adattarsi alle esigenze di comunicazione. Se uso un dialetto arcaico e nessuno mi capisce non ottengo nulla».

Evolvere però non significa dimenticare le proprie radici. Il compito di una raccolta lessicale è anche quello di rendere conto del passato per affrontare con più consapevolezza il futuro.

Un compito che Lurà e i suoi collaboratori hanno potuto svolgere grazie a 2,5 milioni di schede informative raccolte tra fine Ottocento e inizio Novecento, l’epoca d’oro della ricerca linguistica nel settore della dialettologia.

Considerando l’età avanzata degli informanti, si può affermare che i dati linguistici raccolti risalgano alla prima metà dell’Ottocento. Nel corso degli anni i dati sono stati aggiornati e completati.

Imperfetto, ma prezioso testimone

Certo, i dati raccolti ad inizio Novecento non corrispondono agli standard della linguistica moderna. Le informazioni, ad esempio, si raccoglievano per corrispondenza e non con il registratore, uno strumento essenziale per stabilire l’esatta pronuncia.

«Vista la natura dei materiali», spiega Lurà, «il LSI non può dirsi perfetto. Mancano soprattutto gli aspetti sociolinguistici: non siamo in grado di dire se una data variante aveva un’accezione scherzosa, se era usata dalle ragazze piuttosto che dai ragazzi o da una fascia d’età piuttosto che da un’altra».

In attesa del vocabolario

Il compito di colmare queste lacune è lasciato al Vocabolario dei dialetti, una vera e propria enciclopedia della vita della Svizzera italiana. Proprio questa vocazione enciclopedica rallenta notevolmente i lavori e il Vocabolario, un progetto che risale ad inizio Novecento, è arrivato solo alla lettera C. L’ultimo fascicolo pubblicato prende in considerazione l’intervallo che va da “cavalina” a “cavezzá”.

«Ci vorranno altri cento anni per portare a termine il Vocabolario», commenta Lurà. «Ad ogni parola è dedicato un articolo esaustivo. “Castagna”, tanto per fare un esempio, occupa una novantina di pagine. Evidentemente la completezza va a scapito della velocità».

Del resto il Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana non è il solo ad avere questo problema. Tutte le opere lessicografiche analoghe procedono in modo lento, anche i vocabolari che si stanno preparando nelle altre tre regioni linguistiche svizzere. «Sono opere che rendono onore ad un paese e alla sua cultura», conclude Lurà «ma che hanno inevitabilmente tempi di realizzazione molto lunghi».

swissinfo, Doris Lucini, Bellinzona

Il Lessico dei dialetti della Svizzera italiana è composto da 5 volumi per un totale di 6000 pagine
Conta più di 57’000 voci
190’000 modi diversi di pronunciarle
500 soprannomi di abitanti delle varie località
1000 voci di gergo

I finanziamenti sbloccati per i festeggiamenti del bicentenario dell’Atto di mediazione che portò i cantoni Ticino e Grigioni nella Confederazione elvetica, hanno permesso di realizzare il Lessico dei dialetti della Svizzera italiana, un’opera alla quale è stato affidato il compito di condensare i 200 anni di storia e cultura della regione.

Il Lessico, che verrà pubblicato nell’autunno del 2004, può essere prenotato presso il Centro di dialettologia e d’etnografia di Bellinzona. Chi prenota entro il 31.12.2003 pagherà 200 franchi (140 euro circa), in seguito il prezzo salirà a 450 franchi.

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