Come vengono sondati in Svizzera gli effetti del populismo sulla società
La democrazia è sotto pressione, messa alle strette dall’insorgere un po’ ovunque di figure demagogiche e autoritarie. La ricerca sul populismo vive un periodo florido. Gettiamo dunque uno sguardo dietro le quinte del Centro per la democrazia di Aarau, che studia l’impatto dei regimi populisti sui diritti del popolo.
Questo articolo fa parte di #DearDemocracy, la piattaforma di swissinfo.ch sulla democrazia diretta.
Il Centro per la democraziaCollegamento esterno – un’istituzione scientifica per la ricerca di base, dove luminari di svariate discipline concorrono a indagare lo stato di salute della democrazia in Svizzera, in Europa e nel mondo intero – sorge in un’antica villa padronale sopra la cittadina di Aarau, nel canton Argovia.
Andreas Glaser, direttore della struttura, spiega le particolari modalità in cui lui e i suoi 45 colleghi sono chiamati ad operare: “Sin dal primo istante ci siamo dovuti dividere tra la ricerca di base vera e propria e le problematiche legate alla realtà dei fatti”.
Il Centro affronta anche tematiche che polarizzano l’opinione pubblica e pongono la comunità scientifica dinanzi a sfide scomode, come il voto elettronico o il fenomeno del populismo. “Proprio in qualità di giuristi abbiamo il nostro bel filo da torcere per trovare una definizione materiale di populismo”, afferma Glaser, professore di diritto a capo dell’istituto di ricerca assieme a un politologo e a una pedagogista.
Democrazia sul banco di prova
Stando ad approfondite analisi effettuate su vasta scala – come ad esempio da Freedom HouseCollegamento esterno o da Economist Intelligence UnitCollegamento esterno – il notevole slancio di democratizzazione che ha investito il passaggio di millennio si sta inesorabilmente spegnendo. E c’è di più: ultimamente numerosi Paesi hanno visto l’ascesa di formazioni populiste che si sono insediate al potere con intenzioni egemoniche “in nome del popolo”, ponendo apertamente in discussione i diritti umani fondamentali.
Tra i più noti esempi in rotta di collisione con le conquiste della democrazia si annoverano partiti di governo come la Lega in Italia, il Partito della Libertà austriaco, figure come il premier ungherese Viktor Orban, il governo nazionalista ultraconservatore in Polonia o il presidente statunitense Donald Trump.
In Germania è interessante notare che proprio il partito di estrema destra ‘Alternative für Deutschland’ (AfD), che nelle elezioni dello scorso autunno ha festeggiato lo storico ingresso in parlamento, si batte in modo programmatico per “maggior democrazia diretta secondo il modello svizzero”.
Nell’ambito di un nuovo progetto principale di ricerca gli specialisti del Centro puntano ora i fari sul rapporto dialettico tra populismo e democrazia diretta in Europa. Secondo Andreas Glaser, dai primi risultati emerge chiaramente che i diritti politici consolidati della democrazia diretta producono piuttosto un effetto dissuasivo sui tentativi populistici di smembrarne le fondamenta: “Iniziative e referendum danno ovviamente voce anche a gruppi estremisti e radicali, ma nel contempo li canalizzano nel sistema rappresentativo”, spiega.
Il Centro per la democrazia in cifre
Vi svolgono lavoro di ricerca circa 45 dipendenti, per un totale di 25 posti a tempo pieno.
Il finanziamento di base ammonta a ca. 2,3 mio. di franchi all’anno, ripartiti tra il canton Argovia, la città di Aarau, l’Università di Zurigo e la Scuola universitaria professionale della Svizzera nordoccidentale.
Con le risorse fornite da terzi, il budget annuo del Centro raggiune i quattro milioni di franchi.
I principali progetti di ricerca per gli anni 2018-2021 posso essere consultati quiCollegamento esterno.
Condizioni quadro differenti
Al Centro per la democrazia i lavori sul nuovo argomento di ricerca sono coordinati dal politologo Tarik Abou-Chadi Collegamento esternoe dalla giurista Nadja Braun BinderCollegamento esterno. “Analizziamo l’assetto giuridico delle procedure di democrazia diretta”, indica Braun Binder. “All’atto pratico, risulta spesso assai diverso da Stato a Stato”.
Un esempio al riguardo è la votazione popolare sull’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, la Brexit, promossa dall’allora premier britannico David Cameron. Visto che il referendum era unicamente a carattere consultivo, gli interrogativi sulla sua attuazione sono lungi dall’aver trovato risposte esaurienti. Si levano, anzi, sempre più voci a favore di una seconda tornata alle urnesullaBrexit.
Nadja Braun Binder ha lavorato a contatto con la prassi – fino al 2011 era a capo della “Sezione del diritto” della Cancelleria federaleCollegamento esterno Collegamento esternoa Berna, massimo tutore dei diritti politici dei cittadini in Svizzera. In seguito è stata chiamata in Germania, dove ha conseguito la libera docenza.
Il suo ritorno in Svizzera nel 2017 è legato alla crescente importanza della ricerca sulla democrazia nel nostro Paese, testimoniata non solo dal Centro di Aarau, bensì pure da altri Istituti di scienze politiche in città universitarie quali Zurigo, Berna, Basilea, Losanna e Ginevra.
Purtroppo alcuni di questi poli di ricerca si fanno ancora concorrenza per assicurarsi i sussidi federali, anziché stringere alleanze strategiche e di partenariato, con innegabili risvolti negativi sui contatti e sulla condivisione di conoscenze all’interno del Paese.
Democrazia diretta e cultura del conflitto
Al di fuori dei confini nazionali la percezione è però un‘altra: in occasione di un incontro tematico sul «populismo», organizzato ad inizio anno da Nadja Braun Binder, è emersa chiaramente la considerazione di cui gode il nostro lavoro presso i ricercatori all’estero. “Grazie allo strumento della democrazia diretta siete abituati a dibattere uno accanto all’altro, e non uno contro l’altro”, ha puntualizzato un ricercatore austriaco.
Lo stesso Centro per la democrazia è frutto di un responso di democrazia diretta: nel 2007 ad Aarau quasi il 60% dei cittadini accorsi alle urne si era espresso a favore di un contributo annuo di 785’000 franchi da versare al nuovo Centro per la democrazia, che viene sostenuto in egual misura anche dal canton Argovia. Altri fondi provengono da istituti congiunti come l’Università di Zurigo e da donatori privati.
Sul piano politico l’istituto di ricerca sulla democrazia è preso di mira regolarmente e posto al centro del dibattito. Recentemente, due esponenti borghesi del parlamento cantonale hanno chiesto al cantone di abbandonare il progetto di sostegno universitario. Il Centro per la democrazia ha reagito alle critiche organizzando una serie di manifestazioni – con ottimo successo di pubblico – in tutto il cantone.
Traduzione dal tedesco di Lorena Mombelli
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