Il popolo dovrebbe dare impulsi, non legiferare
Quest'estate – per l'esattezza il 5 luglio – l'iniziativa popolare federale ha compiuto 125 anni. Per l'anniversario non vi sono state grandi celebrazioni. Ciò è in fondo piuttosto sorprendente, considerata la rinomanza della "vecchia signora" e l'orgoglio con cui la Svizzera ufficiale la cita.
Se non occasione di grandi festeggiamenti, l’anniversario è almeno stato uno spunto di riflessione: qual è veramente il ruolo del popolo (e del suo diritto di iniziativa) nell’ambito dei rapporti tra le forze democratiche? E di conseguenza come dovrebbe essere sensatamente configurata l’iniziativa?
L’articolo 139 capoverso 2 della Costituzione federale oggi prevede due formulazioni per l’iniziativa: la proposta generica o il progetto elaborato. È però quasi esclusivamente quest’ultima forma che viene utilizzata. Essa consente ai promotori di portare al voto un testo costituzionale già bell’e pronto per l’applicazione.
Se si tratta solo per esempio di dichiarare il 1° agosto festa rimunerata ai sensi del diritto del lavoro (art. 110 cpv. 3 della Costituzione), questa formula funziona bene. Ma iniziative popolari così “semplici” sono davvero rare. Oggi, sono soprattutto problemi complessi che vengono fatti oggetto di iniziative popolari. Perciò sempre più spesso elaborare un testo costituzionale che sia legalmente, politicamente e linguisticamente adeguato e che possa essere implementato senza grandi difficoltà è al di sopra delle capacità dei promotori di iniziative.
Le lunghe discussioni e il fragore relativi all’attuazione di recenti iniziative popolari (come quelle sulle case secondarie, l’espulsione di stranieri che commettono reati, le retribuzioni abusive e l’immigrazione di massa) lo dimostrano molto chiaramente. Il “popolo” non è in grado di svolgere un lavoro legislativo professionale. Il suo ruolo è diverso: può e deve occuparsi della politica come una forza trainante, un piantagrane costruttivo o un organo di vigilanza. Inoltre l’iniziativa nella forma (trascurata) di una proposta generica, gli mette in mano lo strumento adeguato.
Questo articolo fa parte di una serie dedicata ai 125 anni dell’iniziativa popolare federale su #DearDemocracy, la piattaforma per la democrazia diretta di swissinfo.ch.
Il parlamento deve attuare obiettivi vincolanti
Così possono essere fissati degli obiettivi alle autorità che, a seconda delle circostanze, una volta sono definiti in modo approssimativo e un’altra volta in modo più preciso. Gli obiettivi sono però sempre vincolanti e raggiungerli è imperativo (il termine “proposta” suscita l’errata impressione che si tratti di semplici richieste o petizioni).
Spetta poi al parlamento definire “come” raggiungerli e formulare un testo costituzionale adeguato. Esso dispone – al contrario della popolazione – delle risorse necessarie per chiarire accuratamente le conseguenze politiche e legali di una “proposta popolare”. Questa suddivisione dei ruoli presuppone però fiducia nel lavoro delle autorità. Senza questa fiducia una democrazia non può comunque funzionare.
Considerando – in modo completamente oggettivo – le reali possibilità del “popolo”, per la forma della sua iniziativa ciò può significare una sola cosa: si deve dare la preferenza alla proposta generica rispetto al progetto elaborato.
Questo non conduce – come talvolta temuto – a uno smantellamento della democrazia, ma tutt’al più della democrazia fittizia. Poiché in fin dei conti, fare votare gli elettori su testi costituzionali (presumibilmente chiari) elaborati da loro stessi, sulla cui applicazione la politica deve poi dimenarsi per anni, testimonia una strana concezione della democrazia.
Ciò non aumenta la sensazione di essere presi sul serio. E chi non si sente preso sul serio, prova poca voglia di partecipare al “gioco” della democrazia diretta. L’affluenza alle urne, che in Svizzera da tempo si è stabilita attorno al 45%, dovrebbe far riflettere anche da questo punto di vista.
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