Yello, i techno alieni zurighesi venuti dallo spazio
Acclamati pionieri della musica techno e tuttora capaci di riempire le sale da concerto sull'onda di una carriera che abbraccia quattro decenni, gli zurighesi Yello hanno appena vinto lo Swiss Grand Award for Music. In un'intervista a SWI swissinfo.ch, rivelano il segreto del loro successo: non preoccuparsene.
Boris Blank è la mente musicale del duo, ma confessa di non saper leggere uno spartito. Dieter Meier, la voce, ha imparato a cantare sul campo. Insieme sono gli Yello, probabilmente la band svizzera più influente della storia e di maggior successo a livello globale. Questi due presunti dilettanti non potrebbero essere più diversi l’uno dall’altro: Boris, il timido genio che si nasconde dietro ai singolari campioni sonori del gruppo, e Dieter, autore dei testi e frontman, che è al contempo imprenditore anticonformista, bohémien, artista concettuale e giocatore d’azzardo.
Gli Yello hanno così tante contraddizioni nel loro DNA che è difficile spiegare come il duo abbia avuto immediato successo globale fin dagli inizi, cioè nei primi anni ’80. Forse è perché sono sempre stati alla larga da mode e movimenti.
Blank e Meier hanno accettato di fare due chiacchiere con SWI nel loro studio sulle colline che dominano Zurigo, ma hanno insistito per essere intervistati uno dopo l’altro e non insieme. Abbiamo chiesto al loro manager se questo significa che non si rivolgono più la parola, per quanto qui mostrino affetto fraterno e si scambino battute. “È un matrimonio di 40 anni”, ha risposto, “e ognuno di loro ha il proprio stile e la sua personalità”.
>> Guarda l’intervista agli Yello (in inglese):
Musica da guardare
Il percorso musicale degli Yello è sfaccettato, e va oltre la musica pop e l’elettronica. I loro video prodotti negli anni ’80 furono tra i più creativi e brillanti trasmessi da un’ancora giovane e fresca MTV, il canale americano via cavo che rese i videoclip una forma d’arte. Al punto che il loro primo video, realizzato per il brano ‘Pinball Cha Cha’ nel 1981, fu incluso in una mostra di videoarte del 1985 al Museum of Modern Art (MoMA) di New York.
Scene variopinte e montate in modo grossolano, narrazioni nonsense e recitazione clownesca davano corpo ai loro ritmi elettronici, che andavano oltre l’esclusiva, impenetrabile sfera della musica di sintesi realizzata negli anni 70 da artisti quali Brian EnoCollegamento esterno, Robert FrippCollegamento esterno, i Pink Floyd o i Kraftwerk.
Gli Yello rivendicano di non avere nulla a che fare con i pionieri della musica elettronica. “I Kraftwerk sono l’esatto opposto degli Yello. Sono minimalisti, mentre noi siamo piuttosto dei girovaghi nella giungla dei suoni. Ci lasciamo ispirare dalle situazioni”, spiega Meier, prima di impegnarsi in un lungo apprezzamento di Blank.
“Non parte mai dal concetto di scrivere una canzone. Comincia con alcuni suoni, come in un dipinto grezzo, e andiamo in studio solo con un’idea di base, lasciando che le cose evolvano in modo improvvisato”.
I suoni di Blank, però, non vengono dal nulla. “Mi interessavano molto la musica francese sperimentale e la scena musicale industrial britannica degli anni ’70 stile ‘Warm LeatheretteCollegamento esterno‘ dei Normal”, dice, rievocando le influenze degli inizi. Anche come dilettante, Boris è sempre stato un appassionato ricercatore di suoni, che produceva con i primi sintetizzatori e oscillatori e usando ogni genere di effetto “per rendere la musica più umana”.
Boris voleva che la musica elettronica potesse anche divertire e diffondere gioia, non solo nei concerti, ma anche nei video.
I videoclip degli Yello erano il risultato di anni passati da Meier a dilettarsi con l’arte concettuale e il cinema sperimentale. “[Quando nacque MTV] eravamo certamente pronti, perché io ero già un cineasta indipendente, sperimentavo con la mia cinepresa 16mm”. Non c’erano responsabili marketing a guidare la band. Meier fu lasciato totalmente libero di scrivere, produrre, dirigere e montare i videoclip. Questa autonomia era, ed è ancora, un raro privilegio nell’industria musicale globale.
Outsider cronici
Il duo non ha mai sventolato una bandiera svizzera per indicare le proprie origini, e il mondo del pop non si chiedeva da dove venissero. Per il loro pubblico, Blank e Meier potevano anche essere alieni venuti dallo spazio. Alcuni brani colpirono il pubblico hip-hop, che pensava che gli Yello fossero rapper neri della West Coast. “Agli inizi, sembrava che la nostra musica negli Stati Uniti interessasse solo a giovani neri”, ricorda Meier.
Questa riservatezza, che riflette un po’ un atteggiamento tipico svizzero, è ciò che li ha aiutati a mantenere la loro autonomia -anche all’apice del successo- con le grandi etichette discografiche con le quali lavoravano (la Mercury negli Stati Uniti e la Elektra nel Regno Unito). Un altro fattore era il loro essere outsider.
