Un carico di storia e di futuro
Il segreto della centenaria linea ferroviaria del Bernina? Attraversare un paesaggio alpino di rara bellezza e aver conquistato il cuore di milioni di persone. Due anni fa, l'Unesco l'ha riconosciuta patrimonio mondiale dell'umanità.
È il 5 luglio 1910. Si festeggia. Il treno passa: per la prima volta la ferrovia collega San Moritz e Tirano, Svizzera e Italia. Sono passati appena 12 anni da quando l’ex consigliere federale Numa Droz, ha lanciato l’idea di costruire una ferrovia sul passo del Bernina; quattro dal primo colpo di piccone.
È subito successo. In agosto, sono quasi 92’000 i turisti che prendono il treno. Per gli abitanti del luogo, i biglietti hanno prezzi proibitivi. Ma a loro importa poco. La ferrovia l’hanno voluta, fortemente. È sinonimo di sviluppo, lavoro ed elettricità, quella della centrale idroelettrica di Campocologno, costruita anche e soprattutto per nutrire le locomotive.
Cent’anni dopo, si festeggia ancora. E non è solo un anniversario per nostalgici. Il treno del Bernina – sopravvissuto a due conflitti mondiali con annesse recessioni, alla concorrenza della strada e alla miopia di chi faticava a vedere il suo lato straordinario – ha un futuro.
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Pala, piccone e dinamite
Tecnica e paesaggio
Gli estimatori del “trenino rosso” sono sparsi un po’ ovunque: in Svizzera, Italia, Germania, ma anche – ad esempio – in Costa Rica, dove dal 2000 si trova una riproduzione del viadotto di Brusio. L’idea è venuta ad uno svizzero all’estero, che ha inserito un ponte elicoidale nei 3,5 km di ferrovia turistica costruiti per collegare il suo albergo a un ristorante panoramico.
L’originale, un ponte a nove archi che disegna una spirale a cielo aperto per vincere il dislivello, s’iscrive elegantemente nel paesaggio caratterizzato da pietraie e castagni, e, anche se da un punto di vista tecnico non rappresenta una soluzione senza precedenti, ha conquistato in fretta notorietà internazionale, diventando il simbolo della ferrovia del Bernina. Non a caso è stato scelto per il logo del centenario.
Ma non è solo un girotondo in treno che questo pezzo di strada ferrata offre ai viaggiatori. Chi la percorre vede sfilare sotto i suoi occhi i boschi dell’Engadina, le nevi eterne del gruppo del Bernina – con i suoi 4’049 metri, la cima più alta delle Alpi retiche – la Valposchiavo, il santuario della Madonna di Tirano. «Dove altro è possibile passare nell’arco di due ore dai ghiacciai alle palme, attraversare tre regioni linguistiche e superare un confine nazionale?», chiede Silvio Briccola, vicedirettore della Ferrovia retica, la società che gestisce la linea del Bernina.
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Il percorso del treno
La locomotiva Unesco
Proprio lo stretto legame tra tecnica ferroviaria, paesaggio e cultura ha convinto l’Unesco ad inserire la tratta del Bernina e quella dell’Albula – che da San Moritz prosegue verso Coira, la capitale dei Grigioni – nel patrimonio mondiale dell’umanità.
Per l’Unesco, le due linee s’iscrivono «in modo particolarmente armonioso nei paesaggi alpini attraversati» e rappresentano «una costruzione ferroviaria esemplare per rompere l’isolamento delle Alpi».
L’anno scorso – complice anche il riconoscimento Unesco – i passeggeri che hanno valicato il Bernina in treno hanno superato il milione. «È difficile quantificare l’effetto Unesco», spiega Briccola. «Ma è innegabile che ci sia stato. Abbiamo avuto un incremento di frequenze e fatturato. Inoltre, registriamo molte più visite sul nostro sito internet, in particolare alle pagine Unesco».
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L’uomo che cammina fra i binari
La paura di diventare un museo
Oggi la Ferrovia retica è orgogliosa del riconoscimento Unesco e lo sta abilmente utilizzando per attirare passeggeri e giornalisti (il primo atto dei festeggiamenti per i 100 anni della linea del Bernina è stato seguito da diversi media, non solo svizzeri). Inizialmente, però, i vertici dell’azienda erano piuttosto scettici all’idea d’inoltrare la candidatura.
«Non avevamo esempi su cui basarci per valutare le ripercussioni di una simile scelta», ricorda Silvio Briccola. «Per noi era importante evitare di diventare una ferrovia museo, senza possibilità di sviluppo. Inoltre, non potevamo permetterci di incrementare i costi di manutenzione, già allora molto alti».
