180° e la vita non è più la stessa
Un uomo e la sua sete di vendetta. Un incidente stradale che sconvolge la vita di diverse famiglie, unendole nella rabbia e nel dolore. È quanto propone il film "180°" del regista svizzero Cihan Inan, in concorso al Festival del film Zurigo.
È l’aprile del 1986 quando un impiegato comunale apre il fuoco contro i suoi colleghi. Accecato dalla rabbia e dal risentimento, passa di ufficio in ufficio e con una freddezza agghiacciante uccide cinque persone. Zurigo guarda sconvolta il volto del 45enne Günther Tschanun e si scopre fragile di fronte a questo raptus omicida impossibile da prevedere e forse anche da immaginare.
Ad oltre vent’anni di distanza la storia di Tschanun rivive in tutta la sua drammaticità grazie a “180° – Wenn deine Welt plötzlich Kopf steht”, una pellicola di Cihan Inan presentata in prima mondiale al Festival del Film di Zurigo.
«Avevo appena 17 anni, ma mi ricordo ancora l’immagine di quell’uomo sulle copertine di tutti i giornali», ci spiega il regista elvetico. «Non era il volto di un folle, ma quello di una persona calma, quasi gentile, angelica. Quell’immagine mi ha perseguitato per anni, finché ho deciso di raccontarne la storia».
Il lungometraggio di Cihan Inan si apre proprio con il ritratto di quest’uomo sconvolto, senza parole, incredulo di fronte alla sua stessa violenza. La notizia dell’omicidio è il “fil rouge” di una giornata che sconvolge la vita di persone sconosciute riunite attorno allo stesso dramma. Il loro mondo viene improvvisamente stravolto per il semplice fatto che si sono trovate nel luogo sbagliato al momento sbagliato.
In un solo istante, la loro vita viene messa sottosopra, capovolta di 180°. Un titolo che, per il regista elvetico, sta a simboleggiare anche la rabbia che caratterizza i protagonisti e che porta alcuni di loro a compiere azioni estreme.
Quando le certezze vengono meno
Al di là della trasposizione del caso Tschanun, “180°” ripercorre il destino di due famiglie – una turca e una tedesca – che in seguito a un incidente stradale si intreccia con quello di Esther e Peter. Di ritorno da una festa, questa coppia svizzera all’apparenza “perfetta” travolge due adolescenti innamorati, Kemal e Sabine, uccidendo quest’ultima e ferendo gravemente il giovane turco.
Sullo sfondo emergono interrogativi di natura esistenziale riguardanti l’identità e i rapporti umani che rimettono in questione le proprie certezze. Nell’intento del regista, tuttavia, la pellicola non vuole essere soltanto un dramma, ma un omaggio alla vita, all’umanità e al coraggio di affrontare le sfide quotidiane.
Forte delle sue origini turche, Cihan Inan ha scelto di trasporre sul grande schermo l’immagine di una Zurigo multiculturale, giocando con quei cliché culturali che, malgrado la difficile convivenza, riescono a far sorridere. «Nel film si percepisce chiaramente l’incomprensione e forse il risentimento iniziale dei tedeschi contro i turchi, degli svizzeri contro i tedeschi e dei turchi contro gli svizzeri e i tedeschi. Come dire… siamo meglio noi…. Eppure alla fine riescono a superare le barriere etniche e a comunicare, anche se forse non a parole».
È sicuramente degna di nota la scena in cui i genitori dei due ragazzi si ritrovano in una camera di ospedale e cercano invano di esprimere il proprio dolore pur sapendo che per l’altro il linguaggio utilizzato resterà incomprensibile. E così quello che all’apparenza può sembrare un dialogo tra sordi si trasforma in una ricerca di comprensione reciproca.
Diversi episodi per un unico film
In lizza per L’Occhio d’oro (“Das Goldene Auge”) nella categoria film in lingua tedesca, “180°” rappresenta la Svizzera assieme ad altri due film: “Stationspiraten”, di Mike Schaerer, e “Zu zweit”, di Barbara Kulcsa. Le sette opere in concorso sono state scelte tra le 150 proposte per la loro identità ben definita e per il messaggio chiaro che esse veicolano, ha ricordato alla stampa il direttore Karl Spoerri.
“180°” è un film costruito ad episodi che per ritmo e struttura ricorda il mondo del teatro dal quale il regista e molti attori provengono. Peccato che malgrado gli sforzi, il regista non riesca sempre a condurre per mano lo spettatore, perduto in questo marasma di storie e personaggi.
Ufficialmente alla sua opera prima, Cihan Inan non è un volto nuovo nel mondo del cinema. In passato aveva infatti già realizzato un film in Turchia (“Pelotudo”), basato su un romanzo di Nick Cave. Un misterioso furto lo ha però privato del materiale originale. “180°” nasce anche dalla voglia di riscatto di Cihan Inan, intenzionato a riappropriarsi in qualche modo di questo suo figlio perduto.
Origini: Giunto alla 6° edizione, il Festival del Film di Zurigo si presenta come la seconda rassegna cinematografica più importante della Svizzera, dopo il Festival del film di Locarno. Quest’anno può contare su una sessantina di film e numerosi cortometraggi.
Concorso: Le tre categorie principali del Festival – “Competizione internazionale del film”, “Competizione germanofona del film” e “Competizione internazionale del documentario” – presentano la prima, la seconda o la terza opera di giovani registi.
Retrospettiva: cavallo di battaglia di molti festival, la retrospettiva zurighese è consacrata al regista Milos Forman.
Tappeto rosso: come da tradizione, anche quest’anno il Festival di Zurigo ospita personaggi di spicco del mondo del cinema, tra cui il regista americano Oliver Stone e gli attori Denny DeVito, Frank Langella e Johanna Wokalek.
Finanziamento: la rassegna zurighese può contare su un budget di 4,1 milioni di franchi (3,8 nel 2009), di cui l’80% circa è frutto di diversi partenariati. Confederazione, cantoni e comune contribuiscono soltanto per il 7%.
Con cinque prime mondiali e una coproduzione, il Festival del film di Zurigo dà spazio quest’anno a un’importante selezione di opere svizzere.
La saga svizzero-tedesca “Sennentuntschi”, di MIchale Steiner, è il film d’apertura della rassegna, mentre “Bon Appetit” di David Pihillos è in gara nella competizione internazionale.
Nella competizione in lingua tedesca figurano tre lungometraggi svizzeri su sette:
– “180°”, di Cihan Inan, ruota attorno al tema del destino e delle diverse modalità di reazione di fronte a un dramma;
– “Stationspiraten”, di Mike Schaerer, dipinge il ritratto di quattro adolescenti affetti da un cancro;
– “Zu zweit”, di Barbara Kulcsa, ritraccia la vita di una giovane coppia la cui relazione viene duramente messa alla prova;
Tra i documentari in competizione figura infine “The rising sun”, di Fabian Kimoto, che racconta la storia del gruppo multiculturale di breakdance Roc Kidz Crew.
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