«Il diritto penale non può castigare lo spirito»
Il comico Dieudonné, accusato di antisemitismo, non dovrà probabilmente ingaggiare un braccio di ferro giudiziario con la Svizzera per potersi esibire. La città di Nyon, vicino a Ginevra, non intende vietare lo spettacolo previsto a inizio febbraio. E la giurisprudenza elvetica gioca a favore dell’umorista francese.
Le affermazioni e le reazioni razziste di Dieudonné sono oggettivamente inammissibili, sottolinea Marc Bonnant, noto avvocato ginevrino e profondo conoscitore di teatro e cabaret. Si può però per questo vietare il nuovo spettacolo del comico intitolato “Il Muro” – come chiesto dal ministro dell’interno francese Manuel Valls – senza conoscerne il contenuto?
Per il legale ginevrino, bisogna innanzitutto considerare la nozione di libertà di espressione. «Si dice che questo spettacolo sia deleterio non sulla base di una constatazione, bensì su quella di un timore o di una voce di corridoio», osserva Marc Bonnant. «Vietarlo significa dunque sanzionare un pensiero che si suppone oscuro. Il diritto penale non può però castigare lo spirito. Il suo scopo è punire degli atti. In Svizzera, come d’altronde in altri paesi europei, abbiamo leggi che condannano il razzismo. Esiste quindi una procedura penale. Ma questa si adotta dopo aver commesso il delitto».
A Nyon, località del canton Vaud di circa 20’000 abitanti, “Il Muro” sarà di scena nella sala comunale di Marens dal 3 al 5 febbraio 2014. Olivier Mayor, incaricato della cultura a Nyon, non ha intenzione di vietare lo spettacolo.
Accogliendo un ricorso del governo, il Consiglio di Stato della Repubblica francese ha annullato giovedì 9 gennaio 2014 una decisione presa poche ore prima dal tribunale amministrativo di Nantes e ha nuovamente vietato lo show del comico Dieudonné, accusato di antisemitismo.
I giudici di Nantes avevano ribaltato in precedenza una decisione della prefettura, che vietava lo svolgimento dello spettacolo di Dieudonné, previsto lo stesso giorno nella città francese.
La prefettura aveva agito su sollecitazione del governo, in seguito alle affermazioni antisemite dell’umorista.
Il governo socialista, ed in particolare il ministro dell’interno Manuel Valls, si è promesso di «rompere la meccanica dell’odio» sviluppata dal comico.
Sebbene le uscite antisemite e razziste di Dieudonné siano state ampiamente condannate dalla classe politica e dai media, il divieto preliminare dei suoi spettacoli, che alcuni assimilano a una censura, ha suscitato dibattiti e malessere in Francia, anche in seno alle associazioni contro il razzismo e alla maggioranza di sinistra.
In passato, una quindicina di municipalità francesi hanno tentato di vietare i suoi spettacoli. La giustizia amministrativa si è però sempre espressa in modo opposto, in nome della libertà di espressione.
Condannato a nove riprese per i suoi eccessi verbali, Dieudonné rifiuta di pagare i 65’000 euro di multa e rischia teoricamente la prigione.
Fonte: AFP
Non sostituirsi alla giustizia
Olivier Mayor giustifica la sua posizione con tre argomenti. «Innanzitutto, [vietare lo show] significherebbe vittimizzare Dieudonné e fargli una bella pubblicità. Inoltre, non mi intrometto nei contratti che autorizzano i festival, le associazioni o i produttori indipendenti ad affittare la sala di Marens. E da ultimo, non voglio sostituirmi alla giustizia svizzera, che già si è espressa su Dieudonné».
Nel 2009, il Tribunale federale ha sconfessato la città di Ginevra, la quale aveva negato al comico francese l’affitto della sala dell’Alhambra. In altre parole, la più alta istanza giudiziaria svizzera aveva vietato di vietare, facendo valere la libertà di espressione. «La città non si è comunque per questo fatta intimidire», afferma oggi Patrice Mugny, ex ministro della cultura di Ginevra.
«Anche se avessimo dovuto pagare una grossa multa, all’epoca ci siamo detti che non avremmo mai più accolto Dieudonné nella nostra città. Soprattutto dopo quanto successo nel 2004», ricorda Patrice Mugny.
