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Le società private, attori politici come gli altri?

A capo del gruppo Denner fino al 1998, Karl Schweri aveva ampiamente utilizzato lo strumento dell'iniziativa popolare. RDB

L’iniziativa “A favore del servizio pubblico”, in votazione popolare il 5 giugno, ha la particolarità di essere stata lanciata da una società privata. Alcuni oppositori denunciano l’aspetto poco democratico di un simile approccio. Gli specialisti della democrazia contattati da swissinfo.ch hanno però una posizione più sfumata.

L’iniziativa ‘A favore del servizio pubblico’Collegamento esterno è stata lanciata da alcune riviste a difesa dei consumatori, nelle diverse regioni linguistiche. È un fatto insolito, poiché solitamente le iniziative popolari sono promosse da partiti politici o associazioni. Se questo approccio non è comune, non rappresenta però un fatto unico nella storia politica elvetica. Oltre vent’anni fa, anche il gruppo Denner (supermercati) aveva lanciato e difeso diverse iniziative.

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Le riviste dei consumatori al fronte per difendere il servizio pubblico

Questo contenuto è stato pubblicato al L’iniziativa popolare “A favore del servizio pubblico” è stata lanciata dalla rivista svizzero-francese a difesa dei consumatori “Bon à savoirCollegamento esterno” in collaborazione con tre pubblicazioni analoghe in Ticino e nella Svizzera tedesca. “La nostra iniziativa si articola attorno a tre rivendicazioni: la Confederazione non deve avere scopi di lucro per le prestazioni di base;…

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Tuttavia, l’uso di questi strumenti della democrazia diretta da parte di società private non piace a tutti. È il caso di Roger Nordmann, presidente del gruppo socialista del parlamento. “È discutibile, poiché questa iniziativa non ha alcun radicamento democratico. Solitamente quando un’associazione o un partito lanciano un’iniziativa, c’è una discussione, un’assemblea generale, eccetera. In questo caso, invece… nulla. Decidono tutto da soli nel loro ufficio. È un po’ strano come modo di procedere!”.

“Di solito, le associazioni o i partiti promotori di un’iniziativa hanno un determinato numero di membri e questi conferiscono una certa legittimità all’elaborazione di un testo, prosegue il deputato che è stato relatore della commissione durante i dibattiti alle Camere. Nel caso dell’iniziativa ‘A favore del servizio pubblico’, il problema è che non si sa esattamente quali siano gli interessi e l’agenda di queste riviste. Se fossero gli importatori d’automobili a lanciare un’iniziativa, per lo meno sarebbe chiaro”.

Più un’ipoteca che un bonus

Gli osservatori della democrazia diretta relativizzano il problema. “Certo, siamo più abituati a vedere dei partiti o delle associazioni lanciare un’iniziativa. Ma se l’idea è buona e che il popolo la sostiene, sinceramente non c’è nulla di sconvolgente”, ritiene Pascal Sciarini, politologo all’università di Ginevra.

Per Andreas Gross, ex deputato socialista e autore di diversi libri sulla vita politica svizzera, le imprese dispongono degli stessi diritti degli altri. “Le aziende sono costituite da un numero determinato di persone, che possono lanciare un’iniziativa come qualsiasi altro gruppo. Evidentemente, in casi simili si pensa immediatamente a degli interessi privati. Ma si tratta soprattutto di un handicap. Negli anni ’80 e ’90, il nome della Denner era più un’ipoteca che un bonus per un’iniziativa. Ecco perché le proposte lanciate da questi ambienti sono un fatto piuttosto raro”.

Caporedattore di people2powerCollegamento esterno, una piattaforma sulla democrazia diretta ospitata da swissinfo.ch, Bruno Kaufmann condivide la stessa opinione. “In linea di principio non vedo alcun problema, poiché c’è trasparenza su chi si ‘nasconde’ dietro al comitato d’iniziativa. Inoltre anche in queste imprese ci sono dei cittadini che si interessano alla politica e vogliono prendere parte a questioni pubbliche, a causa dei loro interessi ‘economici’”.

