La società civile si rivolta contro gli autocrati
Per la prima volta da quasi due decenni, nel 2019 il numero di persone che viveva sotto un regime autocratico è stato superiore a quello delle persone in una democrazia. Ma il 2019 è anche l'"anno della protesta globale per la democrazia". Lo dimostra il nuovo rapporto annuale V-Dem, il più completo confronto internazionale sulla democrazia.
L’indice delle proteste a favore della democrazia è ai massimi storici. Nel 2019, una marea di persone è scesa in piazza per reclamare più democrazia a Hong Kong. Lo stesso è successo a Teheran, Varsavia o Santiago del Cile.
Ovunque la società civile è insorta contro il locale regime autocratico. Ha rivendicato con forza libertà di stampa, maggiori possibilità di partecipazione politica e il rigoroso rispetto dei diritti umani.
La rivolta dal basso si è nuovamente intensificata. Nel 2019, è stata ancora più frequente e intensa che nella fine dell’Unione Sovietica o durante la primavera araba, osserva l’istituto V-DemCollegamento esterno dell’università di Göteborg nel rapportoCollegamento esterno.
La ragione principale delle proteste diffuse è la continua autocratizzazione del potere politico. Anche le democrazie liberali si stanno erodendo. In un solo decennio ne sono scomparse otto.
In nessun altro luogo al mondo la situazione si è così tanto deteriorata in un decennio come nell’Ungheria di Victor Orban. “L’Ungheria è diventata la prima autocrazia nell’UE nel 2019”, si afferma nel rapporto dell’istituto universitario di Göteborg. La ragione principale è la politica restrittiva dei media, con una stampa controllata. L’attualità più recente conferma la tendenza. Il primo ministro Orban ha annunciato venerdì scorso di voler prolungare lo stato di emergenza da lui dichiarato per un periodo di tempo illimitato, senza alcun avallo del parlamento, in risposta alla crisi legata al coronavirus.
L’autocratizzazione è significativa anche in Polonia, dove la magistratura indipendente è stata limitata. Fuori dall’UE, ma sempre in Europa, molto preoccupante è la Serbia con la sua drastica censura da parte dello Stato.
L’evoluzione fortemente negativa è registrata anche in Turchia, India e Brasile. Lì è in atto un vero e proprio smantellamento delle libertà civili e dei diritti delle minoranze.
Il risultato è desolante. Ora il 54% della popolazione del nostro pianeta vive in un’autocrazia. Per la prima volta dal 2001, questa quota supera quella delle persone che vivono in una società democratica. Le autocrazie elettorali sono oggi il tipo di regime più comune. Sono la regola in 62 dei 179 stati esaminati. In questi casi, le elezioni formalmente esistenti ma politicamente inefficaci nascondono un governo autoritario. Il Medio Oriente è leader mondiale in questo campo, con effetti negativi nell’Africa settentrionale e nell’Europa del sud-est.
Le democrazie sono ancora un po’ più frequenti delle autocrazie elettorali. Per questo, però, bisogna sommare le 37 democrazie pure e le 50 democrazie elettorali. Queste ultime sono democrazie incomplete perché hanno lacune di libertà o di uguaglianza, di deliberazione o di partecipazione. Oppure le elezioni non si svolgono in modo “pulito”.
Il grafico indica l’evoluzione globale dei regimi autocratici (in rosso) e delle mobilitazioni di massa per la democrazia (blu).
Riguardo alle elezioni, anche la Svizzera ha ottenuto buoni risultati, ma con qualche distinguo. La riserva principale concerne la mancanza di trasparenza nel finanziamento dei partiti.
Tuttavia, i politologi di Göteborg, complessivamente non vedono in questo un problema generale di democrazia. Nel nuovo rapporto classificano la democrazia svizzera al quarto posto: dunque un passo avanti in graduatoria rispetto al quinto posto di un anno prima. La Svizzera ha ottenuto 83 punti, su un massimo possibile di 100, nell’anno elettorale 2019.
La Svizzera è un modello mondiale in fatto di partecipazione politica. Questo grazie ai diritti popolari, alla partecipazione della società civile e alle strutture decisionali decentrate.
La democrazia anglosassone è stata considerata a lungo un modello mondiale. La Gran Bretagna, con il suo modello di Westminster [sistema elettorale maggioritario puro per il parlamento, che produce governi monocolori stabili], si colloca ancora oggi al 13° posto. Gli Stati Uniti con la loro democrazia presidenziale sono ora solo al 36° posto.
Sembra che la competizione per il potere politico oggi si stia trasformando in una polarizzazione paralizzante e così alimenti la crisi della democrazia.
La novità sono le democrazie quasi interamente basate sul consenso in cima alla classifica dell’istituto dell’università di Göteborg. Oggi i paesi nordici fanno scuola in materia di democrazia e realizzano al contempo stabilità, successo economico e integrazione sociale.
Questa è un’altra lezione dell’anno della democrazia 2019!
Sistemi politici
Oggi è generalmente accettata la suddivisione in quattro tipi:
● Democrazie liberali o piene: diritti fondamentali garantiti, Stato di diritto, separazione dei poteri.
● Democrazie illiberali o pseudo-democrazie: elezioni libere ed eque. Diritti fondamentali sotto attacco, ad esempio la libertà di stampa.
● Regimi ibridi: elezioni, ma manipolate: diritti fondamentali sotto attacco, ad esempio la libertà di stampa. Stato di diritto e separazione dei poteri compromessi. Persecuzione degli oppositori politici.
● Autocrazie: monarchie assolute o dittature. Nessun vero pluralismo partitico. Elezioni manipolate. Solo media statali o vicini allo Stato. Censura, persecuzione dei critici.
(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)
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