Annemarie Schwarzenbach, un’artista dai molti volti
Il museo Strauhof di Zurigo dedica un'ampia esposizione ad Annemarie Schwarzenbach, scrittrice, giornalista e fotografa, riscostruendo la vita e l'opera di una nomade moderna inquieta e trasgressiva.
Con “Annemarie Schwarzenbach. Vedere una donna”, il museo Strauhof di Zurigo presenta una delle figure più sfuggenti e interessanti della scena culturale svizzera degli anni 30. Basta fermarsi un momento a guardare il grande manifesto che la ritrae, esposto all’esterno del museo per percepirlo: quegli occhi bassi, su un volto serio e misterioso dalla bellezza androgina, sembrano nascondere pene invisibili.
Scrittrice di romanzi e racconti, di articoli e di reportage di viaggi, sempre alla ricerca di nuove terre e storie umane da immortalare con la penna ma anche con la macchina fotografica, Annemarie Schwarzenbach ha attraversato la sua epoca come una meteora.
Ed è con un flash di grande effetto che la mostra ha scelto di introdurre il visitatore nella breve ma intensa vita di questa donna. Da una passerella di legno si vedono scorrere per terra, come un corso d’acqua, le immagini in bianco e nero che la riprendono giovane insieme alle foto scattate da lei stessa in 10 anni di viaggi continui in ogni parte del mondo, mentre la lettura di alcuni suoi scritti accompagna questo lento fluire.
“Annemarie Schwarzenbach – lei stessa lo sapeva – non aveva un volto unico, ma era una donna dai molti aspetti. Questo ho tentato di far vedere”, spiega lo storico e anche pronipote Alexis Schwarzenbach, che ha curato l’esposizione.
Un inizio che sembra un romanzo
Già il momento della sua nascita sembra presagire una vita rocambolesca. Nella seconda sala, dove – attraverso foto, brevi testi, qualche oggetto e i passaporti tappezzati dai timbri dei paesi in cui ha viaggiato – è ricostruita la sua vita, viene raccontato un episodio curioso.
Il 23 maggio del 1908, giorno in cui nasce Annemarie, a Zurigo fa caldissimo, ci sono 28°, ma improvvisamene la temperatura cade e la sera inizia a nevicare. Il mattino dopo la città è ricoperta da una coltre bianca.
“La vita di Annemarie Schwarzenbach inizia in questo modo ed è piena di incidenti di questo tipo”, racconta Alexis Schwarzenbach. “La sua è una storia quasi da non credere, che a raccontarla sembra quasi un romanzo.”
Uno sguardo alla vita privata
Annemarie Schwarzenbach nasce in una delle più facoltose famiglie di industriali della Svizzera dell’epoca, in un ambiente borghese e conservatore che negli anni 30 non celava la propria simpatia per il nazismo.
L’atteggiamento trasgressivo e anticonformista di Annemarie, le sue posizioni antinaziste, l’omosessualità vissuta apertamente e manifestata anche nei racconti e negli scritti autobiografici, il consumo di morfina, la spinsero presto a uno scontro dilaniante con la famiglia.
“La sua vita privata era dominata da un lato dal conflitto con la sua famiglia e la famiglia dei Mann, un conflitto emozionale ma anche politico, perché lei era di sinistra mentre la sua famiglia era molto di destra, pro-nazista”, precisa Alexis Schwarzenbach.
“Ma nella vita privata c’era anche l’amore. Lei non ha mai trovato una compagna per sempre ed era in continuazione alla ricerca dell’amore vero. Dall’altro lato c’era il problema della droga, un problema grandissimo per lei.”
Documenti sconosciuti
Nella corso della sua vita Annemarie Schwarzenbach ha scritto moltissime lettere. La maggior parte di quelle che lei ha ricevuto – come sottolinea la mostra – sono state distrutte dalla madre subito dopo la morte della scrittrice.
