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Un genio letterario dal retino facile

Romanziere, poeta, traduttore, professore e appassionato di farfalle. Tutto questo era Vladimir Nabokov, trasferitosi in Svizzera all'inizio degli anni '60. Nella sua suite all'Hotel Palace di Montreux, nel canton Vaud, l'autore di «Lolita» si era costruito un mondo tutto suo. A 30 anni dalla sua morte, il barista dell'hotel lo ricorda come una persona «onesta e simpatica».

«Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un breve viaggio di tre passi sul palato per andare a bussare, tre volte, contro i denti. Lo. Li. Ta».

Quando Vladimir Nabokov, a metà anni ’50, terminò di scrivere quello che sarebbe diventato il suo romanzo più celebre, forse non si aspettava di ritrovarsi al centro di uno scandalo: le vicende amorose tra Lolita, giovane ragazzina americana, e Humbert, attempato professore europeo, avevano superato i limiti morali dell’epoca.

Nabokov non sapeva però neppure che alle critiche avrebbe fatto seguito il successo. Superando la soglia record di un milione di esemplari venduti in un anno, «Lolita» garantì a Nabokov fama e denaro. Una fortuna talmente cospicua da consentirgli di trascorrere quasi due decenni nella suite di uno degli hotel più prestigiosi della Svizzera, il Palace di Montreux.

Vicino a Milano

«Perché i miei genitori hanno scelto Montreux? Per una ragione molto commuovente: per non essere lontani da me», indica il figlio Dimitri, 68 anni, che trascorre la sua vita tra la località vodese sul Lemano e la Florida.

Deciso a stabilirsi in Svizzera, Nabokov cerca infatti una residenza permanente sufficientemente vicina a Milano, dove Dimitri cantava all’Opera, e nei pressi di Ginevra dove risiedevano alcuni parenti.

Dopo averci soggiornato nel 1959 durante una visita alla sorella, nel 1961 si stabilisce al Palace di Montreux assieme alla moglie Vera. «All’epoca, il tragitto tra le due città necessitava di due ore», ricorda Dimitri, appassionato di auto veloci.

Niente vodka

Come altri concittadini che l’hanno preceduto (Tolstoj, Dostoevskij, Bakunin o Lenin), Nabokov aveva subito il fascino del paesaggio. E come i principi e gli aristocratici russi della «Belle Epoque», aveva trovato nel lussuoso hotel una degna residenza per il suo soggiorno.

Dalla sua suite al sesto piano – «il quartier generale permanente», come la definiva la moglie – contemplava il lago Lemano, ai suoi occhi così simile al Mediterraneo.

«Adorava la regione e le Alpi», afferma a swissinfo Antonio Triguero, barista del Palace da 38 anni. «Ha trascorso gran parte della sua vita al sesto piano e ogni tanto si fermava al bar per mostrarmi con fierezza le farfalle che aveva catturato».

Contrariamente a quanto facessero i suoi connazionali – ricorda Triguero – beveva raramente vodka o altri alcolici. «Abbiamo trascorso dei bei momenti insieme: me lo ricordo come una persona onesta, gentile e simpatica».

Le farfalle di Nabokov

Quando non scriveva, Nabokov si dedicava alla sua altra grande passione: l’entomologia. «Amo la scrittura e la caccia alle farfalle, i piaceri più intensi che un uomo possa conoscere», ha affermato un giorno.

Armato di retino, partiva a caccia di farfalle lungo le sponde del Lemano e sulle montagne sopra Montreux, in quella che sarebbe diventata una delle collezioni più complete della regione.

Dalla fine degli anni ’70, il frutto delle sue lunghe passeggiate è conservato al Museo di Zoologia di Losanna. Vista l’amicizia tra Nabokov e il direttore dell’epoca, la moglie Vera ha voluto confidare al museo gli oltre 4000 esemplari raccolti.

Riordinare tutto quel prezioso materiale, non è stato per nulla evidente: «Quando ci sono state consegnate, le farfalle erano avvolte in sacchetti di carta. Ci sono voluti anni per prepararle e metterle in valore», ci dice Anne Freitag, conservatrice responsabile delle collezioni d’insetti del museo.

Collezione di valore

Oltre che per il valore legato al personaggio in sé, la collezione Nabokov si distingue per la sua rilevanza a livello scientifico: «Siccome si trattava di un ricercatore convinto e puntiglioso, disponiamo di informazioni precise su luogo e data della cattura, due dati estremamente utili», sottolinea Freitag.

«Si tratta inoltre di farfalle locali, alle quali siamo decisamente interessati. Diverse specie sono state raccolte in montagna, zone per le quali non si dispone di molto materiale», aggiunge.

Come si usa tra entomologi, Nabokov ha pure dato un nome a delle farfalle da lui scoperte. E una di queste – spiega Stefano Bartezzaghi, giornalista del quotidiano italiano «La Repubblica» – aveva nel nome un riferimento chiaro a Lolita. O meglio, a Lo-Li-Ta.

Vladimir Vladimirovich Nabokov nasce il 23 aprile del 1899 a San Pietroburgo da una nobile famiglia russa.

Dopo la rivoluzione del 1917, lascia il Paese per trasferirsi in Occidente (Gran Bretagna, Germania e Francia), dove realizza i suoi primi scritti in russo sotto lo pseudonimo di Sirin.

Nel 1940 approda negli Stati Uniti e qualche anno dopo ottiene la cittadinanza americana.

La sua opera più famosa è il romanzo “Lolita” del 1955, dal quale il regista Stanley Kubrick ne ha poi tratto l’omonimo film.

Trascorre gli ultimi anni della sua vita in Svizzera, dove alterna la sua attività letteraria a quella di entomologo, una passione coltivata fin dalla giovane età.

Nabokov muore a Montreux, sulle sponde del lago Lemano, il 2 luglio 1977.

1961-1977: Nabokov risiede assieme alla famiglia al Palace Hotel di Montreux.

Assieme alla moglie Vera, riposa ora nel cimitero di Clarens, a pochi chilometri da Montreux.

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