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Sale d’apparato svizzere per gli Stati Uniti

cartolina con museo
Negli Stati Uniti, il Museo nazionale svizzero di Zurigo, qui raffigurato su una cartolina, è stato un punto di riferimento per il lavoro museale. Museo nazionale svizzero

Dopo l'inaugurazione del Museo Nazionale Svizzero di Zurigo nel 1898, le sue sale storiche sono diventate un punto di riferimento per i musei nord-americani.

SWI swissinfo.ch pubblica regolarmente articoli dal Blog del Museo nazionale svizzeroCollegamento esterno dedicati a temi storici. Gli articoli originali sono generalmente in tedesco, talvolta in francese o in inglese.

La visita alle immense sale e gallerie del Museum of Fine ArtsCollegamento esterno (MFA) di Boston offre oggi una panoramica sorprendente della ricchezza delle opere d’arte e dell’artigianato sontuoso, dall’antichità ai giorni nostri. L’arte europea, fortemente rappresentata, testimonia il ruolo pionieristico svolto dagli Stati della Nuova Inghilterra durante la conquista del continente nordamericano da parte dei coloni europei. Oltre all’arte proveniente dal loro Paese d’origine, importarono concetti museali europei che adattarono alle loro esigenze.

Visitando il Museo di Boston, è difficile immaginare che il Museo NazionaleCollegamento esterno di Zurigo sia stato una delle principali fonti d’ispirazione per questa istituzione. Oggi, le due istituzioni sono molto diverse tra loro. A Zurigo è stato sviluppato il concetto di un museo storico di portata nazionale. Il MFA si è dal canto suo evoluto in un museo internazionale di arte e design.

sala d'epoca
Nonostante le apparenze, questa immagine della Bremgarten Room non proviene dal Museo nazionale di Zurigo, ma dal MFA di Boston. La fotografia risale al 1910 circa. Museum of Fine Arts, Boston

Le sale storiche, le famose period rooms, sono il punto d’incontro tra i due musei. Ora relegate in secondo piano a Boston, esse si inseriscono ancora pienamente nel nucleo museale del Museo Nazionale di Zurigo, di cui costituiscono una delle attrazioni.

Nel corso del XX secolo, queste period rooms hanno riscosso un grande successo nei musei americani. Come ha dimostrato la storica dell’arte Kathleen Curran, il MFA di Boston e il Metropolitan Museum di New York, entrambi fondati nel 1870, hanno svolto un ruolo pionieristico nell’importazione del modello.

Intorno al 1900, la costante espansione delle collezioni spinse i responsabili del Museo di Boston a considerare un nuovo edificio per la loro istituzione, fondata nel 1870. Inviarono in Europa una commissione incaricata di esplorare modelli adatti all’architettura e alla futura presentazione delle collezioni. Il rapporto della commissione offre un vero e proprio spaccato di un panorama museale europeo in piena evoluzione all’alba del nuovo secolo. I musei nazionali, molto in voga in Europa dal XIX secolo, attirarono l’attenzione dei museologi provenienti da un’America con un passato ancora recente. Quello di Zurigo, inaugurato nel 1898, era all’epoca un punto di riferimento.

facciata di un edificio
Panorama del cortile del Museo nazionale di Zurigo, intorno al 1898. Museo nazionale svizzero

Ispirato al pensiero post-romantico, il concetto di museo nazionale nacque in Germania dopo le guerre napoleoniche e accompagnò l’ascesa degli Stati-nazione. Rompendo con il tipo d’istituzione fino ad allora dominante, il museo d’arte, spesso germinato da collezioni principesche e da gabinetti di curiosità, il museo nazionale si dedicava alla presentazione e alla conservazione del patrimonio culturale nazionale. Vennero così raccolte collezioni di oggetti che definivano la nazione come uno spazio culturalmente omogeneo, determinando indirettamente ciò che si adattava o meno all’identità nazionale.

