Trascorrere l’estate sull’alpe e accudire una mandria di vacche nutrici non è un gioco da ragazzi. Christian Hänny lo fa per mestiere e passione. Si prende amorevolmente cura dei 75 capi di bestiame dell’alpe Porteiner, nel cantone dei Grigioni. Noi abbiamo trascorso alcune ore con lui e sua moglie. Reportage.
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Non contenta di occuparsi dei fatti suoi, Susan ha studiato giornalismo a Boston per avere la perfetta scusa di mettersi nei panni degli altri. Quando non scrive, presenta e produce podcast e video.
Christian Hänny è un contadino in pensione che trascorre le estati su un alpeggio nelle Alpi grigionesi. Quando lo chiamo per fissare l’appuntamento, oltre alla sua voce, in sottofondo sento il suono dei campanacci delle mucche al pascolo; segno che al telefono ho la persona che stavo cercando.
«Certo! Lei è la benvenuta», risponde alla mia richiesta di trascorrere alcune ore in sua compagnia, avvisandomi però che in caso di nascita di un vitellino non avrà molto tempo per me. Infatti, uno dei compiti principali del pastore 67enne è proprio quello di assistere le mucche durante il travaglio e il parto sul Porteiner Alp, alpeggio nella regione della Domigliasca e dell’Heinzenberg. In estate, Christian Hänny si occupa di 75 vacche nutrici, metà delle quali erano gravide nel momento della salita all’alpe a metà giugno. In cambio riceve alloggio gratis, una paga mensile e, in regalo, un panorama straordinario.
In Svizzera non è certo l’unico a scegliere di trascorrere l’estate in montagna. Le attività sull’alpeggio, ossia la gestione degli animali, la fabbricazione di prodotti lattiero caseari, la cura del territorio, danno lavoro a migliaia di persone; nel solo cantone dei Grigioni sono circa 1500.
Viaggio emozionante
Raggiungo l’alpe dopo aver percorso una strada di montagna serpeggiante e piena di curve a gomito; un viaggio avventuroso e che mi ha regalato forti emozioni. Christian Hänny sta conducendo una mucca e il suo vitello in un recinto vicino al fienile. Mi dice di avvicinarmi per assistere alla scena: il vitello sta poppando avidamente le mammelle della madre senza curarsi della nostra presenza.
«È importante assicurarsi che stia davvero bevendo», mi spiega Christian, che a volte deve dare il biberon a quei neonati respinti inizialmente dalla madre oppure che non hanno ancora imparato ad attaccarsi alle mammelle. Soddisfatto di quanto ha osservato, il contadino in pensione lascia che mucca e vitello raggiungano il resto della mandria. Le altre vacche stanno brucando a piccoli gruppi sul pascolo lussureggiante, ripido e pieno di fiori selvatici che si estende su un’area di 180 ettari.
L’alpe accoglie animali destinati alla produzione di carne e non di latte. Le vacche nutrici hanno alle loro spalle varie gestazioni, mentre i vitelli hanno vita breve. Vengono macellati quando hanno 8-11 mesi. Poi il ciclo della vita ricomincia. Le mucche appartengono a diversi contadini della valle e quindi la mandria è composta di animali di diverse razze: Bruna svizzera, Simmental o Pinzgauer.
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Piccola escursione con Christian Hänny per portare le mucche al pascolo.
Christian Hänny, con la sua contagiosa allegria, non tarda certo a farsi degli amici. Dopo aver scattato alcune foto che lo ritraggono in compagnia della moglie Vreni e del cane Gin, mi chiede di unirmi a loro. Poi mi invita ad ammirare i fiori che adornano la baita e a cogliere alcune stelle alpine come ricordo.
Dopo un bicchiere di tè freddo, Christian dà un’occhiata ai miei scarponi. «Bene, vedo che ti sei messa le scarpe giuste», mi dice e poi mi chiede se voglio accompagnarlo a controllare il bestiame al pascolo.
Con bastone e sacco del pane secco per le mucche in spalla, Christian parte spedito. Anche se il termometro segna 30° C e il sole è a picco, non mette né capellino, né crema solare. «Sono abituato a stare all’aria aperta: questo mestiere mi mantiene in forma», mi dice, spiegandomi poi che ha un’anca artificiale. Intanto io spero soltanto di riuscire a mantenere il suo passo, munita naturalmente di copricapo, occhiali da sole, bottiglia dell’acqua e crema da sole protezione 50.
