Addio al premio Nobel Dario Fo
Dario Fo è morto mercoledì mattina a Milano a causa di una patologia polmonare di cui soffriva da tempo. Aveva 90 anni. Attore e drammaturgo, scrittore e sceneggiatore, pittore e regista, la sua eredità culturale è immensa. Omaggio dagli archivi della Radiotelevisione svizzera.
“Seguendo la tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere restituendo dignità agli oppressi”. Con queste parole nel 1997 l’Accademia svedese aveva motivato la scelta di consegnargli il Premio Nobel.
Un’onorificenza che lui ha sempre detto dovere esclusivamente a Franca Rame, sua moglie e compagna, non solo nella vita, ma anche sul palco, morta tre anni prima di lui.
Creatore di un teatro anticlericale, satirico e politicamente impegnato, Fo ha avuto stretti legami con la Svizzera, vicino alla quale abitava da bambino, quando ancora credeva, come gli avevano raccontato, che oltre il confine i tetti erano fatti con tegole di cioccolato.
“Non esagero. Sono venuto a recitare un centinaio di volte in tutta la Svizzera”, aveva detto in un’intervista rilasciata alla RSI nel 2014, ricordando che in molte occasioni era stato invitato da emigrati (non soltanto italiani, ma anche portoghesi, spagnoli, africani), che gli chiedevano di parlare dal palco dei loro problemi e rendere così solidale la popolazione nei loro confronti.
Nella stessa intervista ha inoltre tenuto a sottolineare come il gramelot, il linguaggio che utilizza in una delle sue opere più famose, “Mistero buffo”, ha attinto molte delle sue caratteristiche dalle lingue retoromanze, come il ladino e il romancio.
Da riascoltare, Dario Fo ospite della RSI (Millevoci, 4 febbraio 2016)
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