«I politici non dovrebbero aver paura del potere del popolo»
Andreas Gross è un noto esperto di democrazia diretta. Ed è forse l’unico cittadino svizzero ad aver accumulato esperienze come attivista di un’organizzazione che ha lanciato un’iniziativa popolare, promotore di campagne politiche, parlamentare a livello locale, nazionale ed europeo, ricercatore e autore di opere sul tema dei diritti popolari.
Avendo dedicato buona parte della sua vita professionale a questioni legate alla democrazia partecipativa, il 63enne politologo e politico può vantare un’ampia collezione di saggi, interviste e analisi realizzate in quarant’anni di attività, tra cui un discorso tenuto davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York.
La pubblicazione del suo libro Die unvollendete Direkte DemokratieCollegamento esterno (La democrazia diretta incompiuta) è l’occasione per swissinfo.ch di chiedergli di stilare un breve elenco di quello che bisognerebbe fare ed evitare in relazione alla democrazia diretta.
Il libro
Die unvollendete Direkte Demokratie (La democrazia diretta incompiuta), pubblicato in tedesco, è una raccolta di saggi scritti da Gross negli ultimi 30 anni.
Il volume di 390 pagine comprende analisi storiche, paragoni internazionali e un repertorio annuale delle decisioni prese in Svizzera sulla base della democrazia diretta, nonché varie interviste e il discorso di Gross davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York.
È prevista un’edizione in francese.
Andreas GrossCollegamento esterno ama paragonare il sistema della democrazia diretta a un puzzle. A volte ne parla come di un’opera d’arte totale. La cosa affascinante ma difficile, dice, è che i tasselli del puzzle sono fluidi e quindi è impossibile ottenere un sistema stabile e perfetto di democrazia diretta.
Cercando di individuare gli elementi chiave della democrazia di tipo svizzero da cui altri paesi potrebbero trarre insegnamento, Gross indica tre cose:
Risorse…
«Prima di tutto i politici non dovrebbero aver paura di condividere il potere con la gente perché non c’è questione importante che non possa essere capita dai cittadini. Ognuno può imparare e l’apprendimento collettivo è uno dei prodotti collaterali più importanti della democrazia diretta».
«Anche il potere politico deve essere suddiviso tra i vari livelli di uno stato federalista europeo: livello nazionale, regionale e locale. In Svizzera questo significa che sulle tasse possono decidere i cittadini e non il governo centrale. Per molte persone in Europa questo è assai lontano dalla loro realtà. Ma l’Unione europea farebbe bene a introdurre un maggior numero di elementi di democrazia diretta».
«L’esperienza svizzera mostra che i cittadini moderni apprezzano gli strumenti di democrazia diretta – il diritto di proporre idee su quasi tutti i temi in ogni momento e cambiare così la costituzione o cancellare una legge. Questa è la seconda lezione o incoraggiamento».
«Ho parlato di partecipazione cittadina con persone di 65 diversi paesi nel mondo e in 40 anni ho preso parte probabilmente a oltre 1100 dibattiti pubblici sull’argomento. Non ho mai incontrato nessuno a cui non piacesse l’idea di proporre dei temi politici».
«Se i cittadini usino in maniera intelligente i loro diritti democratici, non spetta a noi giudicarlo. Si possono avere opinioni divergenti sulla saggezza di una decisione o di una proposta dei cittadini, ma in uno Stato democratico è fondamentale offrire loro la possibilità di esprimersi».
«Punto tre: gli strumenti di partecipazione politica devono essere facilmente accessibili ai cittadini. Il disegno delle norme che la regolano è determinante per la qualità della democrazia diretta. L’ostacolo da superare per poter ottenere un voto a livello nazionale deve essere basso. In Svizzera serve solo il 2% dei cittadini eleggibili per proporre una modifica costituzionale e circa l’1% per mettere in discussione una decisione del parlamento».
«Inoltre i promotori di una campagna devono avere tutto il tempo per raccogliere le firme – in Svizzera rispettivamente 18 mesi e 100 giorni. In altri paesi le scadenze sono molto più corte, talvolta è questione di settimane tra la raccolta di firme e il voto».
«I promotori di campagne devono anche essere liberi di scegliere lo spazio pubblico dove si rivolgono ai cittadini. Nessuno dovrebbe recarsi in una stazione di polizia per firmare un’iniziativa».
