Scetticismo nei confronti del “rumantsch grischun”
Chi parla romancio è profondamente legato al dialetto del proprio villaggio o a quello della vallata in cui vive e nutre un certo scetticismo nei confronti dell'idioma unificato, il "rumantsch grischun". Lo indica uno studio del Fondo nazionale svizzero (FNS) dal quale emerge anche una flessibilità linguistica superiore alla media da parte di chi usa abitualmente la quarta lingua nazionale.
Il tentativo di standardizzare il romancio risale al 1982, su iniziativa della Lia Rumantscha. Accanto a questa lingua «artificiale» coesistono tuttora cinque varietà regionali, ciascuna con una propria tradizione scritta.
Nel quadro del programma nazionale di ricerca “Diversità delle lingue e competenze linguistiche in Svizzera” (PNR56), le ricercatrici Renata Coray e Barbara Strebel hanno studiato la realtà di due grandi regioni romance, la Surselva e la Bassa Engadina.
Dallo studio emerge la forte valenza emozionale legata all’idioma materno che rimane la lingua principale di comunicazione orale quotidiana. Le persone interrogate si identificano prima di tutto con il villaggio e la valle in cui vivono e meno con il gruppo linguistico romancio. “Il sentimento sovraregionale di appartenenza resta debole”, compreso tra i più giovani, constatano con sorpresa le due ricercatrici.
Alla radio o in televisione, i partecipanti allo studio dicono di preferire l’uso di una variante regionale del romancio piuttosto che quello della lingua standardizzata. Inoltre, si oppongono con forza alla sostituzione programmata nelle scuole di questi idiomi con il “rumantsch grischun”.
Da notare inoltre il multilinguismo superiore alla media riscontrato fra gli interrogati e la grande flessibilità linguistica che li porta spesso a preferire con i nuovi venuti germanofoni una comunicazione efficace in tedesco piuttosto che una in romancio.
swissinfo.ch e agenzie
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