Perché la cultura svizzera ha difficoltà a farsi un nome a livello internazionale
Di quali strumenti dispone la Svizzera per far conoscere la sua cultura all'estero? E su che cosa punta? Le risposte a questi interrogativi ci danno un quadro piuttosto frammentato.
Può succedere che un impiegato all’aeroporto di Tokyo, quando vede il passaporto con la croce bianca dica: “Switzerland! Roger Federer!” Di solito, invece, il colore rosso richiama alla memoria altre immagini, quelle del cioccolato, degli orologi o dei conti bancari illeciti.
Ciò che colpisce è che la nazionalità svizzera viene raramente associata ad opere culturali di fama mondiale. L’Italia ha Dante o Leonardo da Vinci, l’Inghilterra Shakespeare o Jane Austen, l’Austria Mozart, Schubert, Strauss, la Russia Tolstoj e Dostoevskij, la Germania Bach e Goethe. Per la Francia, la lista degli artisti francesi famosi è talmente lunga che ci asteniamo dal citarne alcuni.
Immagine disunita
Anche la Svizzera ha artisti famosi in tutto il mondo come Dürrenmatt, Giacometti, Gotthelf, Ramuz, Oppenheim o Täuber-Arp che però andrebbero fatti conoscere meglio.
Tuttavia, ci vuole la volontà per farlo. La Svizzera non ha una vera e propria politica culturale. In passato si sono fatti alcuni timidi tentativi per far conoscere la cultura elvetica all’estero. Nel 2003, su iniziativa dell’ex consigliera federale Micheline Calmy-Rey è stato creato il Centro di competenza per la politica estera culturale in seno al Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE). Nel 2012, il centro è stato riunito sotto la direzione di Presenza Svizzera. ” Per ragioni di efficienza, si ha deciso di concentrarsi sulla comunicazione dei valori e di includere il più possibile argomenti culturali”, afferma Nicolas Bideau, direttore di Presenza Svizzera che in passato ha svolto la funzione di responsabile del centro di competenza.
Con Presenza Svizzera, un’unità del DFAE, Bideau dirige una sorta di agenzia di pubbliche relazioni per promuovere l’immagine della Svizzera all’estero. Insieme a partner privati e pubblici, persegue l’obiettivo di rappresentare la Svizzera e concentra la sua attività sui temi riguardanti l’economia, la sostenibilità, l’innovazione e la politica europea. Lo spazio che viene riservato alla cultura nelle strategie di comunicazione varia di volta in volta. La Svizzera si è presentata con un suo padiglione durante le esposizioni internazionali di Milano del 2015 e di Dubai del 2020. L’accento è stato messo principalmente sulla forza innovativa, argomento a cui può essere associato, ad esempio, il design, oppure i videogiochi.
Effetti puntuali
Dal canto suo, Pro Helvetia non si occupa di comunicazione, bensì di promozione culturale. La fondazione di diritto pubblico fa parte del Dipartimento federale dell’interno. I suoi compiti sono definiti nella legge sulla promozione della cultura e comprendono, tra l’altro, la diffusione dell’arte e della cultura all’estero e la promozione dello scambio con altre realtà culturali.
Pro Helvetia fa soprattutto da tramite tra artisti e artiste. La sua attività si rivolge principalmente alle operatrici e agli operatori culturali e a un pubblico scelto. Se Presenza Svizzera vuole coinvolgere un ampio gruppo di persone, Pro Helvetia intende invece avere un impatto puntuale. Di solito, gli artisti e le artiste e le istituzioni culturali come i musei, le gallerie d’arte, le sale per concerti, teatri o festival nei Paesi destinatari sviluppano progetti insieme a enti o artiste e artisti svizzeri. Questi inoltrano a Pro Helvetia una richiesta di sostegno economico per il progetto comune.
Grazie alla creazione di una rete all’estero, formata da nove sedi a Johannesburg, Nuova Delhi, Shanghai, Mosca, Bogotá, Buenos Aires, Sao Paulo, Santiago de Chile e al Cairo, Pro Helvetia si affida all’esperienza di professioniste e professionisti locali. “Conoscono il mercato culturale e il contesto sociale e politico del posto”, dice Philippe Bischof, direttore di Pro Helvetia. “È proprio ciò che ci interessa. Abbiamo bisogno di queste competenze in un processo d’apprendimento continuo riguardante i diversi contesti culturali”. Gli esperti sul posto fanno da mediatori senza disporre di un’infrastruttura per eventi, com’è il caso invece per i Goethe-Institute tedeschi o gli Institut français. Ciò significa che le sedi esterne devono incoraggiare e promuovere la collaborazione con vari enti per organizzare una mostra, creando rete e sostenendo finanziariamente i promotori. Solo a Parigi, Pro Helvetia gestisce spazi propri e ha una sua programmazione.
