Il buon cittadino si forgia in casa e in classe
Daniel Schugurensky, co-direttore dell'Iniziativa per una governance partecipativa (Participatory Governance Initiative) presso l'Arizona State University (ASU), assicura che la Svizzera ha dimostrato al mondo che i cittadini possono prendere decisioni giuste quando dispongono di informazioni e tempo necessari per deliberare.
Il professore argentino coordina il simposio internazionale “Tramite il popolo: democrazia partecipativa, impegno pubblico ed educazione civica” (By the people: Participatory democracy, public engagement and citizenship education), che si svolge nella sua università, a Phoenix, dal 3 al 5 dicembre.
La democrazia fatta dalla gente
La Conferenza “Tramite il popolo: democrazia partecipativa, impegno pubblico ed educazione civica”, che si svolge dal 3 al 5 dicembre 2015 a Phoenix (Arizona), è articolata sulle tre tematiche che danno il nome al simposio internazionale. Si tratta di un forum per lo scambio di ricerche, progetti, strategie metodologiche e idee per rafforzare la partecipazione dei cittadini nei processi decisionali.
Daniel Schugurensky, professore presso l’Arizona State University, presiede e organizza il congresso.
L’appuntamento di Phoenix è stato preceduto da tre incontri analoghi presso l’università di Toronto (2003 e 2008), in Canada, e l’università di Rosario (2010), in Argentina.
swissinfo.ch: Chi partecipa a questa conferenza e come definirebbe l’obiettivo principale di questo evento?
Daniel Schugurensky: L’università statale dell’Arizona accoglierà accademici, studenti, insegnanti, politici, rappresentanti di organizzazioni non governative e di associazioni comunitarie, funzionari pubblici e persone interessate a rafforzare la democrazia attraverso tre campi: la democrazia partecipativa, il coinvolgimento dei cittadini e l’educazione civica.
Spesso, ricercatori e persone attive in questi tre campi non comunicano tra loro. Questo forum si propone di far convergere teoria e pratica si incontrano, affinché tutte le parti traggano profitto da questa interazione.
swissinfo.ch: Come definisce la democrazia partecipativa e in quali paesi è una realtà esemplare?
D. S.: Si tratta di processi deliberativi e decisionali inclusivi, che si basano sul principio fondamentale della giustizia politica. Tutti abbiamo il diritto di partecipare alle decisioni che ci riguardano. L’interesse cresce, perché c’è sempre più gente disposta a fare qualcosa di più che semplicemente andare alle urne ogni quattro anni.
Uno dei paesi più attivi in Brasile, con le sue politiche partecipative [bilanci partecipativi, Ndr.]; la Svizzera, con le sue votazioni popolari [referendum e iniziative popolari, Ndr.] e la partecipazione dei cantoni nelle decisioni del paese; o il Canada, dove ci sono esperienze interessanti di giurati cittadini.
swissinfo.ch: Quanto è solido l’impegno dei cittadini nelle società odierne?
D. S.: Abbiamo individuato quattro forme di impegno civico, tutte importanti. In primo luogo, il coinvolgimento civico, che consiste, ad esempio, nella partecipazione a una associazione di quartiere e a progetti che permettono di migliorare le condizioni di vita di una comunità. In secondo luogo, la partecipazione elettorale, tra cui campagne di voto e attività di propaganda, compreso candidarsi.
In terzo luogo, la cosiddetta voce politica, che comprende la partecipazione a movimenti sociali o al boicottaggio di prodotti.
E in quarto luogo, l’azione pubblica collaborativa, tramite la quale cittadini e autorità lavorano insieme per migliorare la vita di una comunità.
swissinfo.ch: Nelle sue ricerche accademiche lei cita Eleanor Roosevelt, secondo la quale lo scopo dell’educazione non è solo di formare dei cittadini, ma dei buoni cittadini. Ma dove si forgiano? A casa o in classe?
D. S.: In entrambi e anche altrove. Molti valori e atteggiamenti si imparano in casa. Ad esempio, poche persone hanno una religione diversa da quella dei loro genitori. Ciò dimostra che i valori fondamentali si trasmettono da una generazione all’altra. Ma anche la scuola è rilevante.
Tuttavia, dapprima è importante definire cosa intendono gli educatori per ‘buon cittadino’.
