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Il patrimonio come fattore di sviluppo

daniele Mariani, swissinfo.ch

Entrare a far parte della lista del Patrimonio mondiale dell'Unesco costituisce senza dubbio un grande onore per una città e può dare una spinta allo sviluppo urbano. A patto però di non adagiarsi sugli allori, avverte il geografo Nicolas Babey.

Le città neocastellane di La Chaux-de-Fonds e Le Locle figurano da fine giugno nella lista elaborata dall’Unesco. Le ricadute che un simile marchio può avere su una regione non si limitano però solo al turismo, analizza Nicolas Babey, geografo e specialista di marketing cognitivo.

Secondo il professore della Scuola universitaria professionale Arc (HES-Arc, nei cantoni di Neuchâtel, Berna e Giura), grazie a questa etichetta il patrimonio può entrare a far parte della coscienza collettiva della popolazione e fungere da stimolo per uno sviluppo futuro.

swissinfo.ch: Negli ultimi anni il marchio ‘Patrimonio mondiale dell’Unesco’ è sempre più ambito. Non vi è il rischio che a medio termine, con il moltiplicarsi dei siti iscritti in questa lista, questo marchio in definitiva perda valore?

Nicolas Babey: È chiaro che più il marchio è utilizzato, più perde il suo valore distintivo, ciò che in termini di marketing è un controsenso.

Oggi la lista comprende 890 siti. Sono tanti? Sono pochi? È una questione di punti di vista. Bisogna però precisare che in ambito urbano ci sono poche città classificate come oggetto Unesco. In questo senso il potenziale di distinzione di questa etichetta è sempre valido. L’importante, però, è di non considerarla una sorta di vitalizio.

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swissinfo.ch: Si dice spesso che per vivere a La Chaux-de-Fonds e a Le Locle bisogna esservi nati. In altre parole le due città non godono di una grande reputazione. In che misura l’iscrizione nel patrimonio mondiale dell’Unesco potrà cambiare questa immagine?

N.B.: Nell’ambito di un progetto di ricerca dell’HES-Arc, abbiamo creato uno strumento per valutare l’immagine delle città. Dall’analisi di La Chaux-de-Fonds è emerso che la città era particolarmente apprezzata da un segmento particolare della popolazione, ossia da famiglie piuttosto giovani di un livello socioculturale elevato, che amano in particolare il carattere conviviale di questa località.

Per contro, le fasce di popolazione con un livello socioculturale meno elevato hanno un’immagine molto più negativa di La Chaux-de-Fonds.

L’iscrizione nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco può generare un sentimento di fierezza e capovolgere molto rapidamente quest’immagine negativa, che le città hanno da parecchio tempo, soprattutto dopo la crisi orologiera degli anni ’70.

Ciò presuppone però un importante lavoro di informazione e di comunicazione, perché molta gente non capisce come mai queste due città, non particolarmente belle da un punto di vista estetico, siano state iscritte in questa lista.

swissinfo.ch: Per una città quali possono essere le ricadute, in particolare turistiche, di un simile marchio?

N.B.: Non vi è una relazione di causa ad effetto. Vi possono essere ricadute molto concentrate nel tempo. Ad esempio, dei gruppi potrebbero decidere di visitare la città quest’estate. Se però non si fa nulla, l’entusiasmo rischia di sgonfiarsi rapidamente.

Bisogna sicuramente sviluppare dei prodotti, delle prestazioni turistiche, sapendo che il marchio Unesco rappresenta un argomento di peso, in particolare quando si cercano dei ‘tour operator’ o fonti di finanziamento.

Le piante di La Chaux-de-Fonds e Le Locle, tracciate secondo uno schema aperto e in bande parallele, con un intreccio di zone abitative e di atelier, corrispondono ai bisogni della cultura professionale dell’orologeria che risale al XVII secolo, ma che è ancora oggi ben radicata. Il sito costituisce un esempio ragguardevole di città organizzate da un’attività mono-industriale, ben conservate e tuttora in attività. La pianificazione urbana si è adattata al passaggio da una produzione artigianale, col lavoro a domicilio, a una produzione manifatturiera più integrata, con le fabbriche del XIX e del XX secolo.

swissinfo.ch: E per quanto concerne gli altri settori economici?

N.B.: Vi potrebbero essere collaborazioni più forti con certi attori del settore orologiero, che potrebbero approfittare del label Unesco per aumentare il capitale della loro marca. Un’azienda che lavora nel settore del lusso potrà far valere le nozioni d’autenticità e di valore patrimoniale associate alle due città.

Ad esempio, quando si va ad Hong Kong e si apre una rivista specializzata si trovano fotografie del XIX secolo di Le Locle e di La Chaux-de-Fonds. C’è un interesse evidente delle marche orologiere di associare il territorio dove producono all’autenticità.

swissinfo.ch: Questo marchio Unesco non rischia però di costituire anche un freno allo sviluppo urbano? La città di Dresda, ad esempio, è stata ritirata dalla lista a causa del progetto di costruzione di un ponte…

N.B.: È un rischio, anche se le autorità comunali hanno sempre detto che non bisogna trasformare le città in un museo.

Più che porre un freno allo sviluppo, penso però che questa etichetta possa contribuire a una presa di coscienza collettiva e dare un colpo d’acceleratore a certe politiche, ad esempio a quelle in materia di mobilità dolce.

swissinfo.ch: Affinché questa etichetta non rimanga solo un argomento turistico, a suo avviso quali passi bisognerà intraprendere?

N.B.: Per portar avanti il progetto d’iscrizione nella lista dell’Unesco, le autorità si sono appoggiate anche sulla società civile, su diverse associazioni che possono fungere da mediatore per determinati progetti.

Nel quadro della nostra associazione “Mémoires du futur”, ad esempio, ci siamo detti: ‘Ecco, le autorità promuovono l’architettura, l’urbanismo, ma non c’è solo questo’. In questa regione c’è una capacità d’invenzione fenomenale, che non si limita all’orologeria. Qui sono stati inventati una moltitudine di oggetti, anche piccoli, nei settori più diversi, dall’automobile agli elettrodomestici, dalle tecnologie mediche all’arte…

L’obiettivo è di riallacciare i legami con questa tradizione dell’invenzione. Da qui l’ossimoro “Mémoires du futur” (Memorie del futuro, ndr), poiché non si inventa mai qualcosa se non ci si riferisce al passato.

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