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Sogni infranti: il fallimento della candidatura svizzera per le Olimpiadi

Il Paese degli sport invernali è stato scartato come candidato per i Giochi invernali 2030 e 2034. È forse colpa del federalismo, o della diminuita influenza internazionale della Confederazione?

Mercoledì scorso, dalla sua sede affacciata sul lago Lemano, il Comitato olimpico internazionale (CIO) ha inferto alla Confederazione un doppio colpo basso. L’organizzazione ha respinto l’offerta elvetica di ospitare i Giochi invernali nel 2030 o nel 2034, sancendo che gli unici candidati sono la Francia e la statunitense Salt Lake City. La decisione, l’estate prossima, sarà una pura formalità.

Gli sviluppi hanno portato delusione e provocato dibattito nel Paese. Poco dopo l’annuncio, l’ex ministro dello sport Adolf Ogi ha espresso il suo sconcerto in un’intervista. “È incomprensibile”, ha detto alla radio svizzera di servizio pubblico RTSCollegamento esterno. “Si tratta di uno schiaffo alla Svizzera. Sono molto deluso, avevamo le carte in regola per organizzare questi Giochi”.

Frédéric Favre, responsabile per il Canton Vallese del dipartimento sport, è stato un grande sostenitore della candidatura e oggi dice che: “la delusione è senz’altro il sentimento più diffuso in questo momento”. Tuttavia, Favre suggerisce un motivo di consolazione: il CIO, pur respingendo al mittente la candidatura elvetica, ha invitato la repubblica alpina a “un dialogo privilegiato” sull’ipotesi che possa invece ospitare i Giochi invernali del 2038.

Anche la ministra dello sport, Viola Amherd, ha puntato sugli aspetti positivi e ha dichiaratoCollegamento esterno al Telegiornale della televisione svizzera di lingua tedesca SRF di essere molto contenta che il Paese potrebbe essere la casa per i Giochi – fra 14 anni. “Non è male avere più tempo a disposizione, considerando quanto è complicato il processo di candidatura, e quanto sia complessa l’organizzazione di questo evento”, ha detto.

Mancanza di garanzie politiche

In Svizzera, la decisione di candidare il Paese per i Giochi invernali del 2030 e 2034 era stata relativamente recente. Swiss Olympic aveva lanciato uno studio di fattibilità solo in marzo, e appena cinque giorni fa aveva deliberato di candidarsi formalmente per le due edizioni.

“Sarebbe forse stato più appropriato investire questi sei mesi per ottenere il sostegno del Governo e del Parlamento che francamente, in confronto con Svezia e Francia, in Svizzera è lacunoso”, ha commentatoCollegamento esterno dalle colonne del quotidiano Le Temps Jean-Loup Chappelet, ex dirigente IOC e professore emerito all’Università di Losanna.

Anche secondo il Tages-Anzeiger, la mancanza di supporto politico è stata un’ovvia fragilità della candidatura elvetica. Quella francese, per esempio, vanta il pieno sostegno del presidente Emmanuel Macron, che si è impegnato a mettere denaro pubblico a disposizione dell’evento. Nella Confederazione, invece, il CIO si è trovato di fronte lo spettro di un referendum. Uno strumento centrale nel funzionamento della democrazia del Paese, ma che dal punto di vista dell’organizzazione avrebbe rappresentato piuttosto “un grave pericolo”, ha suggerito il quotidiano di Zurigo. In effetti, più di un tentativo svizzero di ospitare i Giochi invernali – come la candidatura in tandem di St Moritz e Davos per il 2022, e quella del Canton Vallese per il 2026 – si è arenato alle urne.

Christophe Dubi, direttore esecutivo per il CIO del settore Giochi olimpici, smentisce che l’organizzazione temesse un no del popolo. Un sondaggio realizzato durante la fase dello studio di fattibilità aveva mostrato che il 67% della popolazione svizzera era favorevole ai Giochi nel 2030, ha indicato Dubi in un’intervistaCollegamento esterno rilasciata al programma RTS La Matinale.