Le scuse inutili di Dieudonné
Anche nel 2004, Dieudonné era stato accusato di antisemitismo per le sue affermazioni apparse sulla stampa francese. Ginevra, che doveva ospitare il suo one man show “Il divorzio di Patrick”, si era chiesta se non fosse stato il caso di annullare lo spettacolo. La città l’aveva alla fine autorizzato, dopo le scuse espresse dal comico alla comunità ebraica.
«Le sue scuse non sono servite a nulla siccome Dieudonné ha poi ricominciato», osserva Patrice Mugny. «Ciò che sta succedendo oggi dimostra che si tratta di un eterno dibattito, che ogni volta rilancia la questione della libertà di espressione. Non provo alcuna simpatia per questo comico, ma non possiamo nemmeno zittire tutti i provocatori del pianeta. Ad ogni modo, ci sarà sempre qualcuno che rinascerà dalle loro ceneri».
Il grande fermento che “Il Muro” sta provocando in Francia riflette le attuali debolezze del governo, ritiene Marc Bonnant. Secondo l’avvocato, le autorità francesi sono motivate da una visione morale e da una necessità politica. «Possono far valere la loro indignazione, ma non dispongono di mezzi politici per intervenire».
«La dimensione assunta da questo fenomeno – prosegue – va ben oltre la necessità di rispettare i valori repubblicani. In fondo, il comico costituisce un punto di incontro di un governo allo sbando, consapevole che fintanto che parlerà di Dieudonné, eviterà di affrontare i veri problemi».
Una democrazia pacata
La Svizzera e la Francia: due paesi, due concezioni diverse della libertà. La Francia «si vanta di avere inventato la libertà», commenta Marc Bonnant. «La pratica però in modo molto limitato». Forse, aggiunge, ha qualcosa da farsi perdonare in relazione al suo passato politico.
«Non solo non la smette di espiare la sua coscienza sporca, ma dà segnali di pentimento. In primo luogo esprimendo propositi confortanti ad esseri umani che la storia ha potuto ferire. Poi rimanendo nel discorso morale che consiste nell’enunciare il bene per mantenere lontano il male che pensa di aver fatto».
«La Svizzera, dal canto suo, non ha inventato i diritti dell’uomo», aggiunge Marc Bonnant. «Anche la sua storia presenta dei lati oscuri. La sua attitudine nei confronti del Terzo Reich è stata lungi dall’essere esemplare. Tuttavia, la Svizzera è oggi una democrazia pacata ed equilibrata. I suoi politici non sono alla ricerca perpetua e frenetica dell’elettorato. La sua libertà risiede proprio in questa calma».
Dieudonné M’Bala M’Bala è nato in Francia l’11 febbraio 1966 da madre francese e padre camerunese.
Umorista e militante, una decina di anni fa ha iniziato a frequentare negazionisti ed estremisti. Eppure, aveva iniziato la sua carriera con Elie Semoun, un umorista di origine ebraica. La coppia aveva raccolto parecchio successo negli anni Novanta.
La “svolta” di Dieudonné è avvenuta nel 1995, dopo l’omicidio di un francese di origini comoriane commesso da militanti di estrema destra. Nel 1997 si è presentato a un’elezione legislativa contro il Fronte Nazionale (estrema destra), dove ha raccolto il 7,74% dei voti. Voleva anche partecipare alle presidenziali del 2002, ma vi ha rinunciato a causa della mancanza del patrocinio degli eletti.
Le sue prese di posizione sulla stampa hanno sollevato parecchio clamore: nel 2002 ha detto che gli «ebrei» formano «una setta, un imbroglio», mentre di Bin Laden ha affermato che «suscita rispetto».
Tra le amicizie di Dieudonné figurano poi personaggi controversi. Tra questi: il negazionista Robert Faurisson, il saggista di estrema destra Alain Soral, il terrorista venezuelano “Carlos” o ancora l’ex capo di Stato iraniano Mahmoud Ahmadinejad (Teheran ha cofinanziato il suo film, “L’antisemita”).
Nel 2008, il fondatore del Fronte Nazionale Jean-Marie Le Pen è diventato il padrino del suo terzo figlio. L’anno successivo, Dieudonné è stato a capo di una lista antisionista alle elezioni europee.
È in quell’occasione che ha lanciato la “quenelle”, un gesto che secondo alcuni è un atto di denuncia del sistema, per altri un saluto nazista al contrario.
Fonte: AFP
Traduzione dal francese di luigi Jorio
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