Dov’è Hulda?
Oggi, Christian è un po’ preoccupato perché non ha visto Hulda, una vacca nutrice che dovrebbe partorire nelle prossime due settimane. Quando si avvicina il momento del parto, il pastore preferisce avere la mucca vicino alla stalla per averla sottocchio.
Gli chiedo se durante il suo giro d’ispezione non gli è mai capitato di scoprire improvvisamente un vitellino appena nato. Mi guarda sorridendo e poi scuote la testa. Christian conosce ogni singola vacca per nome, il suo carattere, il giorno in cui dovrebbe partorire e sa naturalmente a chi appartiene.
Di solito il travaglio si svolge senza complicazioni. Quando il vitello fatica a nascere, gli lega una corda attorno alle gambe e aiuta così la mucca durante il parto.
«Quest’anno ho assistito a un parto gemellare. Senza il mio aiuto, i due vitelli sarebbero probabilmente morti», mi racconta. «Quando fai questo lavoro devi essere pronto ad accettare anche la morte». Se la situazione si fa davvero complicata, il pastore può chiamare il veterinario.
C’è anche il rischio che le mucche si facciano male, soprattutto sui pascoli particolarmente scoscesi. Durante la mia visita, una vacca gravida era «in infermeria» nei pressi della stalla. Ferita a uno zoccolo, l’animale non doveva camminare molto per trovare acqua ed erba.
Christian Hänny tratta tutte le 75 mucche in maniera uguale e senza fare delle preferenze. Mi confida tuttavia che ci sono delle vacche a cui è particolarmente affezionato. «Hanno fiducia in me e si avvicinano quando mi vedono. Quando c’è qualcuno con me sono più timorose», mi fa notare.
Predatori e turisti
«La mandria di quest’anno è molto tranquilla, una caratteristica piuttosto rara. Il modo in cui gli allevatori le trattano durante l’inverno si riflette sul loro comportamento in estate», spiega il contadino in pensione, convinto che alcune carezze e qualche pezzo di pane secco riescano ad ammansire anche l’animale più scontroso.
Christian Hänny ha trascorso la sua prima estate su un’alpe nei pressi di Rhäzuns. E nei paraggi, proprio in quel periodo vi era un lupo. Una situazione difficile da gestire per il pastore poiché la mandria era costantemente in allarme. «Anch’io non mi sentivo a mio agio poiché le mucche erano così inquiete», ricorda il contadino in pensione.
Ma sono piuttosto i turisti a mettere in agitazione la mandria, specialmente quelli che non mantengono le distanze. Inoltre le mucche non fanno alcuna distinzione tra lupi e cani. «Quando gli escursionisti hanno con sé dei cani, non posso garantire per la loro incolumità. Le vacche madri nutrici sono molto protettive», sottolinea Christian. Ne sa qualcosa il suo cane Gin che preferisce rimanere vicino alla baita piuttosto che seguire il padrone durante i giri di controllo.
Prima di accedere al pascolo occupato dalla mandria, alcuni segnali indicano ai turisti quale comportamento adottare per evitare spiacevoli esperienze con le vacche nutrici. Ci sono comunque degli escursionisti che abbandonano il sentiero ufficiale o si avvicinano troppo ai vitelli per osservarli da vicino. È una tentazione che provo anch’io, quando li vedo mentre brucano l’erba in una vallata.
«È come se fossimo all’asilo», dice Christian, sorridendo e spiegandomi che è normale che due vacche rimangano all’erta mentre le altre stanno brucando l’erba o abbeverandosi a una pozza d’acqua. Succede anche che la madre nasconda il piccolo nell’erba alta.
Bistecca di manzo à la minute
Dopo tre ore di passeggiata si fanno sentire la fatica e i morsi della fame. Christian, invece, è ancora fresco come una rosa, nonostante per lui sia già il secondo giro della giornata.
Di ritorno alla baita, Vreni mi chiede se voglio unirmi a loro per il pranzo. La cucina è semplice: fornello a gas e luce elettrica fornita da un pannello solare sul tetto.
