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Daniele Finzi Pasca: la gioia di raccontare storie

Un momento dello spettacolo "Nebbia" ZVG

Il regista svizzero Daniele Finzi Pasca inaugurerà a Mosca con un suo spettacolo i festeggiamenti in occasione del 150esimo anniversario della nascita dello scrittore russo Anton Cechov.

Il ticinese Daniele Finzi Pasca, già ideatore della cerimonia finale di chiusura delle Olimpiadi di Torino del 2006 e autore di spettacoli premiati in tutto il mondo, sta per presentare al pubblico un’altra avventura con il suo Teatro Sunil: onorare la memoria di Anton Cechov con uno spettacolo – “Donka. Una lettera a Cechov” – che il 29 gennaio segnerà l’inizio del Festival a lui dedicato.

Donka è il nome della canna da pesca che il grande drammaturgo russo utilizzava volentieri nelle pause della sua tormentata professione di medico e di scrittore. Finzi Pasca porterà sulla scena un mondo magico, nostalgico e poetico le cui immagini poggeranno sulle scenografie di Hugo Gargiulo e saranno accompagnate dalle musiche di Maria Bonzanigo eseguite dell’orchestra Rachmaninov di Mosca.

Swissinfo.ch ha intervistato Finzi Pasca a pochi giorni dalle anteprime della rappresentazione, che avranno luogo dal 12 al 17 gennaio al Théâtre de Vidy di Losanna.

swissinfo.ch: Per quale motivo gli organizzatori hanno incaricato Lei di realizzare questo spettacolo su Cechov?

Daniele Finzi Pasca: I motivi esatti che hanno condotto i responsabili russi a questa scelta sono francamente misteriosi anche per me [ride]. Scherzi a parte, probabilmente ha avuto un ruolo il fatto di aver partecipato quattro anni or sono al Festival Cechov con lo spettacolo “Rain”, prodotto dal Cirque Eloise, che avuto un successo davvero notevole. Nel 2008 è stata la volta di “Nebbia”, seguita dal monologo “Icaro”.

Diciamo che si è probabilmente verificato una sorta di colpo di fulmine tra il mio lavoro e la Russia, segnatamente il direttore del Festival Valery Chadrin, ciò che ha dato luogo a questo mandato.

swissinfo.ch: In che modo si è avvicinato a un personaggio come Anton Cechov?

D. F. P.: Io non sono un esperto dell’opera di Cechov, quindi ho deciso di occuparmi della vita di questo artista partendo da certi aspetti del suo spirito e della sua capacità di tratteggiare i personaggi che mi incuriosivano. Inoltre, mi sono anche concentrato sul suo modo di affrontare l’esistenza quotidiana.

swissinfo.ch: Il suo lavoro le ha portato riconoscimenti e notorietà in tutto il mondo. In Svizzera vi è considerazione per l’attività artistica?

D. F. P.: La Svizzera è fatta di tante diverse Svizzere. Certe aree del paese possono contare su strutture, su una tensione artistica particolare, che le rende differenti dalle altre. Per esempio, a Zurigo o Ginevra le condizioni sono diverse rispetto al Ticino.

Vi sono moltissimi creativi provenienti dal Ticino – e non si tratta di un fenomeno recente: basti pensare agli architetti che nell’Ottocento hanno dato origine a grandi opere, segnatamente in Russia – che si fanno apprezzare per la qualità del loro lavoro a livello internazione. Ciononostante, chi sceglie questo tipo di attività viene ancora considerato per certi versi come esponente di una sorta di marginalità associata al concetto di artista, anche se la situazione sta mutando.

swissinfo.ch: Quali sono dunque gli elementi che determinano il successo per chi intraprende una carriera artistica?

