Il successo per Peter Dammann è arrivato nel 1998, con una serie di foto dedicate ai cadetti russi. Ora, un libro e una mostra in Svizzera offrono una retrospettiva sulla sua ampia produzione.
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Nata in Inghilterra, vivo in Svizzera dal 1994. Mi sono formata come graphic designer a Zurigo tra il 1997 e il 2002. Recentemente mi occupo di elaborazione di immagini e ho raggiunto il team di swissinfo.ch nel marzo del 2017.
Dammann, premiato per i suoi ritratti di cadetti militari russi al concorso fotografico World Press Photo Contest del 1998, è stato un fotografo dalla forte vena sociale, capace di creare un legame profondo con le persone al centro del suo lavoro fotografico.
Nelle immagini di Dammann, i protagonisti sono spesso bambini e giovani. Che vivessero per strada, in orfanotrofi o in istituti psichiatrici, ha dato loro un volto e ha catturato la loro personalità. Le sue fotografie sono la testimonianza delle ingiustizie e delle lotte quotidiane dei bambini che ha incontrato in Russia.
Negli anni Novanta, quando Dammann ha visitato San Pietroburgo, le strade ospitavano migliaia di orfani o bambini abbandonati che erano fuggiti dalle loro case per vivere tra le rovine della città e nelle stazioni ferroviarie. Dammann scattava le foto per far conoscere la loro situazione e cercava di trovare un posto dove i bambini potessero dormire senza paura che le autorità li portassero via.
Durante i suoi viaggi negli anni Novanta a Kronstadt – un’isola russa sede di una base navale – Dammann ha ritratto cadetti provenienti dai margini della società. A San Pietroburgo ha invece fotografato cadetti provenienti da famiglie con una lunga storia militare alle spalle.
Il suo reportage fotografico sui cadetti per la rivista tedesca ‘Mare’ gli è valso ampi riconoscimenti e uno dei premiCollegamento esterno più rinomati della scena fotografica internazionale.
Usare la cultura dove la politica ha fallito
Dammann ha fotografato anche l’Orchestra giovanile di Ramallah, fondata dal direttore d’orchestra Daniel Barenboim e dallo scrittore palestinese Edward Said. Come ha raccontato alla rivista ‘Stern’, Dammann era affascinato dall’idea di usare la cultura per realizzare qualcosa in cui la politica aveva fallito – vale a dire creare la pace.
Dopo il suo matrimonio con la regista svizzera Gabriele Schärer nel 1996, il fotografo di origine tedesca era diventato cittadino svizzero. È morto nel 2015, lasciando in eredità una ricca collezione di fotografie che ritraggono persone di molti paesi del mondo. Nel 2019 è stato pubblicato un libro dedicato alla sua opera, curato dalla moglie: “Das weisse Pferd. Peter Dammann. FotografienCollegamento esterno” (Il cavallo bianco. Peter Dammann. Fotografie).
La mostra nella galleria “Kornhausforum” di Berna è aperta fino al 7 marzo 2020.
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