Chappelet ha d’altronde sottolineato che in caso di candidatura svizzera, sarebbe stato indispensabile ottenere il sostegno di Comuni, Cantoni e Governo federale, per garantire gli adeguati collegamenti logistici e la sicurezza dei Giochi.

“Il federalismo non è compatibile con le esigenze di sicurezza del CIO”, hanno concluso i quotidiani 24 Heures e La Tribune de Genève. L’ex ministro Ogi ha indicato che la disfatta elvetica potrebbe tutto sommato essere un indicatore della perdita di influenza politica del Paese. Secondo Ogi, infatti, è incomprensibile come la Francia possa ospitare così presto un altro evento olimpico, considerato che il prossimo anno i Giochi estivi saranno a Parigi. Riflessione condivisa dai due quotidiani romandi, che hanno scritto: “È probabile che abbia contribuito alla sconfitta il fatto che, in un settore nel quale il lobbismo è essenziale, il nostro Paese non abbia risorse adeguate all’interno della comunità olimpica”. La Francia, al contrario, sarebbe forte di alcuni “pesi massimi” dello sport.

La questione della “sostenibilità”

Svizzera, Francia e Svezia, Paese che ha anche visto la sua candidatura bocciata, avevano annunciato che avrebbero ospitato “i primi Giochi olimpici sostenibili della storia”. In seguito all’edizione 2014 di Sochi, che con i suoi 48 milioni di franchi si è rivelata la più costosa di sempreCollegamento esterno, il CIO aveva insistito sulla necessità di utilizzare infrastrutture già esistenti, ed evitare nuove costruzioni.

La Confederazione aveva dunque previsto di distribuire le competizioni in diverse regioni del Paese, con il risultato che solo per una delle 14 discipline olimpiche sarebbe stata indispensabile una nuova infrastruttura. A quanto pare, però, l’idea ha avuto effetti controproducenti.

Dubi, per il CIO, oggi dice che “se guardiamo da vicino la candidatura svizzera, osserviamo che ci sarebbero state moltissime infrastrutture fra Losanna e i Grigioni, parliamo di qualcosa come dieci villaggi olimpici”. Il Comitato, invece, predilige programmi più compatti, dei luoghi nei quali gli atleti e le atlete possano incontrarsi, per dare vita “al vero spirito olimpico”. Mercoledì, l’organizzazione ha precisato che questo peraltro avrebbe consentito alla Svizzera di risparmiare denaro.

In Francia invece, ha precisato il CIO, i Giochi sarebbero concentrati nelle regioni Alvernia-Rodano-Alpi e Provenza-Alpi-Costa Azzurra, con il forte sostegno del settore pubblico e privato. Salt Lake City, invece, prevede di utilizzare l’infrastruttura dei Giochi del 2002, che si trova ancora in condizioni eccellenti, e quindi non avrebbe bisogno di fare investimenti consistenti.

Rimettersi al lavoro

Comunque sia, all’indomani della brutta notizia, il CIO ha inviato un messaggio di incoraggiamento. Dubi ha detto che perdere l’opportunità di ospitare i Giochi nel 2030 e nel 2034 non sarebbe “un fallimento”, perché “la Svizzera ha le carte in regola per essere il luogo giusto per delle Olimpiadi invernali. Ma la sua candidatura va rifinita. E la nostra decisione va esattamente in quella direzione, nell’offrire la possibilità di lavorare insieme su questo dossier per il 2038”. 

Il dirigente CIO ha anche precisato che, almeno per il momento, il Paese sarebbe l’unico preso in considerazione per quelle Olimpiadi: “Fino al 2027, quando sarà necessario candidarsi, non parleremo con nessun altro”. Insomma, se il Comitato rispetterà la promessa e se la Svizzera sarà in grado di presentare fra quattro anni una proposta più solida, il Paese avrebbe buone possibilità di ospitare i Giochi del 2038. Sarebbe esattamente 90 anni dopo l’ultima volta che l’ha fatto, in occasione dei Giochi invernali di St Moritz, anno di grazia 1948.

A cura di Virginie Mangin

Traduzione dall’inglese: Serena Tinari

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