Un concorso di danza che non fa più l’unanimità
Il Premio di Losanna, concorso internazionale per giovani ballerini, ricompensa ogni anno i migliori talenti del mondo attribuendo loro una borsa di studio. Critici e artisti non sono però sempre d’accordo sull’utilità di questa competizione.
Vi sono i favorevoli e i contrari. Nonostante la sua nomea internazionale, il Premio di Losanna non sfugge alle critiche.
In attesa della finale del 2 febbraio, al termine della quale gli otto candidati prescelti ripartiranno con una borsa, abbiamo chiesto a Jean-Pierre Pastori, critico svizzero e storico dell’arte coreografica, e a Guilherme Botelho, coreografo brasiliano che vive a Ginevra, cosa ne pensano del Premio di Losanna. Dalle loro risposte emergono due campi, quello dei classici e quello dei moderni.
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Una competizione datata
Tra i moderni, Guilherme Botelho non esita ad affermare che «il Premio è datato». Perché?
«Perché la competizione losannese sembra aver dimenticato la danza contemporanea, risponde. Le prove che i candidati devono superare sono orientate verso la danza classica, molto codificata con le sue piroette e i suoi scambietti. Vi è quindi poco spazio per la creatività dell’interprete, contrariamente alla danza contemporanea, che permette di esprimersi più liberamente. La danza contemporanea è maggiormente in sintonia con la nostra epoca, più orientata verso un’arte personalizzata, capace di provocare emozioni».
Spingendosi un po’ più in là nell’analisi, Guilherme Botelho, che con la sua compagnia Alias fa tournée nel mondo intero, afferma che la formazione in danza contemporanea occupa un posto importante nelle politiche culturali europee.
«In Francia, ad esempio, la maggioranza dei centri coreografici sono oggi dedicati a questa disciplina, osserva. E in Svizzera romanda da due anni esiste un tirocinio in danza contemporanea. Ciò significa che non si può tralasciare questa forma di espressione artistica».
Promuovere l’eccellenza
Jean-Pierre Pastori, che si può catalogare piuttosto tra i classici, è di tutt’altro avviso. Lo storico vodese spiega: «Il programma di valutazione del Premio di Losanna include una prova di danza contemporanea. Il problema è che molti giovani coreografi non la riconoscono in quanto tale. Ritengono sia una disciplina neoclassica. Lasciamo perdere però questa diatriba campanilistica».
«L’utilità del Premio va ricercata altrove, prosegue. Risiede nella volontà di offrire a giovani ballerini di talento una formazione in una grande scuola (tipo Opera di Parigi o Royal Ballet di Londra), che non possono pagare di tasca propria. Coloro che invece non hanno bisogno di una formazione complementare, si vedono attribuire una borsa per uno stage di un anno in una compagnia internazionale reputata. Se in seguito si libera un posto nella compagnia, il ballerino può essere assunto come membro».
Per un curriculum vitae, si tratta di una referenza solida. Il Premio di Losanna non svolge in definitiva il ruolo di un’agenzia di reclutamento? «No, risponde Jean-Pierre Pastori. Il suo obiettivo è prima di tutto di promuovere l’eccellenza».
Guilherme Botelho, dal canto suo, paragona la manifestazione a un’organizzazione filantropica che permette di fornire sostegno finanziario ad artisti talentuosi, ma che hanno pochi soldi.
«La carità non fa parte del Premio, rettifica Pastori. Losanna non ha nulla a che vedere con altre competizioni che si svolgono a Tokyo, New York o Mosca… dove i candidati sono ricompensati unicamente con una medaglia o premi in denaro. Losanna non è un luogo per delle performance sportive, con un bel mucchietto di soldi come ricompensa. Vince chi possiede il miglior potenziale di sviluppo».
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Una questione di motivazione
Un potenziale che manca forse ai candidati europei, il cui numero si assottiglia di anno in anno a vantaggio dei candidati asiatici (Cina, Giappone, Corea…) o latino americani, brasiliani in testa?
«In Europa non è il potenziale che manca, ma la motivazione, risponde Jean-Pierre Pastori. I giovani che vivono in paesi ricchi hanno mille fonti di distrazione. Ciò rende difficile concentrarsi su una disciplina ardua come la danza, per la quale è necessario avere uno spirito combattivo».
«I giovani asiatici sono invece dei lottatori, senza dubbio a causa di condizioni di vita più dure delle nostre, prosegue. Non va poi dimenticato che in Cina e in Giappone vi sono nettamente meno scuole e compagnie di danza che in Europa. Non è quindi sorprendente che molti di questi giovani tentino fortuna nel Vecchio Continente. Un francese, invece, ha l’imbarazzo della scelta: a Marsiglia, Lione e Parigi vi sono eccellenti centri di formazione».
Per Guilherme Botelho, la presenza di candidati brasiliani al Premio di Losanna va di pari passo con il boom economico del paese. «Ho lasciato il Brasile una trentina di anni fa. Ci vado però spesso in tournée e ho potuto constatare i passi da gigante effettuati a livello artistico. La danza, ad esempio, oggi può beneficiare del sostegno delle autorità pubbliche, mentre sino ad alcuni anni fa non riceveva nessun aiuto finanziario dallo Stato».
Nato a Losanna nel 1949, Jean-Pierre Pastori è giornalista, scrittore e storico della danza svizzera.
Dal primo gennaio 2008 è direttore della fondazione del castello di Chillon (Vaud).
Pastori è anche presidente della Fondazione Béjart Ballet Losanna dal 2012.
Tra le sue pubblicazioni, da menzionare Une histoire de passions: la danse à Lausanne (1999), Béjart Ballet Lausanne: 20 ans (2006), Renaissance des Ballets russes (2009).
Coreografo brasiliano, Botelho vive e lavora a Ginevra.
Inizia a studiare danza all’età di 16 anni.
Due anni dopo, è ingaggiato come ballerino al Grand Théâtre di Ginevra.
Nel 1987 crea la sua prima coreografia.
Nel 1993 si lancia nella coreografia indipendente e crea la sua compagnia Alias.
Tra le sue pièce, da menzionare Le poids des éponges, Les cabots, Sideways Rain, Camelô…
(traduzione di Daniele Mariani)
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