«Infine il dibattito pubblico è l’anima della democrazia diretta e l’affluenza alle urne non deve essere decisiva per determinare la validità o meno di un voto (come accade per esempio in Italia). In termini calcistici, un sistema basato sul quorum è come se si accreditasse un gol a una squadra il cui giocatore ha commesso un fallo grave, invece di espellere il giocatore».
… e avvertenze
Gross è stato un appassionato di calcio e un tifoso dell’FC Basilea, la squadra della città della Svizzera settentrionale dov’è cresciuto. Ma mettendo da parte la metafora sportiva – per chi non si interessa allo sport non serve necessariamente a far chiarezza – pone l’attenzione su tre punti deboli della democrazia diretta in Svizzera.
«A differenza della California o della Germania, la Svizzera non ha una corte costituzionale che vegli su iniziative non compatibili con i diritti umani fondamentali. Una simile istituzione servirebbe per prevenire decisioni che discriminano le minoranze e possono condurre a una tirannia della maggioranza».
«Tutti hanno diritti fondamentali. Su questi diritti non bisognerebbe mai votare. Alcuni gruppi di persone – anche i criminali – devono essere protetti dala legge. Alcune recenti iniziative che sono state approvate in Svizzera violano i diritti fondamentali. La proposta di espellere automaticamente gli stranieri criminali o l’iniziativa per l’internamento a vita di autori di reati a sfondo sessuale , a cui è negata una seconda possibilità, o l’iniziativa per vietare ai pedofili condannati di lavorare con i bambini sono casi di questo tipo.
«Avvertenza numero due: la democrazia necessità di regole che rendano trasparenti i finanziamenti destinati alle campagne politiche e ai partiti, perché il denaro è un rischio che può minare il sistema. Nonostante le ripetute critiche del Consiglio d’Europa, la Svizzera è l’unico paese europeo senza una legge che definisca i limiti del finanziamento della politica».
«Questo è tanto più grave perché molti paesi devono affrontare la questione dei finanziamenti solo ogni quattro anni, in vista delle elezioni, mentre gli svizzeri vanno alle urne quattro volte l’anno per votare su un ampio spettro di questioni. La ragione per cui il governo e il parlamento si rifiutano di elaborare norme in quest’ambito è il concetto molto ampio di privacy che vige in Svizzera».
«Poiché non ci sono regole sulla trasparenza in Svizzera è difficile dire che impatto abbia il denaro sulle singole campagne. Il denaro non è mai il solo fattore e una sconfitta non può essere attribuita alla mancanza di mezzi finanziari, ma non si può negare che sia molto importante».
«Terzo, le democrazie hanno bisogno di partiti politici forti che difendano gli interessi del pubblico, formino il personale politico, organizzino dibattiti e informino i cittadini sulle questioni politiche in gioco».
«Malauguratamente i gruppi d’interesse – che siano organizzazioni economiche o gruppi ambientalisti, rappresentano per definizione interessi privati – hanno spesso mezzi finanziari molto maggiori di quelli dei partiti».
«È degno di nota che queste organizzazioni e questi gruppi abbiano una presenza crescente nei media. Spesso dominano lo spazio pubblico, in particolare nella Svizzera tedesca, a spese dei partiti e dei gruppi di cittadini».
L’autore
Andreas Gross è un rinomato esperto di democrazia diretta, un pubblicista e un ricercatore.
Nato nel 1952, ha passato i primi sette anni della sua vita in Giappone prima che la sua famiglia si trasferisse in Svizzera. Ha studiato storia e scienze politiche, ha lavorato come ricercatore, assistente universitario e ricercatore e ha svolto attività politica a livello locale, nazionale e internazionale.
È stato membro del parlamento svizzero tra il 1991 e il 2015 e ha rappresentato la Svizzera al Consiglio d’Europa per 20 anni. Ha guidato il gruppo socialista al Consiglio d’Europa per sei anni.
Gross è stato uno dei principali promotori dell’iniziativa per l’abolizione dell’esercito svizzero, respinta dai votanti nel 1989, e ha partecipato al lancio dell’iniziativa per l’adesione della Svizzera all’Onu, approvata nel 2002.
È stato anche osservatore internazionale in oltre 90 elezioni in Europa.
Traduzione di Andrea Tognina
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