Uno scultore regna sul padiglione svizzero
L'artista Valentin Carron rappresenta la Svizzera alla 55a Biennale di Venezia, che ha appena aperto le porte. Con il curatore Giovanni Carmine, ha plasmato un'opera ispirata al modernismo architettonico del padiglione svizzero realizzato nel 1952 da Bruno Giacometti.
La mostra si apre su un serpente in ferro battuto, lungo 80 metri. Ha due teste. Una guarda verso l’esterno, mentre l’altra sorveglia la porta d’entrata. Le due estremità sono unite da un corpo lungo e sinuoso.
Il visitatore deve solo seguire la linea tracciata dal rettile, in aria, sul suolo e alle pareti, per percorrere l’intera mostra composta di dipinti e sculture. L’itinerario intrapreso dal serpente simboleggia un’idea di base: per Valentin Carron, la destinazione finale è meno importante del cammino per arrivarci.
“Per me, il serpente era un pretesto affinché la costruzione rispettasse lo spazio. Un grande pretesto per una grande linea. Non ero alla ricerca di una simbologia speciale per il serpente: ne ha già molte”, spiega l’artista vallesano.
Il rettile porta alle 17 opere esposte ed esso stesso costituisce la 18a. Il suo volume varia lungo il percorso. Quando sale lungo una parete rivestita di tessuto italiano, il suo corpo si trasforma in una sottile linea molto delicata.
Altri sviluppi
Un serpente enorme e trombe finte
Rigore poetico
Il processo creativo non è stato facile. Valentin Carron vive una metamorfosi eterna. Irrequieto e curioso, è sempre in mutazione, ciò che si riflette nel modo di lavorare.
“Abbiamo iniziato nove mesi fa, con l’installazione del padiglione, racconta. Ogni settimana avevo nuove idee, nuovi concetti, nuove soluzioni. Il progetto è cambiato molto prima che il curatore e io arrivassimo a quello finale. I pezzi hanno cominciato ad essere fabbricati alla fine dello scorso anno”.
“Il suo lavoro si immerge nel profondo significato dell’arte e passa attraverso il filtro del suo luogo di origine, il canton Vallese, analizza il ticinese Giovanni Carmine, curatore del padiglione svizzero. Il processo è stato molto creativo e intenso. Abbiamo unito le forze con precisione ed efficienza. È un artista poetico che riesce a stampare la sua poesia ancor prima del suo rigore formale”.
Elegante e minimalista, il rettile (modello scoperto dall’artista sulla grata di una finestra di una caserma dei pompieri a Zurigo) rispetta lo stile art-nouveau dell’edificio. Ma l’artista gli ha dato una nuova interpretazione, in armonia con la sua relazione con il mondo.
“Per me, tutti i movimenti del 20° secolo sono importanti, dice Carron. Concentro il mio sguardo su l’uno o l’altro lato, cambio in continuazione. Per me è come una televisione: faccio zapping in qualsiasi momento. Per queste opere, qui a Venezia, ero sul canale 60, quello degli anni ’60, quello del neorealismo”.
Questo è uno dei motivi che spiegano la presenza di un ciclomotore Piaggio del 1967. Valentin Carron lo ha accuratamente restaurato, ma senza preoccuparsi di essere fedele al modello originale. Durante il suo lavoro, si è interrogato sia sui desideri dell’adolescenza e il limite di velocità sia sulla tonalità di colore corretta.
La 55a Biennale di Venezia si ispira all’utopia architettonica dell’italo-americano Marino Auriti (1891-1980), che nel 1955 immaginò un museo di 136 piani, a Washington, per ospitare tutto il sapere del genere umano.
Per la Biennale di Venezia, il “Palazzo enciclopedico” si traduce nell’esposizione di circa 4’500 opere create da 158 artisti provenienti da 37 paesi.
L’esposizione di quest’anno comprende 88 padiglioni nazionali. Tra gli Stati presenti per la prima volta, da segnalare il Vaticano.
La Biennale di Venezia conta inoltre 47 eventi paralleli. Tra questi, un “Salon Svizzera” nel Palazzo Trevisan degli Ulivi, che ospita una serie di conferenze e dibattiti.
Inaugurata il 1° giugno, la 55ª edizione si svolge fino al 24 novembre. Si attendono mezzo milione di visitatori.
La Biennale d’Arte di Venezia si tiene ogni due anni dal 1895. Ogni nazione partecipante dispone del proprio padiglione.
Reinterpretazione
La forza innovativa di Valentin Carron va oltre la fonte originale. Riesce a dare nuovi contenuti a una forma già nota.
“Lega i discorsi identitari e di recupero, senza essere moralista, osserva Giovanni Carmine. Valentin Carron restituisce tecniche e idee estetiche interessanti che, nel corso del tempo, sono state dimenticate o reinterpretate in modo equivoco”.
Come la serie di strumenti musicali originariamente creati con una lega di rame e zinco. Sono stati poi calpestati, impastati e infine fusi in bronzo. La tecnica è quella del neorealismo francese, ma l’atto di distruzione degli strumenti viene dal movimento punk. Questi strumenti sono esposti all’interno e all’esterno del padiglione e si fondono con le mura a cui sono appesi. Prestando attenzione ai dettagli, si vede che queste opere sembrano simili, in realtà non lo sono.
La stessa illusione esiste con i sei quadri in fibra di vetro e resina acrilica. Imitano il cemento, in completo accordo con la materia prima utilizzata per realizzare il padiglione svizzero. Le fessure colorate dei “vetri” disegnati sulla superficie riproducono il vetro che si vede sulla facciata della Reale Accademia di Belle Arti di Bruxelles. Tutti diversi, sono un omaggio ai dipinti astratti del modernismo.
“Non ho un materiale preferito, afferma Valentin Carron. Ogni materiale mi offre l’opportunità di incontrare nuove persone, di utilizzare nuove tecniche per raggiungere altri risultati”. La sua intenzione è di dare vita a un’arte che rispetti l’architettura, senza alcuna pretesa di trasmettere un messaggio attraverso le sue opere. “Quello è un compito dei politici e dei filosofi”, dichiara con un pizzico di ironia.
Valentin Carron è nato nel 1977 a Martigny (in Vallese).
Dopo una formazione alle scuole d’arte a Sierre (Vallese) e a Losanna, nel 2000 ha iniziato la carriera artistica.
La sua notorietà ha ampiamente superato i confini nazionali. In particolare, nel 2010, il Palais de Tokyo a Parigi gli ha dedicato una personale.
La giuria della Fondazione Pro Helvetia lo ha scelto per rappresentare la Svizzera a Venezia alla Biennale 2013.
L’opera di Valentin Carron è solo la punta dell’iceberg della vita culturale svizzera alla 55a Biennale di Venezia.
Nel padiglione centrale il pubblico può scoprire per la prima volta in Italia il famoso Libro rosso dello psicanalista Carl Jung (1875 – 1961), o per esempio i grandi disegni geometrici di Emma Kunz (1892 – 1963), una serie di sculture in argilla di Peter Fischli (1952) e David Weiss (1946 – 2012), le danze macabre di Jean-Frédéric Schyder (1945).
Nello spazio espositivo dell’Arsenale sono in mostra opere di Pamela Rosenkranz (1979), del pioniere della fotografia aerea Eduard Spelterini (1852 – 1931), dello scultore Hans Josephsohn (1920 –2012) e del pittore Hans Schaerer (1927 – 1997).
(Traduzione: Sonia Fenazzi)
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