Blank e Meier erano entrambi ben sopra i 30, quando gli Yello divennero famosi. Piuttosto maturi, per delle nuove facce del pop. Venivano da Zurigo, città che fino ad allora non si era mai particolarmente distinta nella scena musicale globale. A cavallo tra gli anni ’70 e ’80, la città svizzera viveva il suo personale e tardivo ’68: scontri tra giovani e polizia, occupazione di edifici abbandonati, collettivi artistici, ritrovi e feste illegali, una scena punk arrabbiata e pesante uso di droghe a scena aperta.
Gli Yello nacquero in questo contesto, ma non vi presero praticamente parte. Né sono mai stati avvistati nella scena rave e nella miriade di sottospecie (house, jungle, trance, drum’n’bass, e così via) che contribuirono a creare. Innumerevoli dj hanno copiato o campionato i suoni di Boris. Alcuni dei più influenti, come Carl Cox o Carl Craig, sono stati in pellegrinaggio a Zurigo per estrarre un po’ d’oro dalla miniera di Boris -la sua enorme raccolta di campioni sonori- per le loro esibizioni.
I primi anni. ‘Lost Again’ (1983) e ‘Oh Yeah’ (1987):
In fatto di soldi
Prima degli Yello, Meier aveva un atelier nella Rote Fabrik, uno stabilimento zurighese abbandonato e occupato da un collettivo anarchico che oggi è uno spazio d’arte alternativo ma istituzionalizzato. Artista concettuale, Meier era un frequentatore abituale dei piccoli circoli bohémien della città, un bon-vivant benestante e dandy, nonché un giocatore d’azzardo (“non ero un giocatore”, corregge, “ero un drogato di poker”).
Non preoccuparsi del successo fu probabilmente più facile per lui – già ricco prima di diventare multimilionario grazie alle sue molte iniziative imprenditoriali- che per Blank, il quale invece si guadagnava da vivere con ogni genere di lavoro, incluso guidare autocarri (“molto male: in sei mesi ho avuto quattro incidenti”). Gli va però riconosciuto di non aver mai avuto paura di assumersi dei rischi.
Quando non era intento a fare musica o giocare a golf (altra dipendenza confessata), Meier ha investito in un grosso appezzamento di terreno in Argentina, dove alleva bestiame e produce vino biologico venduto nei suoi ristoranti e negozi in Svizzera. Ma gestisce i suoi affari con la stessa disinvoltura che aveva con gli Yello?
Se gli si chiede come ha accolto la notizia dello Swiss Grand Award for Musica, Meier suona sorpreso: “Abbiamo vinto? Quindi dobbiamo partecipare alla cerimonia?” Probabilmente sì, è un premio piuttosto ufficiale, dotato di 100’000 franchi. Ma non ci dice cosa pensa del riconoscimento e l’ammontare del premio non lo fa sobbalzare.
Il futuro è in corso
Meier e Blank non hanno grandi piani per il futuro degli Yello, ma ciò non significa che riposino sugli allori. “Il mio più grande sogno”, rivela Blank, “è tenere un concerto a Las Vegas per festeggiare il 90esimo compleanno di Dieter” (che oggi ha 77 anni). I due hanno concesso qualche sporadica esibizione negli ultimi anni, ma sono impegnati perlopiù in progetti solisti.
Blank è ancora piuttosto attivo nella creazione dei suoi paesaggi sonori. Al momento, sta componendo le musiche per un’installazione artistica che sarà inaugurata a ottobre nel futuristico paesaggio di Bishopsgate, a Londra, e di recente ha sviluppato l’applicazione per smartphone Yellofier per registrare e campionare ogni genere di suono e trasformarlo in musica.
Meier, invece, non è granché entusiasta dei circuiti dell’arte in generale, e meno ancora della scena di Zurigo. “Sono tempi piuttosto tristi. Gli ultimi 10, 15 anni a Zurigo sono stati molto poco entusiasmanti. Sfortunatamente, il Kunsthaus è diretto da gente mediocre, che segue mode noiose”. [Tra le altre cose, il Museo di belle arti di Zurigo -Kunsthaus- è al centro delle polemiche per aver accettato la controversa collezione Bührle, commerciante di armi sospettato di aver accumulato opere d’arte saccheggiate o vendute sotto coercizione da collezionisti ebrei in fuga dal Nazismo].
Meier vuole tornare a girare film, cosa che non è riuscito a fare negli ultimi 15 anni. “Sono uno che ha molti dubbi in qualsiasi cosa si cimenti”. Ma quando giri un film, chiarisce, devi essere pragmatico: non c’è spazio per il dubbio.
È lo stesso approccio che avevano gli Yello agli inizi, ricorda Dieter. “Non avevamo scelta. Per fare quel che dovevamo fare diventammo molto originali, specialmente Boris. Non abbiamo mai cercato di far colpo sulla gente. L’improvviso riscontro del pubblico fu una sorpresa. Sorprendevamo costantemente anche noi stessi, col nostro lavoro. Senza mai pensare al successo.”
Traduzione dall’inglese di Rino Scarcelli
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