L’accademico canadese Joel Westheimer, che parteciperà al congresso di Phoenix, è convinto che le scuole promuovano tre tipi di buoni cittadini: quello “responsabile”, che paga le tasse, rispetta le regole o fa donazioni di beneficienza; quello “partecipativo” che vota e si impegna in associazioni; quello “orientato verso la giustizia sociale”, che si riunisce il profilo dei due precedenti e in più cerca le cause dei problemi per formulare soluzioni.
Molte scuole promuovono il primo tipo di buon cittadino; alcune il secondo. Ma pochissime formano cittadini orientati verso la giustizia sociale.
swissinfo.ch: Qual è il ruolo dei governi, nazionali e locali, nella creazione di democrazie partecipative?
D. S.: La volontà politica è indispensabile per aprire spazi di partecipazione cittadina. Questa, sommata con l’esistenza di società civili organizzate e impegnate, consente processi partecipativi che si traducono in fruttuosi dialoghi e preziosi scambi tra le conoscenze tecnica, popolare e politica.
Benché il mondo sia ancora traballante in questo campo, ci sono alcuni sforzi interessanti. In Tunisia, per esempio, la nuova Costituzione (2014) comprende un capitolo sulla democrazia partecipativa. In Colombia, c’è una Legge di partecipazione democratica, che contiene 111 articoli; uno dei suoi artefici, l’ex senatore John Sudarsky partecipa alla Conferenza di Phoenix.
Il Brasile ha enti comunali, provinciali e federali che promuovano la partecipazione. Al simposio il ricercatore Brian Wampler parlerà dell’impatto di queste politiche partecipative.
swissinfo.ch: La Svizzera è un paese con una lunga tradizione di democrazia diretta. Ha apportato qualcosa al mondo?
D. S.: Naturalmente, la Svizzera è un punto di riferimento internazionale in materia di democrazia diretta; ha dimostrato al mondo che i comuni cittadini possono prendere decisioni giuste se hanno le informazioni e il tempo necessari per deliberare. C’è molto da imparare da questo paese.
Svizzera ci insegna anche – e diverse ricerche lo dimostrano – che nei cantoni con una maggiore partecipazione democratica c’è meno evasione fiscale. Questo ha a che fare con la fiducia. La gente si sente parte del governo, si esprime e si impegna.
swissinfo.ch: In questa condivisione delle responsabilità, qual è il ruolo dei mass media?
D. S.: I media potrebbero informare di più e meglio sulle esperienze di democrazia partecipativa che ci sono in varie parti del mondo.
Un’altra missione che hanno è discutere queste esperienze, affinché si possano identificare aspetti problematici e si possa continuare a migliorare.
swissinfo.ch: In che modo le reti sociali contribuiscono a dare più potere al cittadino?
D. S.: Le reti sociali hanno un grande potenziale di emancipazione e facilitano la comunicazione orizzontale tra i cittadini, in un mondo che ha monopolizzato l’informazione.
Nel 1983, il 90% dei media statunitensi era concentrato nelle mani di 50 società. Oggi, quello stesso 90% è controllato da sei grandi società che dettano l’agenda del dibattito pubblico e decidono quali informazioni circolano, e quali no.
I social network aiutano a contrastare la natura antidemocratica di questa concentrazione di informazioni. Il giornalismo partecipativo [citizen journalism] può svolgere un ruolo chiave in questa dinamica.
swissinfo.ch: Cosa sarà fatto concretamente per tradurre in fatti gli scambi di opinioni e di esperienze di Phoenix?
D. S.: Le relazioni presentate a Phoenix saranno diffuse in un documento accessibile on-line. Inoltre, si cercherà il consolidamento di reti cittadine e governative che promuovono la democrazia.
Come in precedenti conferenze, si genereranno anche nuove iniziative, collaborazioni orizzontali e progetti di ricerca.
Parteciperanno molte persone interessate a uno scambio di esperienze innovative su determinati temi – come il bilancio partecipativo, le giurie di cittadini, i processi di democrazia deliberativa o la democrazia a scuola –, per migliorare ciò che stanno realizzando nei loro paesi.
Ci aspettiamo che tutto questo ispiri chi vuole diffondere e approfondire la democrazia.
(Traduzione dallo spagnolo: Sonia Fenazzi)
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