“L’Italia dovrebbe ispirarsi alla democrazia diretta svizzera”
Le condizioni per indire votazioni sono troppo facili: pur apprezzando la democrazia diretta elvetica, Davide Wüthrich mette in guardia contro i rischi di una banalizzazione dei diritti popolari. Il 27enne dottorando in ingegneria è una delle nuove voci della Quinta Svizzera, che hanno dato vita al Parlamento dei giovani svizzeri all'estero (PGSE). In una serie di interviste, swissinfo.ch dà la parola a 11 membri del comitato.
swissinfo.ch: Che obiettivi vorrebbe raggiungere come membro del PGSE, in Svizzera e in Italia, ossia nel Paese in cui risiede?
Davide Wüthrich: Mi piacerebbe veder fiorire e affermarsi una nuova piattaforma di contatto tra i giovani svizzeri all’estero, sviluppata DAI giovani PER i giovani, basata sui social network e sugli strumenti della nostra generazione, quali Facebook, Instagram e Twitter. All’interno di questa comunità mi piacerebbe partecipare a discussioni, racconti di esperienze di vita e dibattiti su argomenti di attualità. Vorrei che questa comunità diventasse un luogo per esprimere opinioni e per far sentire la voce dei giovani e i nostri bisogni, spesso dimenticati e non considerati dagli organi istituzionali.
Sarebbe bello poter organizzare eventi per conoscerci, trascorrere del tempo insieme, instaurare legami di amicizia duraturi e magari ritrovarci anni dopo per bere una birra dall’altra parte del mondo.
È importante che noi giovani possiamo riconoscerci come parte integrante all’interno di questa nuova comunità affinché ognuno possa contribuire al suo sviluppo, secondo le sue possibilità. Siamo tanti e siamo sparsi in tutto il mondo, viviamo vite diverse, ma siamo tutti svizzeri, anche se molto spesso dimentichiamo queste nostre origini, perché soffocati da usi e costumi del paese dove viviamo.
swissinfo.ch: Qual è la situazione della democrazia diretta in Italia? Ci sono degli strumenti che apprezza in modo particolare? E altri che le mancano?
D. W.: Il fatto di aver vissuto in Svizzera e in Italia mi ha permesso di acquisire una buona conoscenza di entrambi i sistemi politici. Pur essendo geograficamente vicine, la Svizzera e l’Italia rappresentano due situazioni diametralmente opposte per quanto riguarda la democrazia diretta.
Quando ho compiuto 18 anni, ho iniziato ad esercitare il diritto di voto in entrambi i paesi. Mi sono subito reso conto che in Svizzera si vota molto, a volte fin troppo spesso, ma implicitamente ho avuto l’impressione che la mia opinione contasse di più.
In Italia si elegge il parlamento ogni 5 anni e tra due votazioni il popolo è raramente chiamato ad esprimere una sua opinione, tantomeno a partecipare alla vita legislativa del paese. In Svizzera i referendum si tengono con una frequenza di quattro volte l’anno e la popolazione è costantemente resa partecipe dell’operato del parlamento, che deve rispondere ad un giudizio popolare continuo.
Personalmente trovo che la democrazia diretta svizzera sia una cosa bellissima, alla quale l’Italia dovrebbe ispirarsi. Ma la facilità con la quale si possono indire referendum e iniziative popolari può portare a votazioni su argomenti futili, distraendo l’opinione pubblica da problematiche ben più importanti.
swissinfo.ch: Nella maggior parte dei paesi, la partecipazione dei giovani a votazioni ed elezioni è inferiore a quella delle altre fasce di età. La democrazia diretta non sarebbe proprio il mezzo ideale per i giovani per sviluppare politiche che rispondano alle loro necessità e alle loro idee?
D. W.: Concordo pienamente sul fatto che noi giovani dovremmo utilizzare di più questo strumento per promuovere iniziative e far sentire la nostra voce. Ma il disinteresse dei giovani nei confronti della vita politica è un dato di fatto in tanti paesi del mondo, non solo in Svizzera.
Secondo me, non votare non vuol dire non avere un’opinione, bensì non dare abbastanza importanza alla problematica. Molto spesso noi giovani tendiamo ad alienarci dalla vita politica, poiché non ci riconosciamo nelle istituzioni.
Piattaforma per giovani svizzeri all’estero
Il Parlamento dei giovani svizzeri all’estero (PGSE) rappresenta ancora una novità, poiché esiste da pochi mesi. Sede dei lavori parlamentari è Internet: dibattiti e scambi tra i circa 350 membri, sparsi in tutti i continenti, avvengono attraverso i social media e skype.
swissinfo.ch ha intervistato 11 giovani svizzeri all’estero, che sono membri del comitato del PGSE. Ha in particolare tastato loro il polso sulla democrazia diretta nei rispettivi paesi di residenza e in Svizzera.
La democrazia diretta rappresenta uno strumento molto potente per tutti i cittadini, a prescindere dall’età. Ma molto spesso noi giovani incontriamo un problema in più: farci prendere seriamente dagli adulti e dalle istituzioni. Molto spesso i gruppi giovanili hanno a disposizione budget molto bassi che limitano i progetti e le attività, facendoli sentire impotenti e ininfluenti.
Un maggior coinvolgimento dei giovani nei processi decisionali potrebbe sicuramente risvegliare il nostro interesse e portare a una più attiva partecipazione; il PGSE va sicuramente in questa direzione.
swissinfo.ch: Dagli attentati di Parigi, l’Europa ha al centro delle preoccupazioni il terrore dell’autoproclamato Stato islamico. La lotta contro l’estremismo islamico, che significa anche limitazione delle libertà individuali, rappresenta un pericolo per la democrazia?
D. W.: Un più forte controllo da parte dello Stato, come quello a cui stiamo assistendo in Francia e negli Stati Uniti, per combattere l’estremismo islamico, sicuramente implica una limitazione delle libertà individuali. Ma questo non vuol dire che la popolazione non possa più esprimere la propria opinione tramite la democrazia diretta.
Secondo me, è importante porre l’accento sul fatto che viviamo all’interno di un mondo con relazioni internazionali molto complesse e a volte potrebbe risultare controproducente e rischioso coinvolgere la popolazione su questioni di cui non ha una visione completa.
Inoltre un più stretto controllo, soprattutto su internet e sui social network, nuoce solamente a chi ha qualcosa da nascondere. Chi invece continua ad agire nella legalità non ha nulla da temere.
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