Ma molte di quelle scritte dalla Schwarzenbach sono state ritrovate in archivi privati e vengono qui presentate per la prima volta. Ci sono lettere ai genitori e agli amici e tra queste, quelle inviate a Erika e Klaus Mann, i figli dello scrittore Thomas con cui rimase in contatto per tutta la vita.
La mostra espone inoltre alcuni referti medici delle case di cura dove la Schwarzenbach cercò periodicamente di disintossicarsi dalla morfina ma anche quelli agghiaccianti del 1942 quando, dopo la caduta in bicicletta in Engadina, fu rinchiusa in un manicomio perché considerata schizofrenica e curata con elettroshock e punture di insulina, che la debilitarono nel corpo e nella mente.
Un racconto inedito
Nella sala in cui sono raccolti i suoi lavori – i libri, gli articoli, i reportage e le fotografie che documentano i viaggi, fatti quasi sempre in automobile con amiche che spesso erano anche le sue amanti – sono presentati anche alcuni manoscritti tra cui un racconto inedito.
“Eine Frau zu sehen – Vedere una donna – è il titolo di un racconto che ho trovato nel fondo Schwarzenbach a Berna”, spiega Alex Schwarzenbach. “Si tratta di una scoperta completamente inaspettata perché quel fondo è nella Biblioteca Nazionale da quasi 30 anni.”
Scritto a 21 anni “Eine Frau zu sehen” – che ha dato il titolo alla mostra – è stato pubblicato ora in occasione del 100° anniversario. In questo racconto ambientato in Engadina, sua terra prediletta, l’autrice ha tematizzato per la prima volta ed esplicitamente la propria omosessualità.
swissinfo, Paola Beltrame, Zurigo
La mostra dedicata ad Annemarie Schwarzenbach, “Vedere una donna”, in corso al Museo Strauhof di Zurigo, rimarrà aperta fino al primo giugno 2008. L’esposizione è accompagnata da un voluminoso catalogo (420 pagine) in tedesco, una sorta di biografia illustrata che raccoglie sia le foto fatte da Annemarie Schwarzenbach nel corso dei suoi viaggi in Oriente, Africa e America, sia quelle che altri fotografi hanno scattato a lei.
Oltre al catalogo e a un racconto giovanile inedito – intitolato “Eine Frau zu sehen” nel quale l’autrice tematizza per la prima volta ed esplicitamente la propria omosessualità -, in occasione del 100° anniversario della sua nascita, su di lei sono state pubblicate recentemente altre tre nuove biografie in tedesco.
Annemarie Schwarzenbach nasce a Zurigo nel 1908 in una delle più facoltose famiglie di industriali svizzere. Terza di 5 figli, già a 17 anni decide di diventare scrittrice. Studia storia a Parigi e Zurigo dove si diploma nel 1931.
A 22 anni incontra Erika e Klaus Mann – figli dello scrittore Thomas, da allora in poi presenze costanti e determinanti nella sua esistenza – con cui condivide idee di sinistra e una vita bohémien che l’allontanano radicalmente dal suo ambiente familiare.
Nel 1931 pubblica il suo primo romanzo “Freunde um Bernhard” e si trasferisce a Berlino per dedicarsi alla scrittura, ma la ricerca di un’identità letteraria la spinge a partire. Nel 1932 assume per la prima volta morfina e finisce nella morsa della droga da cui cercherà di liberarsi più volte in cliniche private svizzere e americane.
Dal 1933, per quasi 10 anni, lavora come giornalista e fotografa per riviste e giornali svizzeri viaggiando in tutto il mondo.
Nel gennaio 1935 tenta per la prima volta il suicidio. La casa di Sils (Engadina) diventa il suo rifugio prediletto in Svizzera. Nello stesso anno si sposa con il diplomatico francese Claude Clarac.
Nel 1942 cade da una bicicletta a Sils procurandosi una lesione alla testa che la tiene in coma 3 giorni. Muore a novembre dello stesso anno nella sua casa di Sils a soli 34 anni.
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