Investimenti importanti per mantenere in buono stato l’infrastruttura e il materiale rotabile sono necessari soprattutto per la linea del Bernina, che supera un dislivello di 1800 metri, è lunga 61 km ed è quasi completamente a cielo aperto. Anche per questo, all’inizio del 2004, la Ferrovia retica decise di candidare per il patrimonio mondiale soltanto la linea dell’Albula, ritenuta più interessante da un punto di vista tecnico.
Non aveva però fatto i conti con gli abitanti della Valposchiavo. «Non si poteva lasciar fuori la linea del Bernina, la sua bellezza, le sue peculiarità», ricorda Cassiano Luminati, presidente dell’Ente turistico Valposchiavo. «Per evitarlo, abbiamo fondato un comitato, mobilitato tutti i nostri contatti a Berna e in Italia, insistito fino a quando la direzione della Ferrovia retica è tornata sulla sua decisione».
Amare il treno senza prenderlo
Oggi nessuno mette più in dubbio la fondatezza di quella rivendicazione. «È stata una giusta reazione di orgoglio di una regione piuttosto periferica, abituata a lottare per quanto ha ed in quanto crede», riconosce Silvio Briccola.
L’attaccamento dei valposchiavini alla “loro” ferrovia ha un aspetto paradossale: sono ben in pochi a servirsene. «È vero», ammette Cassiano Luminati, «il treno lo prendiamo solo se non c’è alternativa». Il suo più grande difetto? È troppo lento: a 30 km orari, per valicare il Bernina ci vogliono due ore; in automobile bastano 45 minuti.
Il treno, però, non serve solo per spostarsi. Porta lavoro e turisti. Praticamente tutti conoscono qualcuno che lavora o ha lavorato per la ferrovia del Bernina, e lo ha fatto con passione, come i pensionati che stanno restaurando gratis la “coccodrillo” Ge 4/4 182, una delle locomotive storiche della tratta. Passione e riconoscenza, spiegano anche le innumerevoli manifestazioni – mostre, spettacoli teatrali, feste – che accompagnano il giubileo.
Il futuro, intanto, è già in moto e ha il benaugurante nome di “Allegra”. Si tratta di una nuova locomotrice elettrica in grado di funzionare sia a corrente continua (quella che alimenta la linea del Bernina), sia a corrente alternata (quella delle altre tratte della Ferrovia retica). «Oltre ad evitare il cambio di locomotrice a Pontresina, ci permette di aumentare la nostra capacità di trasporto e rispondere al crescente numero di prenotazioni», afferma Silvio Briccola. A quanto pare, gli anni che passano non fanno che aumentare il fascino della ferrovia del Bernina.
È stata costruita tra il 1906 e il 1910.
Nel 2008 – insieme ad un’altra tratta della Ferrovia retica, quella dell’Albula – è stata dichiarata patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco. È il primo – e per il momento unico – sito Unesco svizzero transnazionale.
Collega St. Moritz, in Engadina, a Tirano, in Italia. Attraversa la Valposchiavo, una delle quattro valli del cantone dei Grigioni in cui si parla italiano.
Il tracciato, lungo poco meno di 61 km, passa dai 1850 metri sul livello del mare dell’Engadina ai 2253 m dell’Ospizio Bernina, per poi scendere ai 429 m di Tirano.
Il treno supera senza l’aiuto di cremagliere pendenze del 70 per mille. Questo fa della linea del Bernina una delle ferrovie ad adesione più ripide al mondo. È inoltre l’unica a superare le Alpi senza passarci sotto.
A vocazione turistica, la ferrovia del Bernina riveste un ruolo importante anche per il traffico merci. Attualmente trasporta soprattutto legname (da nord verso sud) e derivati del petrolio (da sud verso nord).
Pensata inizialmente come offerta per la bella stagione, la Ferrovia del Bernina ha cominciato prestissimo – già nel 1913, tre anni dopo la sua inaugurazione – a sfidare gli elementi tutto l’anno.
Proprio per rendere omaggio a questa vocazione, i festeggiamenti per il centenario sono stati distribuiti sulle quattro stagioni. Si è iniziato in gennaio a San Moritz.
Si prosegue l’8-9 maggio all’altro capolinea, Tirano, in Italia.
Ad inizio estate (18-20 giugno) sotto i riflettori ci sarà la Valposchiavo, dove è attesa anche la presidente della Confederazione Doris Leuthard. Punto centrale dei festeggiamenti: il viadotto di Brusio.
Per l’atto conclusivo, il 18 e 19 settembre, si torna in Engadina, a Pontresina.
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