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Sensazione cinese al Kunstmuseum di Berna

Mao con la mano alzata per chiamare un tassì: l'arte contemporanea cinese deride il passato e il presente swissinfo.ch

Il museo della capitale presenta 250 opere della collezione di Uli Sigg, considerata la più importante raccolta di arte contemporanea cinese di tutto il mondo.

Frutto della passione dell’ex-ambasciatore svizzero a Pechino, l’esposizione documenta, tra l’altro, gli sviluppi artistici e sociali avvenuti in Cina negli ultimi 20 anni.

“Quando mi sono stabilito per la prima volta in Cina, nel 1979, non sono rimasto colpito dall’arte cinese. Forse perché, all’inizio, la guardavo con gli occhi di un occidentale. O forse perché solo dagli anni ’80 l’arte cinese è diventata interessante agli occhi di un occidentale”, ricorda Uli Sigg il suo primo impatto con la cultura del gigante asiatico.

Da allora, di certo, il suo sguardo è cambiato. Ma anche l’arte cinese è radicalmente mutata. E così, oggi, Uli Sigg può addirittura presentare al Kunstmuseum di Berna una delle più sensazionali esposizioni della stagione culturale europea.

250 opere che fanno parte della sua collezione personale, considerata la più grande e importante raccolta d’arte contemporanea cinese esistente nel mondo, compresa la Cina.

Uno strano fenomeno

Partito in Cina alle dipendenze del fabbricante di ascensori Schindler, nel 1980 Sigg riesce a strappare una delle prime joint venture tra il colosso asiatico e il mondo occidentale.

La sua vasta conoscenza della Cina attira in seguito anche l’attenzione del governo svizzero, che nel 1995 gli affida l’incarico di ambasciatore elvetico a Pechino. La nomina di un uomo che proviene dall’economia, solleva una certa sorpresa e anche un po’ di disappunto negli ambienti diplomatici.

Ma non è sicuramente l’ultima sorpresa del piccolo e intraprendente uomo d’affari, attualmente vice-presidente del consiglio di amministrazione dell’editore Ringier. Negli ultimi dieci anni, Sigg è riuscito infatti a trovare anche il tempo di raccogliere di persona 1200 opere prodotte da 180 dei più significativi artisti cinesi contemporanei.

“Questo svizzero è diventato un fenomeno molto strano in Cina. Si è recato in ogni angolo del paese, in regioni dove io non andrei mai, per mettere assieme la più complessa e dettagliata collezione di arte cinese del mondo”, afferma Ai Weiwei, uno dei più grandi rappresentanti di questa nuova generazione di artisti, che ha partecipato all’allestimento dell’esposizione del Kustmuseum.

Specchio della società cinese

Un collezionismo preciso e quasi maniaco, dettato non solo dal piacere personale, ma anche da un’inspiegabile volontà di documentare le tendenze più importanti dell’arte cinese.

Secondo Ai Weiwei, l’ex ambasciatore ha raccolto le opere d’arte “con una cura e una precisione che deve sicuramente far parte dello spirito svizzero”.

“La sua collezione rispecchia non solo l’arte, ma anche la realtà sociale e lo sviluppo economico che hanno caratterizzato la Cina negli ultimi due decenni”, aggiunge l’artista che, tra l’altro, negli ultimi anni ha aiutato gli architetti svizzeri Herzog & de Meuron a strappare prestigiosi incarichi nel paese asiatico.

Uno sviluppo economico, sociale ed artistico portato avanti a passi da gigante dal dragone cinese.

“Come l’industria e l’economia, in Cina anche l’arte ha compiuto negli ultimi 15 a 20 anni una trasformazione che in Occidente è durata almeno un secolo”, sottolinea Matthias Frehner, il direttore del Kunstmuseum, fiero di poter presentare un’esposizione che permetterà al suo museo di non essere messo in ombra quest’estate dall’apertura del Zentrum Paul Klee a Berna.

Dopo aver lasciato da parte gli stampini e gli schemi utilizzati per riprodurre Mao e le altre immagini imposte dal regime, in pochissimi anni i giovani artisti cinesi hanno ripercorso tutte le strade imboccate dall’arte moderna e contemporanea nel mondo occidentale.

Sensazione alla Biennale

Le prime avvisaglie della nuova espansione internazionale dell’arte cinese si sono avute, già da alcuni anni, alle Biennali di Venezia e Lione, come pure alla Documenta di Kassel.

“L’incredibile potere di innovazione e di sperimentazione degli artisti cinesi appare in tutta la sua forza quando si affiancano le loro opere a quelle dei rappresentanti dell’arte occidentale. Mentre la nostra creatività sta mostrando da anni segni di usura, l’arte cinese solleva questioni esistenziali, esprime una nuova coscienza politica e mette a nudo la realtà sociale”, ritiene Matthias Frehner.

Suddivisa in 12 capitoli tematici, la mostra del Kunstmuseum di Berna permette di apprezzare la vitalità di quest’arte, che ricerca ancora oggi soprattutto immagini e contenuti, evitando di rifugiarsi o disperdersi nell’astrazione.

“L’arte astratta era assolutamente vietata in Cina fino a pochi anni fa, quando la creatività degli artisti poteva servire soltanto a proporre temi puramente educativi”, spiega Uli Sigg.

Ora questi temi vengono ripresi con uno sguardo ironico: la mano alzata di Mao in segno di saluto serve a chiamare un tassì. Il dollaro, Chanel, Coca cola, i Rolex e altri simboli occidentali vengono integrati nell’immagini tradizionali, in segno di scherno.

L’arte contemporanea cinese rompe con il passato, si attacca alle tradizioni, frantuma i vecchi tabù, ridicolizza i giochi del potere, deride la società dei consumi e definisce una nuova identità individuale di fronte alla collettività. Come l’economia, l’arte si muove ormai molto più in fretta del potere politico.

“Probabilmente, un quarto delle opere della mia collezione non potrebbero venir esposte in Cina. Ma in molti casi, i dirigenti cinesi non capirebbero neppure la portata politica, sociale ed artistica di queste opere”.

swissinfo, Armando Mombelli

“Mahjong, arte contemporanea cinese della collezione Sigg” può essere visitata dal 13 giugno al 16 ottobre al Kunstmuseum di Berna.
L’esposizione, che prende il nome da un gioco popolare cinese, propone di ammirare 250 delle 1200 opere raccolte dall’ex ambasciatore in Cina.
Un centinaio di lavori di grandi dimensioni vengono inoltre esposti presso la sede del gruppo Holcim a Holderbank, nel canton Argovia.

Uli Sigg ha iniziato la sua esperienza cinese nel 1979, quale rappresentante del fabbricante svizzero di ascensori e macchinari mobili Schindler.

Nel 1995 è stato nominato dall’ex ministro degli esteri Flavio Cotti all’incarico di ambasciatore svizzero a Pechino.

Dopo le sue dimissioni nel 1999, Sigg ha assunto tra l’altro la vice-presidenza del consiglio di amministrazione dell’editore Ringier.

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