Il primo modello del genere fu il Museo di ClunyCollegamento esterno. Fondato a Parigi nel 1832 da un privato e rilevato poco dopo dallo Stato francese, era principalmente dedicato ai monumenti artistici e culturali francesi del Medioevo e del Rinascimento. L’architettura e l’artigianato si sono ritrovati rivalutati da quella che in realtà era una messa in scena di mobili e oggetti eterogenei risalenti al XVI secolo. Nonostante il successo riscontrato presso il pubblico, questa esposizione è tuttavia discutibile dal punto di vista degli storici e delle storiche.

foto d'epoca
Il Museo di Cluny, in un’immagine degli anni 1890. Wikimedia

Quando lo fondarono nel 1870, i responsabili del Museo di Boston non si ispirarono però a questo tipo d’istituzione, soprattutto a causa della mancanza di collezioni corrispondenti. Presero spunto da un museo di un genere completamente diverso: il famoso South Kensington Museum di Londra (oggi Victoria and Albert MuseumCollegamento esterno). Spesso copiata in seguito, questa istituzione fu il primo museo di arti decorative con una vocazione pedagogica e didattica, affiliato a un istituto di formazione.

In questo periodo caratterizzato dalla rivoluzione industriale, l’obiettivo era quello di offrire punti di riferimento in termini di gusto estetico e di stimolare l’impulso creativo. Vennero così riuniti oggetti straordinari di ogni tipo. In intere sale, vasi o bicchieri riempivano le vetrine, invitando il pubblico a confrontarli. L’origine e il contesto storico della creazione degli oggetti furono messi in secondo piano. Sebbene la sobrietà del modello espositivo didattico inizialmente riscosse un grande successo, le presenze al museo non tardarono a diminuire: ai visitatori e alle visitatrici non veniva raccontata alcuna storia interessante.

Una nuova rappresentazione della Storia per conquistare il pubblico

Non sorprende che a diffondersi in Europa alla fine del XIX secolo e a suscitare anche l’interesse dei museologi di Boston fu piuttosto il concetto di period rooms, ispirato al modello più accessibile del Museo di Cluny. Il Museo Nazionale di Zurigo, il nuovo Museo Nazionale Germanico di Norimberga e alcuni altri musei tedeschi, tra cui il Museo Nazionale dell’Assia a Darmstadt e il Museo Nazionale Bavarese a Monaco di Baviera, adottarono questo approccio.

Questo orientamento si basava sul concetto scientifico di “storia culturale”, che affonda le sue radici principalmente nello spazio germanofono. La storia non veniva più raccontata come una successione di dinastie e guerre. Dalla religione alla storia del diritto, passando per la scienza e le arti, gli aspetti sociali, culturali e storici venivano ora presi in considerazione. L’idea era quella di sviluppare una rappresentazione completa e più autentica della storia. Questo nuovo approccio storiografico è stato reso popolare da opere come La civiltà del Rinascimento in Italia, dello storico svizzero Jacob Burckhardt, pubblicata nel 1860.

uomo
Ritratto dello storico e scrittore Jacob Burckhardt, intorno al 1840. wikimedia

La storia dell’arte, una disciplina scientifica allora agli albori, seguì anch’essa questo approccio storico-culturale, favorendo lo sviluppo dei musei. I suoi rappresentanti, come Heinrich Wölfflin o Johan Huizinga, non consideravano più le opere d’arte come isolate, ma integravano il contesto culturale della loro genesi. In un approccio innovativo, i museologi esposero le opere in un’atmosfera che rifletteva l’epoca corrispondente attraverso l’architettura, i tessuti, i mobili o gli oggetti domestici.

I loro omologhi di Boston rimasero colpiti dal concetto implementato a Zurigo. Questo combinava in modo interessante varie forme di presentazione, tra cui vetrine di oggetti e sale storiche. La commissione del museo di Zurigo, composta dal futuro primo direttore Heinrich Angst, dallo storico dell’arte Johann Rudolf Rahn e dal sindaco della città Hans Pestalozzi, aveva, in collaborazione con i conservatori e il capomastro Gustav Gull, in qualche modo esteso l’edificio dall’interno verso l’esterno, sfruttando le parcelle esistenti. Questo spiega il conglomerato di diversi corpi di edificio e il suo fulcro, la “sala delle armi”.

schizzo di un museo
Schizzo del Museo nazionale di Zurigo, realizzato da Gustav Gull nel 1892. Al centro, la sala delle armi, ora sala d’onore, è facilmente riconoscibile. Museo nazionale svizzero

I responsabili del Museo di Boston rimasero affascinati dalle sale storiche che s’integravano perfettamente con l’architettura, in particolare la sala cerimoniale del Seidenhof. Queste sale offrivano al pubblico un viaggio emozionante attraverso il tempo. Inoltre, un altro aspetto che aveva destato interessa era il fatto che i responsabili zurighesi non avevano teatralizzato o mescolato arbitrariamente le loro “sale storiche”, ma nonostante gli adattamenti al contesto museale, queste erano state presentate nel modo più autentico possibile.