I vantaggi di un simile sistema sono evidenti. L’obiettivo è limitare i costi fissi per gli immobili e per il personale affinché sia possibile investire nei progetti. Ogni sede esterna – quelle in Sud America vengono considerate una sede unica – riceve 360’000 franchi all’anno per il programma. Pro Helvetia investe circa la metà del budget annuale di 44 milioni nella promozione culturale all’estero.
Impegno dei singoli
Anche le ambasciate o le rappresentanze all’estero promuovono la cultura all’estero. Una promozione che dipende molto dall’impegno delle singole persone responsabili. È questa una delle pecche del “marketing” culturale all’estero.
È ciò che emerge sia nelle sedi estere di Pro Helvetia sia nelle sezioni culturali delle rappresentanze svizzere all’estero. Il programma dipende soprattutto dall’interesse della persona responsabile del dossier.
Infatti, gli uffici nelle ambasciate svizzere che si occupano delle iniziative culturali perseguono altri obiettivi di quelli di Pro Helvetia: accompagnano le attività diplomatiche ufficiali. Di solito non sviluppano progetti sul posto, anche perché non dispongono dei mezzi finanziari, di personale e infrastrutturali necessari. “Per fare un esempio, è davvero sorprendente che la sede di Berlino sia così mal organizzata per quanto riguarda i locali per eventi”, dice Catherine Scharf, ex responsabile della sezione cultura della Svizzera a Parigi, New York, Berlino e São Paulo.
L’edificio dell’ambasciata è stato risanato e ampliato prima del trasferimento del personale a Berlino. Tra l’altro, questo si trova in un luogo molto in vista della città. “Si aveva la possibilità di fare da catalizzatore culturale e di avere un ruolo politico-culturale in una città che negli anni Novanta stava cambiando in maniera repentina”, spiega Scharf, concludendo che in tutta la sua carriera la cultura non è mai stata una priorità politica. Nello stesso tempo ricorda una delle sfide del settore, ossia la frammentazione della Svizzera in varie regioni culturali. Evidenzia inoltre lo scetticismo di molte operatrici e molti operatori culturali che si chiedono se si possa ancora parlare di una “cultura svizzera”. Stando a Scharf, la pluralità va vista come qualcosa di positivo.
Il compito non è facile, anche perché chi si occupa del dossier culturale nelle ambasciate sono “normali diplomatici” che nella prossima missione si dovranno dedicare a questioni economiche o saranno attivi in ambito consolare. Non ci si aspetta da loro particolari competenze culturali. Inoltre, dopo la chiusura del Centro di competenza per la politica estera culturale, presso il Dipartimento federale degli affari esteri non c’è più alcuna persona responsabile della cultura.
Colpa della modestia?
Il responsabile del Centre culturel Suisse a Parigi, Jean-Marc Diébold, non concorda con l’idea che la Svizzera non faccia abbastanza per promuovere la cultura svizzera all’estero. “Ci impegniamo a fondo. Forse non informiamo a sufficienza sui progetti promossi”, dice Diébold che spiega questa scarsa presenza mediatica e comunicativa con la modestia delle cittadine e dei cittadini svizzeri.
“Cultura” comprende anche temi sociali, come le tradizioni della vita quotidiana, le abitudini culinarie e le lingue. Include inoltre le attività artistiche consolidate del passato e le arti contemporanee. La promozione culturale all’estero punta proprio su queste ultime che probabilmente sono le meno adatte per far conoscere la Svizzera come nazione culturale.
Jean-Marc Diébold evidenzia il fatto che indubbiamente le artiste e gli artisti veicolano, in maniera indiretta e soggettiva, un’immagine della Svizzera se si occupano di temi attuali, visto che li guardano da una prospettiva elvetica. Tuttavia, le arti contemporanee sono eterogenee e spesso contraddittorie, ciò che rende difficile un’identificazione con la Svizzera.
Altri sviluppi
Chi ha paura di Meret Oppenheim?
Traduzione: Luca Beti
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.