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Per prevenire il suicidio giovanile

La Svizzera è tra i paesi con l'incidenza di suicidi giovanili più alta del mondo swissinfo.ch

Il suicidio è la prima causa della mortalità dei giovani tra i 15 e i 24 anni; la Svizzera è il quarto paese al mondo nella triste statistica.

Organizzato dalla fondazione per la protezione dell’infanzia “Children Action” e dal centro di studi e di prevenzione del suicidio dell’ospedale universitario di Ginevra “No Suicide” (23 – 25 nov.) è il primo congresso internazionale interamente consacrato alla prevenzione del suicidio tra i giovani. Un tema che resta tabù nella nostra società. Più di 500 i partecipanti, provenienti da tutto il mondo: medici, psicologi, operatori sociali, insegnanti e rappresentanti del mondo politico. Tra questi anche Ruth Dreifuss, in veste di capo del dipartimento svizzero degli interni e Bernard Kouchner, delegato alla sanità del ministero francese del lavoro e della solidarietà.

Mettere in condizione di aiutare

Uno dei principali scopi del congresso è proprio quello di riunire sotto lo stesso tetto non solo psicologi e medici, ma una rappresentanza più ampia possibile di persone che vivono a contatto con i giovani e che si occupano di tematiche legate alla gioventù e di problemi sociali.

“In questi 5 anni abbiamo lavorato molto sul perfezionamento dell’aiuto medico ai giovani che tentano il suicidio, ma abbiamo anche sviluppato diversi programmi di prevenzione per poter agire dai primi segni di malessere. La strategia migliore in questo senso è quella dell’aiuto “indiretto”, spiega a swissinfo Maja Perret, co-organizzatrice del congresso e responsabile del centro studi e prevenzione dei suicidi di Ginevra. L’aiuto indiretto è quello che si dà a coloro che vivono vicino al soggetto a rischio; la famiglia, i compagni di scuola, gli amici, gli insegnanti di sport. Perché purtroppo l’adolescente in difficoltà rifiuta spesso di essere curato e seguito da medici e psicologi.

Esperienze positive, qualche tendenza negativa

Oggi a Ginevra si verifica un quarto dei suicidi in meno tra i giovani rispetto a 25 anni fa: si è passati da 30,7 casi per 100 mila abitanti a 8,8 casi. La diminuzione è stata più marcata negli ultimi 5 anni, da quando cioè è entrata in funzione l’Unità di crisi per i giovani. ” Sarebbe bello pensare che è grazie alla nostra cellula di crisi, ma non abbiamo veramente gli elementi per dimostrarlo, ci dice lo psichiatra Francois Ladame. ” Vi è una tendenza negativa però e che è piuttosto preoccupante” sottolinea Maja Perret. “Il problema del suicidio riguarda sempre più una fascia di età più bassa. Una volta erano toccati solo i ragazzi dai 15 anni in su. Da qualche tempo i pediatri ci segnalano i casi di suicidio o di tentato suicidio anche al di sotto dei 15 anni.” Questa è la ragione per cui sempre più scuole in Europa stanno introducendo dei programmi speciali di prevenzione.

Un triste primato

I media hanno attirato spesso l’attenzione sul Giappone, per quello che definiscono un alto tasso di suicidi tra gli studenti troppo sotto pressione in un clima di competizione esasperato. In realtà il fenomeno è molto meno grave in Giappone che in Svizzera. In un paese così ricco e bello come il nostro, ci si immagina che a un’adolescente non manchi nulla per crescere in armonia con se stesso e con il mondo. Eppure la Svizzera detiene il quarto posto in assoluto nella triste graduatoria dei suicidi tra adolescenti. Primi sono i Paesi nordici, in particolare la Finlandia. E il fenomeno cresce spaventosamente soprattutto nei paesi dell’ex-blocco sovietico.

Il fatto che il suicidio resti un tema tabù fa si che non esistano dati precisi ad esempio sui gruppi più a rischio: “Sarei tentato di dire che i figli di immigrati sono più toccati dal problema – risponde il Prof.Ladame alla domanda se i giovani di seconda generazione rientrino in questa categoria – “Ma non possediamo dati sufficienti per fare questo tipo di analisi”. Solo un quinto dei casi di tentativo di suicidio viene infatti segnalato alle strutture mediche: la maggioranza resta anonima all’interno delle comunità.

La scuola

Cora Saurer Chioreanu è esperta di semiotica ed insegnante in un liceo della Svizzera francese: nella sua classe si è verificato un caso di suicidio fatale qualche anno fa. Ecco perché ora si interessa alla problematica e partecipa al congresso di Ginevra con un’ipotesi di ricerca piuttosto originale. Internet ha una funzione positiva o negativa sulle pulsioni di suicidio dei giovani? Studi approfonditi non esistono nemmeno in questo campo, ma si sa esempio che esistono siti dove vengono addirittura date istruzioni precise sul come attuare un suicidio. “Vi sono stati anche dei casi di adolescenti nei Paesi nordici che si sono incontrati in una chat-room, vi hanno pianificato il proprio suicidio e si sono poi incontrati per realizzarlo insieme” ci racconta la semiologa.

Per fortuna Internet non offre solo queste inquietanti possibilità. “Il fatto che un adolescente possa parlare in uno spazio anonimo come i forum di discussione o le chat room dei propri problemi può servire in effetti da valvola di sfogo virtuale della pulsione al suicidio”. Senza dimenticare la funzione più creativa che offre il medium: “A scuola usiamo Internet per cercare siti di poesia, per imparare ad esprimere in maniera creativa sentimenti come l’ansia e l’insoddisfazione”. Parlare della cosa, vincere la paura del tabù: proprio la sfida che lancia il congresso di Ginevra in una tre giorni ricca di dibattiti e di workshops.

Raffaella Rossello

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