I museologi di Boston s’ispirarono al modello di Zurigo e allestirono nel loro nuovo edificio un’ala dedicata alle period rooms, tra cui una proveniente dalla Svizzera: la Bremgarten Room, risalente al XVI secolo. Tuttavia, questa stanza fu rivenduta nel 1930. Nel 1906, il Metropolitan Museum di New York acquisì la Flims Room, nota anche come Swiss Room, che è ancora oggi presente.

La storia complessa di questa Swiss Room, come ricostruita da Paul Fravi nel 1982, dimostra in modo esemplare come la percezione delle produzioni artistiche e decorative vari a seconda dell’epoca. Il salone cerimoniale rivestito in legno, in cui troneggia una sontuosa stufa in maiolica, fu creato intorno al 1684 per il “piccolo castello” di Flims, che apparteneva alla famiglia Capol. Questa sala è oggi considerata un modello nel suo genere. Tuttavia, nel 1873, lo storico dell’arte Rudolf Rahn, che svolse un ruolo fondamentale nella fondazione del Museo Nazionale di Zurigo, riteneva che l’allestimento del piccolo castello, sebbene “affascinante”, non fosse eccezionale dal punto di vista artistico.

sala
La Swiss Room al Metropolitan Museum di New York. Metropolitan Museum, New York

Comunque sia, il salone di rappresentanza di Flims e diverse stufe in maiolica furono venduti alla Germania nel 1883, ben prima che il Museo Nazionale di Zurigo vedesse la luce. Nel 1884, furono trasferiti al Kaiser-Friedrich-Museum di Berlino, che in seguito divenne il Bode-Museum. La Flims Room fu infine venduta a New York nel 1906, probabilmente a causa di una mancanza di compatibilità con la collezione. Quando il comune di Flims si rivolse al Metropolitan Museum per un possibile riacquisto, si scontrò con un rifiuto, poiché i fondi del museo non erano in vendita. Al massimo, il comune grigionese poteva ottenere una copia, il cui prezzo avrebbe superato di gran lunga quello della vendita del 1883.

L’entusiasmo per queste sale storiche provenienti dall’Europa, in un Paese che cercava ancora il suo posto nella storia, si manifestò in modo molto particolare, soprattutto durante la prima metà del XX secolo: furono acquistati diversi chiostri europei (The Cloisters, Metropolitan Museum, New York) e nel 1903, la ricca ereditiera Isabella Stewart Gardner, originaria di Boston, inaugurò nella sua città natale un museo che ricordava un palazzo veneziano, nel quale trovarono posto mobili, opere d’arte e sculture di varia provenienza. In California, il castello di Hearst (a partire dal 1920), che in seguito scivolò nella smisuratezza, s’inserisce anch’esso in questa tradizione.

>> L’incredibile storia della costruzione del castello di Hearst, in questo servizio pubblicato su YouTubeCollegamento esterno (in inglese):

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Molti museologi statunitensi, compresi quelli di Boston, s’interessarono presto anche alla creazione di sale storiche dedicate a questa America dal passato ancora recente. Con il loro supporto, e successivamente con lo sviluppo delle American Wings, ali museali interamente dedicate alla presentazione di opere d’arte e di design americano, il concetto europeo di museo nazionale fu ripreso e adattato alle esigenze nazionali.

Negli anni Settanta, molte period rooms importate dall’Europa furono rivisitate, rinnovate o vendute. Questo processo è stato innescato da cambiamenti sociali e da un nuovo approccio alla storia. Si è quindi riflettuto in modo critico sul tipo di società che incarnavano le period rooms, generalmente signorili. Artisti come Ed Kienholz hanno fornito una risposta alquanto caustica. La sua installazione Roxys (1960/61) riproduce in scala reale un bordello di Las Vegas degli anni Quaranta. Ironia della sorte, l’opera ha trovato la sua ultima tappa temporanea non in una collezione americana, ma in Europa, presso la Fondazione Pinault di Venezia.

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Roxys, l’installazione di Edward Kienholz, rappresenta un bordello di Las Vegas degli anni Quaranta in scala reale. Collezione Pinault

Barbara Basting è stata una redattrice culturale. Attualmente, è a capo del settore delle arti visive del dipartimento culturale della città di Zurigo

L’articolo originale sul blog del Museo nazionale svizzeroCollegamento esterno

Traduzione di Daniele Mariani

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