Bruno Kaufmann esprime però anche qualche riserva. “In Svizzera non ci sono esigenze di trasparenza in materia di finanziamento politico in generale e soprattutto per quanto riguarda le campagne per le votazioni. Ciò impedisce al pubblico di comprendere esattamente le intenzioni dei diversi attori che stanno dietro a un’iniziativa”.

Nessun motivo d’esclusione

Fondato alla fine del 19esimo secolo, Denner è stato a lungo il 3 ° distributore svizzero, dietro ai giganti Migros e Coop.

Dal 1951 al 1998 è stato guidato da Karl Schweri, che ha trasformato la società nel precursore del commercio al dettaglio a prezzi stracciati in Svizzera.

A livello politico, Karl Schweri ha lanciato sei iniziative popolari tra il 1972 e il 2000, in particolare per tagliare i costi della salute, incoraggiare la creazione di alloggi, lottare contro i cartelli o accelerare le procedure della democrazia diretta. Tutte sono state respinte.

I quattro referendum promossi da Schweri sono invece stati accettati, in particolare quello contro la legge federale sull’imposizione del tabacco.

Nel 2007, Denner è passato nelle mani di Migros.

Ma di fatto, perché un’impresa sarebbe meno democratica rispetto a un’associazione che rappresenta solo i suoi membri e non l’insieme della popolazione?

“Per quanto riguarda l’accesso ai diritti popolari, non farei una differenza tra organizzazioni con o senza scopo di lucro, risponde Bruno Kaufmann. La rappresentatività non è un valore meccanico, ma una conseguenza della concomitanza di interessi diversi. Il diritto d’iniziativa e di referendum è a disposizione di tutti i cittadini, indipendentemente da come si organizzano e vogliono essere rappresentati. E alla fine le persone che fanno parte dei comitati d’iniziativa o di referendum sono giuridicamente dei cittadini che godono di questi diritti”.

Ad essere determinante non è la rappresentatività, ma fino a che punto una posizione corrisponde a un interesse generale, ritiene dal canto suo Andreas Gross. D’altronde tutti i gruppi rappresentano degli interessi particolari che vogliono difendere a livello politico, che si tratti dei grandi distributori, dei difensori dei consumatori o ancora di organizzazioni ecologiste, anche se la loro forma di associazione è diversa”.

“Ciò che le differenzia, forse, è la misura nella quale i loro interessi corrispondono all’interesse comune. Ma si tratta di una questione di valutazione soggettiva, che non può dunque essere motivo d’esclusione”.

Limitazione di fatto

In futuro, le società private potrebbero utilizzare più spesso gli strumenti della democrazia diretta? Non è da escludere. “Tutte le grandi associazioni – per esempio economiesuisse – hanno sempre più difficoltà a rappresentare gli interessi dei loro membri. Di conseguenza, questi hanno tendenza a procedere in modo autonomo. Bisognerà però vedere se queste imprese saranno in grado di raccogliere le firme necessarie. Finora soltanto i partiti o le associazioni ne avevano i mezzi (personale, risorse, strutture)”, indica Pascal Sciarini.

Anche Bruno Kaufmann non prevede una moltiplicazione di queste iniziative. “Non è facile raccogliere abbastanza firme, per lo meno a livello federare. Ancor di più quando non si è abituati a farlo e se molti cittadini sono alquanto scettici o perfino ostili all’uso dei diritti popolari da parte delle società private”.

Dello stesso avviso anche Andreas Gross. “Si potrebbe immaginare il lancio di un’iniziativa da parte di un gruppo di imprese. Ma sembra piuttosto improbabile, perché queste persone dispongono di canali più efficaci per farsi sentire dal governo, dal parlamento e dall’amministrazione. Imprenditori di questo tipo hanno sufficiente potere e di conseguenza dovrebbero far poco ricorso all’iniziativa popolare in futuro”.

(Traduzione dal francese, Stefania Summermatter)

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