D. F. P.: È necessaria testardaggine, voglia di riuscire. Il buon esito non dipende però unicamente dai meriti personali, serve anche la fortuna. A volte vi sono degli allineamenti planetari favorevoli: per esempio quando la persona giusta, quella che ti può aiutare, è presente al momento giusto a un tuo spettacolo.

swissinfo.ch: Lei fa spesso riferimento alle sue origini, in particolare alla sua infanzia nel quartiere di Molino Nuovo, a Lugano. Quale è l’influenza delle radici sull’attività professionale?

D. F. P.: Quando mi viene chiesto se dal profilo artistico mi sento svizzero o italiano, cito il quartiere di Molino Nuovo perché non so cosa significhi essere svizzeri o italiani nel senso culturale del termine. So però di raccontare storie che appartengono a un quartiere.

Di conseguenza, a chi mi interroga su questo tema rispondo che provengo da un piccolo quartiere di Lugano, dove ho le mie radici, dove m’ispiro, dove ritorno con l’immaginazione e dove ancoro le vicende che racconto.

Raccontiamo storie di Molino Nuovo, ma il nome della nostra compagnia – Teatro Sunil – è quella di un ragazzo indiano. Sin dall’inizio abbiamo voluto essere raccoglitori di storie: viaggiamo, impariamo nuove storie, raccontiamo le nostre.

swissinfo.ch: La sua professione la porta a lavorare e vivere per lunghi periodi lontano dalla Confederazione. Vi sono degli aspetti che le mancano, o che non le mancano affatto?

D. F. P.: Ancora una volta, parlare della Svizzera in sé mi risulta piuttosto complicato. Quando sono lontano, mi mancano gli amici, mi mancano alcuni bar, mi mancano certi sapori, mi manca il lago di Lugano, mi manca la possibilità di salire sul Monte Lema.

Ho però la fortuna di svolgere un mestiere molto particolare: viaggio molto, ma in un modo speciale. Esiste una sorta di empatia, di fratellanza tra la gente di teatro. Si cambia paese, ma si incontrano persone simili, anch’esse alla ricerca nella stessa direzione. Ci si trova quindi subito in famiglia.

Inoltre, il mio lavoro è caratterizzato dall’attenzione per il dettaglio, per il particolare. Racconto vicende di una persona: per me è quindi molto difficile parlare in termini generali, di categorie nazionali.

Andrea Clementi, swissinfo.ch

Daniele Finzi Pasca nasce a Lugano nel 1964. È regista, autore, coreografo e clown. Ha fondato il Teatro Sunil nel 1983.

Il regista ha scritto e diretto una trentina di opere che hanno fatto il giro del mondo. Fra le più note figurano Nomade e Rain (Cirque Eloize), Nebbia (Cirque Eloize in coproduzione con il Teatro Sunil), Corteo (Cirque du Soleil) e diversi spettacoli del Teatro Sunil.

Il suo monologo Icaro è stato portato in scena più di 700 volte in tutto il mondo. Daniele Finzi Pasca ha inoltre firmato la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Torino del 2006.

Nel 2007 Daniele Finzi Pasca si è aggiudicato lo Swiss Award nella categoria spettacolo ed è stato nominato per il “Desk Award” a Broadway. Nel 2008 ha vinto il Premio svizzero della scena.

Anton Pavlovic Cechov (1860-1904) è un medico russo, che si è dedicato prevalentemente all’attività letteraria. Malato di tubercolosi, ha trascorso una vita ritirata presso Mosca e in varie località climatiche europee.

Autore di racconti e di opere teatrali, ha messo in scena il dramma delle esistenze imprigionate nelle convenzioni della società provinciale o dalle aspirazioni disilluse.

Alcuni suoi titoli (Il gabbiano, 1895; Zio Vania, 1897; Le tre sorelle, 1901; Il giardino dei ciliegi, 1904) sono considerati fondamentali nella storia del teatro moderno.

Tra le caratteristiche della sua opera figurano «la capacità di introspezione e la dolorosa contemplazione dell’incapacità di vivere dei suoi personaggi».

Fonte: Dizionario delle arti Zanichelli

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