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Barry, il cane di San Bernardo diventato eroe nazionale

Barry
Barry esposto al Museo di storia naturale di Berna. Lisa Schäublin/NMBE

Perché, 200 anni dopo la sua morte, un cane svizzero imbalsamato è famoso in tutto il mondo? swissinfo.ch ha seguito le tracce del mito che circonda Barry, per scoprire la verità su un cane e i suoi compagni.


Per molti svizzeri, il nome di Barry è indissolubilmente legato all’immagine di un cane di San Bernardo con la botticella appesa al collo.

Secondo la leggenda, quel cane avrebbe salvato 40 vite umane– tra cui un bambino semicongelato raccolto nella neve e trasportato sulla schiena fino all’ospizio – prima di essere ucciso con un colpo di baionetta da un soldato di Napoleone, che lo avrebbe preso per un lupo.

Mostra su Barry

«Barry – il leggendario cane di San Bernardo» è una mostra permanente nel Museo di storia naturale di Berna, inaugurata nel giugno del 2013, esattamente due secoli dopo la morte del famoso cane.

L’esposizione, multimediale e interattiva, non racconta solo la storia di Barry, ma si occupa anche di quella dell’ospizio del Gran San Bernardo e dei monaci che ci hanno vissuto, oltre che del soccorso alpino.«La sua storia rimane grandiosa: correre in giro per le montagne per salvare delle persone. Dà un messaggio di speranza e credo che questa combinazione ne faccia anche oggi un buon ambasciatore per la Svizzera» dice Michael Keller, vicedirettore di Berna Turismo.

La verità è meno drammatica e più sfumata, come si può apprendere visitando una nuova mostra permanenteCollegamento esterno nel Museo di storia naturale di Berna. «Se siete un santo o una persona molto famosa, anche la vostra morte deve essere speciale. Non potete semplicemente morire nel vostro letto!», esclama Marc Nussbaumer, archeozoologo e consulente scientifico del museo bernese.

Invece pare che Barry sia proprio morto a letto o meglio nella cuccia. Il decesso sarebbe avvenuto nel 1814 a Berna, dove il cane dopo anni al servizio dell’ospizio del Gran San BernardoCollegamento esterno e ormai vecchio e stanco era stato portato due anni prima.

Rimane un mistero perché un dipendente del monastero abbia portato il cane dodicenne nella capitale svizzera. Nussbaumer, autore di un libro su Barry, pensa che gli si volesse affidare un ruolo educativo, «come nelle favole», per far conoscere il lavoro dei canonici agostiniani dell’ospizio del Gran San Bernardo.

In ogni caso, alla sua morte Barry era già piuttosto famoso. Nel 1816 Friedrich Meisner, un professore di storia naturale di Berna, scrisse: «Mi pare bello e anche confortante pensare che questo cane fedele, salvatore di molte persone, non sarà dimenticato in fretta dopo la sua morte».

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La stirpe dei San Bernardo: perché Barry ha la testa grande

Questo contenuto è stato pubblicato al La storia di Barry è anche la storia dell’allevamento di cani. Se lo si osserva nell’allestimento quasi sacrale della mostra a Berna, non si può evitare di notare che Barry appare più come un fiero e atletico labrador che come un massiccio cane di San Bernardo.

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Buon naso

L’ospizio del Gran San Bernardo è situato a quasi 2500 metri di altitudine sull’infido passo del Gran San Bernardo, che collega Martigny in Vallese a Aosta in Italia. Ha fornito cibo e alloggio ai viaggiatori per quasi un millennio. Si ritiene che l’ospizio e i suoi cani abbiano salvato almeno 2000 vite umane, nel corso della storia.

Mentre i canonici passavano i loro giorni e spesso le loro notti a pregare e ad accudire i loro ospiti, guide locali pattugliavano le mulattiere alla ricerca di chiunque fosse stato sorpreso dal maltempo in un ambiente difficile come quello dell’alta montagna. A metà del XVII secolo queste guide cominciarono a farsi accompagnare da cani robusti, bastardi di ogni razza.

