Una sfida per i fotografi di Magnum: immortalare la democrazia svizzera
Quattro fotografe e fotografi della prestigiosa agenzia Magnum sono arrivati a Berna quest'anno per uno dei loro compiti più impegnativi. Abituati a muoversi nelle zone di crisi più calde del pianeta, documenteranno il placido funzionamento della democrazia svizzera.
L’anno prossimo la Svizzera celebrerà il 175° anniversario della sua prima costituzione federale (1848) e la fondazione di un sistema parlamentare basato su valori ancora oggi discussi come la democrazia diretta e la neutralità. Per celebrare questa data, Melody Gygax, agente culturale di Magnum Photos in Svizzera, ha collaborato con il documentarista ed editore svizzero di libri fotografici Reto Caduff per sviluppare un progetto che comprende una mostra, un libro fotografico, un film documentario e un LiveLabCollegamento esterno, un programma di lavoro in residenza per un piccolo team di Magnum.
Hanno chiamato il progetto “Sessions”, in riferimento all’obiettivo del loro incarico: le sessioni estive, che si sono tenute dal 30 maggio al 18 giugno, delle due Camere del Parlamento svizzero a Berna – senza dubbio non la città più eccitante del mondo.
Con l’approvazione dell’ufficio parigino dell’agenzia, “Sessions” è iniziata a giugno. Il team di Magnum ha pratiche e approcci molto diversi e le componenti e i componenti appartengono a generazioni diverse. SWI swissinfo.ch li ha incontrati durante la loro residenza [vedi galleria fotografica alla fine di questa pagina].
Problemi da ricchi
L’iraniana Newsha Tavakolian Collegamento esternoè la più giovane del gruppo e probabilmente la più precoce. Ha iniziato la sua carriera a 16 anni nella rivista femminile iraniana Zan; a 18 anni è stata la più giovane fotoreporter a documentare la ribellione studentesca del 1999 a Teheran.
Da allora è stata attiva in tutto il mondo, in particolare nel Kurdistan iracheno, in Colombia e in Siria. Le sue immagini si sono sviluppate in un linguaggio artistico unico; sono apparse non solo su media internazionali come il New York Times, Le Monde, Stern e National Geographic, ma sono state anche acquisite dal Victoria & Albert Museum (Londra), dal British Museum e dal Boston Museum of Fine Arts, per citarne solo alcuni..
Alla domanda sulle sue prime impressioni sulla capitale svizzera – SWI swissinfo.ch l’ha incontrata a Berna il terzo giorno dell’incarico – Tavakolian ha detto di stare ancora cogliendo il comportamento peculiare della popolazione locale. Per molti aspetti, la Svizzera è agli antipodi del suo Iran natale o di qualsiasi altro Paese in cui i treni non arrivano in orario. “Ho notato, però, che in questa società molto ricca e stabile, le persone tendono a stressarsi per cose molto insignificanti”, dice.
La democrazia è in strada
Sul lato opposto dello spettro d’età, l’americano Alex WebbCollegamento esterno, 70 anni, è un fotoreporter “vecchia scuola”, con diversi libri pubblicati sulle sue peregrinazioni ai quattro angoli del pianeta. Basato a New York, Webb dice di essere ora più sensibile agli sconvolgimenti sociali e politici degli Stati Uniti. Per questo motivo, questo incarico che riguarda il sistema parlamentare svizzero si collega alle sue preoccupazioni per lo stato della democrazia in generale, ricordandoci che non possiamo dare per scontata la libertà politica anche nei Paesi più ricchi.
Per quanto riguarda ciò che si aspetta di trovare a Berna, Webb dice che non intende limitare il suo obiettivo all’edificio del Parlamento: “Voglio fotografare la gente nelle strade, perché è nelle strade che la democrazia vive davvero”.
La costituzione svizzera e le tracce cartacee della democrazia elvetica sono al centro dell’attenzione della spagnola Cristina de MiddelCollegamento esterno, la terza fotografa. Dopo aver vissuto per molti anni in Messico, si è trasferita qualche anno fa a Salvador (Brasile), ma la Svizzera non le è troppo estranea. “Mio padre è cresciuto vicino a Losanna e trascorrevamo qui la maggior parte delle nostre vacanze. Amava molto questo Paese”, ci racconta. È la prima volta che viene a Berna.
Il suo lavoro, nato da oltre dieci anni di pratica nel campo del fotogiornalismo, l’ha spinta verso progetti più vicini all’arte concettuale. Non teme la messa in scena delle immagini quando queste giocano un ruolo nella narrazione e nella percezione dello spettatore, come nel suo progetto “The Afronauts” (2012), che ricostruisce il programma spaziale zambiano degli anni Sessanta.
Quando l’abbiamo incontrata, De Middel stava trascorrendo la maggior parte del suo tempo nella capitale svizzera, presso l’Archivio Nazionale di Berna. È rimasta stupita dalla rapidità con cui le è stato concesso l’accesso ai documenti originali della democrazia elvetica. “Nel giro di poche ore ho avuto davanti a me la Costituzione originale”, ricorda.
Jam session fotografica
L’italiano Alex MajoliCollegamento esterno, 51 anni, non è nuovo a incarichi pericolosi. All’inizio degli anni Novanta si è fatto le ossa in Jugoslavia e in seguito ha coperto la caduta del regime talebano in Afghanistan e l’invasione statunitense dell’Iraq. Tra una guerra e l’altra, Majoli si è anche dedicato a profonde incursioni fotografiche in una casa di cura per malati mentali in Grecia (1994), a un progetto personale in Sud America (Requiem in Samba, 1995) o alla vita nelle città portuali di tutto il mondo (Hotel Marinum, 1998).
Vivendo tra New York e la Sicilia, Majoli aveva già partecipato a un altro LiveLab Magnum, in Russia. Il principio dei LiveLab si basa sulla collaborazione di quattro artisti, prospettive e linguaggi visivi diversi. Inoltre, il LiveLab è un processo trasparente in cui gli spettatori interessati possono essere presenti durante la produzione delle opere e interagire direttamente con i fotografi.
Majoli mostra un grande entusiasmo per questo concetto. “Suonavo la chitarra in una band, e questa per me è come una jam session fotografica”, dice.
A cura di Virginie Mangin
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