Quando la periferia è al centro
Chiasso-Buenos Aires, andata e ritorno. Passando, in un certo senso, da Napoli. Al fotografo Gian Paolo Minelli, il Museo Cantonale d'Arte dedica una mostra.
Mamma napoletana, cresciuto a Chiasso in un periodo di forte immigrazione, Minelli porta sulla realtà che esplora uno sguardo senza frontiere e senza pregiudizi.
Il Museo cantonale d’Arte a Lugano presenta, negli spazi dell’Ala Est, un’esposizione dal titolo “Zona_Sur, Buenos Aires, 2000-2005”. Le fotografie e i video presentati nella mostra sono il frutto del lavoro di Minelli nel “Barrio Piedrabuena”, un quartiere a sud della città, caratterizzato da intenso disagio sociale.
Si tratta di una serie di autoritratti di giovani adolescenti, quasi un punto di arrivo della relazione che Gian Paolo Minelli ha stabilito con loro nel tempo, allo scopo di creare un sincero rapporto di fiducia. Sì, perché Minelli coniuga da sempre la sperimentazione fotografica con un’indagine sociale.
Partire, una neccessità
“A Chiasso torno regolarmente – racconta a swissinfo Gian Paolo Minelli – per questioni di lavoro, per le esposizioni, per progetti culturali, come quello legato al MaxMuseo”.
“Ma anche per gli amici, per gli affetti. Una parte della mia famiglia vive infatti tuttora in Ticino. Buenos Aires rappresenta piuttosto il luogo dove posso concentrarmi sul mio lavoro artistico e portare avanti la mia ricerca personale”.
In questo suo andare e tornare da un capo all’altro del mondo, lo sguardo di Gian Paolo Minelli si posa sempre sulle trasformazioni, sui cambiamenti che segnano il volto di una città.
“Vedo Chiasso sempre più aperta, vedo una società che cambia velocemente. E a volte mi dispiace di non essere sempre presente in questo momento di fermento”.
“E però vero – osserva il fotografo – che come svizzeri e come minoranza abbiamo sempre avuto il bisogno di partire per essere conosciuti e riconosciuti. Prima di andare a Roma e a Buenos Aires, ha avuto non poche difficoltà per farmi conoscere a livello svizzero”.
“La permanenza di un anno all’Istituto svizzero a Roma, mi ha permesso di farmi conoscere come artista svizzero e di entrare in contatto con curatori svizzeri. A Buenos Aires ho così potuto approfondire ulteriormente i contatti, anche con curatori europei.”
“Buenos Aires – dice sorridendo Minelli – è caratterizzata da un fatto peculiare: prima o poi arrivano sempre tutti. Prima o poi si passa anche dalla periferia del mondo, secondo un punto di vista eurocentrico, purtroppo riduttivo”.
“Il mondo è grande: non si cono solo Londra, Parigi, Barcellona. Quanto si muove nel campo dell’arte in Sudamerica è molto interessante”.
Da “Via Soldini” al “Barrio Piedrabuena”
La periferia, o forse meglio, le periferie urbane, sono sempre state al centro dell’attenzione di Gian Paolo Minelli.
“L’idea del lavoro legato all’esposizione in corso a Lugano – conferma il fotografo – nasce, in fondo, proprio a Chiasso.
“A Chiasso ho vissuto nella zona di Via Soldini, che era considerata un piccolo bronx, una sorta di ghetto”.
“Con Silvano Repetto abbiamo esplorato le realtà nascoste, le realtà notturne della città di confine. Abbiamo sempre cercato di interagire con il tessuto urbano e abbiamo poi illustrato l’esito della nostra ricerca in una mostra all’interno di un tunnel”.
“Analogo percorso in Italia. Anche quando ero a Roma – spiega Minelli – ho lavorato sulla periferia urbana. Ho portato avanti un progetto con gli immigrati clandestini”.
“L’idea dell’autoritratto nasce proprio in questo contesto di grande disagio sociale. Le mie esperienze, qui e altrove, mi hanno portato a pensare che le realtà di periferia, alla fine, si assomigliano un po’ tutte”.
Di periferia in periferia, attraversando l’oceano, Gian Paolo Minelli arriva a Buenos Aires. “E scopro, a distanza di 12 mila chilometri dal Ticino, un quartiere che si chiama “Villa Lugano”. Un quartiere difficile, di grande miseria”. Ma c’è anche il “Barrio Piedrabuena” dove Minelli inizia un nuovo percorso.
“Lugano-Lugano”
Attraverso un paziente lavoro di contatti e di esplorazione, il fotografo porta avanti il progetto dell’autoritratto.
“E’ da cinque anni che lavoro con alcuni gruppi di ragazzi, uno di età compresa tra i 6 e i 13 anni, e l’altro tra i 20 e i 25 anni. Sono bambini, sono giovani, sono tutti confrontati quotidianamente con l’esperienza della marginalità”.
“I primi due anni li ho consacrati a stabilire contatti, sui cui sono riuscito ad imbastire un rapporto di fiducia e, infine, una relazione. La partecipazione all’azione estetica dell’autoritratto è solo uno degli aspetti del mio lavoro. E’ vero, il risultato finale è effettivamente una fotografia, ma è il frutto di un’azione continuata nel tempo”.
Per Gian Paolo Minelli la mostra in corso a Lugano riveste una dimensione speciale: “Mi consente di fare il punto anche sul progetto “Lugano-Lugano”, documentato nel video. Presentarlo qui, nella Grande Lugano, con una realtà sociale totalmente differente, mi è sembrato importante”.
“Per me non esiste l’atelier come luogo di pensiero dell’arte. Io ho bisogno di essere sul terreno, di un costante scambio diretto con la realtà. Così la fotografia – conclude Minelli – ti permette di ritagliare il mondo in una situazione difficile e di cercare di vederlo bello”.
swissinfo, Françoise Gehring, Lugano
Gian Paolo Minelli è nato a Ginevra nel 1968
Ha vissuto in Ticino fino al 2000, anno in cui si è trasferito a Buenos Aires.
La mostra “Zona_Sur, Buenos Aires, 2000-2005” è in calendario fino al 4 dicembre
E’ ospitata nell’Ala Est del Museo Cantonale d’Arte
Gli orari di apertura: martedì 14-17, da mercoledì a domenica 10-17, lunedì chiuso
Gian Paolo Minelli vive tra Chiasso e Buenos Aires. Ha studiato con Gabriele Basilico, Francesco Radino, Alberto Flammer e René Burri.
Dal 1990 si dedica professionalmente alla fotografia. Alterna la sua attività di fotografo professionale alla realizzazione di progetti personali.
Minelli fa parte del comitato scientifico della Fondazione MaxMuseo a Chiasso; il museo sarà inaugurato il 12 novembre.
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