«Non ti possiamo offrire un menu d’alta cucina, ma cose semplici e genuine», mi dice Vreni. «Insalata dell’orto, patate e bistecche di manzo à la minute». Avevo quasi già dimenticato quale fosse il destino dei vitelli, così amorevolmente accuditi dal pastore e da sua moglie.
Il giorno dopo telefono a Christian per chiedergli se ha delle novità su Hulda. Mi dice che ieri la vacca si trovava in una zona discosta, non visibile dal sentiero che avevamo percorso noi. E infine mi informa che poco dopo la mia partenza è nato un altro vitellino.
Traduzione di Luca Beti
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Perché abbiamo bisogno degli animali da allevamento tradizionali?
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Ricercatori svizzeri e agricoltori stanno lottando contro il tempo per salvare le antiche razze da allevamento, prima che queste vengano soppiantate da razze bovine più produttive. In Europa come in Africa, il bestiame tradizionale si adatta meglio alle condizioni locali e alle sfide ambientali.
Negli ultimi dieci anni, il numero di vacche lattifere in Svizzera è diminuito, ma ciononostante il settore caseario ha prodotto più latte. Capire il perché è facile: nel 2013, una mucca svizzera produceva in media 4 kg di latte in più al giorno rispetto al 2000, indica l’Ufficio federale di statistica.
L’aumento della produttività è in parte dovuto alla selezione delle razze allevate, che consente agli agricoltori di favorire il bestiame che presenta determinate caratteristiche. Questa selezione comporta però anche dei risvolti negativi: col tempo, il fatto di puntare troppo sulla produttività può condurre alla sparizione di alcuni tratti genetici, inclusi quelli che hanno consentito alle razze tradizionali di adattarsi al loro ambiente.
«Molte razze di origine svizzera sono a rischio siccome non sono altrettanto produttive di quelle moderne», dice a swissinfo.ch Catherine Marguerat dell’Ufficio federale dell’agricoltura (UFAG).
«Le razze [tradizionali] sono molto preziose per la Svizzera se si considerano i pericoli dei futuri mutamenti nell’ambiente. Queste razze sono solitamente molto robuste e potrebbero avere dei geni che consentono di affrontare meglio le sfide ambientali».
Un problema nei paesi di sviluppo
L’essere umano addomestica le specie animali da secoli. Il concetto di “razza” è però nato soltanto circa 200 anni fa, quando gli agricoltori iniziarono a selezionare alcuni animali sulla base delle caratteristiche fisiche che rendevano le bestie più interessanti per l’allevamento.
Stéphane Joost, ricercatore del Politecnico federale di Losanna (EPFL), stima che nel corso del XX secolo circa il 16% delle razze animali da reddito si è estinto, mentre il 15% è stato minacciato di estinzione a causa dell’allevamento selettivo.
Nei paesi in via di sviluppo, il problema della conservazione della diversità genetica delle razze da allevamento tradizionali è più grave che negli Stati industrializzati, tra cui la Svizzera, spiega Stéphane Joost, responsabile di un progetto di ricerca di recente pubblicazione della Fondazione europea per la scienza (FES), e coordinato dall’EPFL.
Con la promessa di una produttività a corto termine, molti agricoltori preferiscono le razze “cosmopolita” a quelle locali. Spesso, però, gli animali non autoctoni muoiono siccome non sono adattati al clima locale. Sono inoltre vulnerabili alle malattie del posto.
Ad esempio, il bestiame nel Burkina Faso è minacciato dalla tripanosomiasi, un’infezione parassitaria trasmessa dalla mosca tse-tse che causa la morte di un milione di animali all’anno. Le mucche della razza indigena Baoule presentano una resistenza genetica alla malattia. Quelle della razzia asiatica Zebuine, preferite per la loro forza e la loro produzione di carne e latte, sono invece estremamente vulnerabili.
Un team internazionale di ricercatori ha studiato la genetica delle due razze e gli sforzi degli allevatori per combinarle. Il loro scopo è di capire come meglio preservare la resistenza alla malattia delle Baoule e la robustezza fisica delle Zebuine. La FAO prevede di pubblicare i risultati del progetto della FES in forma elettronica e stampata, così da consentire agli agricoltori nei paesi in via di sviluppo di avere accesso alle informazioni.