«Con tre o quattro cani pesanti che vi precedono è più facile muoversi nella neve», osserva Nussbaumer. «Prima di tutto sanno dove stanno andando. Poi comprimono la neve, per cui è più facile camminare. Inoltre hanno un buon fiuto – tutti i cani hanno un buon fiuto – e se sentono qualcosa avvertono i loro padroni».

L’esperto rammenta infine che Barry non era un cane da valanga che localizzava i viaggiatori sepolti dalla neve e che li diseppelliva. «Era solo un cane tra molti altri cani che vivevano nell’ospizio del Gran San Bernardo».

Nuovo ruolo

Oggi in ogni caso i cani di San Bernardo non sono più impiegati in operazioni di salvataggio. «Sono troppo pesanti per essere calati da un elicottero con una guida ed essere ritirati su», spiega Rudolf Thomann, direttore della Fondazione BarryCollegamento esterno di Martigny, l’organizzazione responsabile dell’allevamento dei cani di San Bernardo.

Uno spiritoso spot pubblicitario della Rega, la principale organizzazione svizzera per il soccorso aereo, rende bene l’idea dei tempi che cambiano. Un generoso discendente di Barry fa del suo meglio per rispondere alle chiamate d’emergenza, ma deve ben presto riconoscere i suoi limiti. 

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Viste le mutate condizioni, i cani di San Bernardo, che possono pesare fino a 100 chilogrammi, sono impiegati ormai in ambiti in cui possono mettere a frutto altri loro talenti, tra cui in particolare la grande pazienza.

«Sono cani molto socievoli. Li impieghiamo in case di cura per anziani o per disabili. Due anni fa abbiamo avviato anche un programma per giovani con problemi comportamentali. Abbiamo organizzato due campi nel 2012, sei nel 2013 e quest’anno almeno 12. Il successo è enorme», dice Thomann. Al momento la Fondazione Barry ha 34 cani di San Bernardo, compresi sei maschi – uno dei quali è sempre chiamato Barry, in onore del suo antenato. Ogni anni nascono circa 20 cuccioli, che in buona parte sono venduti. Un cucciolo di San Bernardo costa 2400 franchi svizzeri (circa 2000 euro).

Ambasciatore

Quindi sebbene Barry, nato nel 1800, l’anno in cui Napoleone attraversò le Alpi passando per il San Bernardo, non sia stato il primo cane da salvataggio, è certamente il più famoso. Sulla sua storia sono stati scritti libri e girati film che pongono al centro i temi classici del pericolo e della salvezza, dell’eroismo e della tragedia, per non parlare dell’affidabilità svizzera.«È come la cioccolata e il formaggio. Direi che Barry è al terzo posto e funziona per tutti, grandi e piccini».

Keller spiega che Barry rimane molto popolare soprattutto in Asia. «Molti giapponesi vengono a Berna. Non sanno molto della città, ma sanno degli orsi e di Barry e chiedono dove lo possono trovare ».

Per Nussbaumer, il motivo della popolarità di Barry risiede soprattutto nel fatto che ha avuto la fortuna di essere imbalsamato. «È stato messo in mostra e tutte le storie che riguardano i cani e le buone azioni da loro compiute sono state concentrate su di lui. Per me è un caso di primus inter pares. Semplicemente è rappresentativo per tutti i cani degli ultimi 300 anni».

Smitizzare

Secondo Marc Nussbaumer, nessun cane da salvataggio dell’ospizio ha mai portato una botticella piena di cordiale. «Si dice che l’abito fa il monaco. Nel mio libro ho scritto che la botticella ha fatto il San Bernardo. È come un logo, una marca. Un grande cane bianco e marrone con una botticella è subito identificato come San Bernardo».

E che dire del bambino semicongelato trasportato sulla sua schiena? «Questa storia circolava già prima che Barry morisse. I cani di San Bernardo non sono in grado né fisicamente né psicologicamente di compiere una simile azione».

E poi non è stato ucciso dalla 41esima persona che cercò di salvare – uno dei soldati di Napoleone che lo aveva preso per un lupo? Nussbaumer ammette che alcuni elementi della storia potrebbero essere veri – all’epoca nella regione vivevano dei lupi e alcuni soldati che avevano servito sotto Napoleone ritornarono a casa passando per il Gran San Bernardo – ma Barry è certamente morto in pace a Berna nel 1814.

Traduzione di Andrea Tognina

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