Tradizione svizzera
Il progetto di ricerca della FES sul bestiame in Africa può essere implementato anche alla Svizzera, ritiene Stéphane Joost. «Con il riscaldamento globale, ad esempio, la Svizzera e altri paesi alpini saranno confrontati con condizioni più rigide rispetto alle nazioni circostanti con un territorio pianeggiante. A causa della sua topografia, buona parte dei bovini, delle pecore e delle capre sono sulle montagne».
Con l’aumento della temperatura, spiega, l’erba dei pascoli - che rappresenta la dieta principale della maggior parte delle vacche lattifere in Svizzera - crescerà a una quota più elevata sui versanti montani, più vicino alle vette rocciose. In questi habitat in altitudine, più aridi, l’erba è tuttavia destinata a diventare scarsa e meno nutritiva.
Una sfida dietetica che non dovrebbe comunque preoccupare i bovini d’Evolène della Val d’Hérens, in Vallese. La tradizionale razza svizzera, oggi minacciata di estinzione, ha una costituzione robusta e un metabolismo che le consente di sopravvivere anche quando le risorse alimentari sono limitate.
«È un vantaggio importante disporre di razze robuste e adattate che sono in grado di nutrirsi di un’erba di qualità potenzialmente inferiore, mantenendo però un alto livello di produzione», osserva Stéphane Joost.
Evolène, piccole ma robuste
Negli ultimi anni, le vacche d’Evolène si sono lentamente riprese grazie agli sforzi di conservazione della fondazione senza scopo di lucro ProSpecieRara e di allevatori indipendenti come Adrienne Stettler, proprietaria di una pittoresca fattoria a Utzigen, vicino a Berna. Oggi in Svizzera si contano tra i 400 e i 450 bovini d’Evolène, di cui 20 appartengono a Adrienne Stettler, che le alleva sia per la carne sia per il latte.
Malgrado la loro dimensione relativamente piccola - l’altezza al garrese è di 115-130 centimetri contro i 147 in media di una Holstein - le vacche d’Evolène sono delle buone produttrici di latte, con circa 5'000 litri all’anno, spiega Adrienne Stettler. Le Holstein possono produrre il triplo di latte, ma necessitano in compenso di più cibo e sono più esposte alle malattie.
Una razza ottimale
Negli ultimi dieci anni, spiega Catherine Marguerat, la Svizzera ha fatto dei progressi: ha accresciuto la dimensione delle popolazioni di razze di bovini rare, aumentato la diversità genetica, intensificato i programmi di conservazione e sensibilizzato il pubblico. C’è però ancora del lavoro da fare.
«Dobbiamo sviluppare dei piani di emergenza per le razze in via di estinzione nel caso in cui scoppiasse un’epidemia e costituire delle banche genetiche per pecore, conigli e galline. Dobbiamo inoltre incoraggiare un numero maggiore di allevatori a partecipare ai programmi di conservazione», afferma.
Per il futuro dei programmi di selezione del bestiame, sottolinea, sarà essenziale trovare un equilibrio tra l’adattamento genetico tradizionale e le caratteristiche moderne di produttività. «Una razza ottimale è quella che è bene adattata alle condizioni locali della Svizzera e che può nutrirsi principalmente di erba e fornire prodotti di alta qualità».
Catherine Marguerat e Stéphane Joost partecipano entrambi a GENMON, un progetto che coinvolge l’UFAG e l’EPFL e che dovrebbe essere lanciato l’anno prossimo. L’obiettivo è di sviluppare uno strumento per monitorare le risorse genetiche animali in Svizzera.
«[GENMON] permetterà alle associazioni di allevatori e al governo di valutare la sostenibilità delle attività di allevamento per le razze svizzere. Fornirà informazioni sul grado di rischio e la popolazione, integrando anche parametri socioeconomici e ambientali», indica Catherine Marguerat.
Animali più vulnerabili alle malattie
Il servizio di monitoraggio della biodiversità del Dipartimento federale dell’ambiente indica che, dalla seconda metà del XX secolo, l’agricoltura svizzera si concentra su un piccolo numero di razze da allevamento.
Oggigiorno, la perdita sempre più accentuata di razze animali è ulteriormente aggravata dall’aumento delle razze ibride moderne, più produttive. Con la riduzione della diversità genetica, le popolazioni di animali da allevamento tendono alla consanguineità e quindi a una maggiore uniformità, ciò che le rende più vulnerabili alle minacce esterne quali parassiti e malattie.
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