La lotta contro i fornelli e gli idranti della polizia
Per la prima volta, nel 1969 sulla scena pubblica apparve il Movimento di liberazione della donna. Si trattava di un nuovo attivismo dei diritti delle donne che non si focalizzava più esclusivamente sul suffragio femminile.
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L’elettorato svizzero (composto di soli uomini), nella votazione popolare del 1° febbraio 1959 rifiutò chiaramenteCollegamento esterno, con i due terzi di no, di estendere il diritto di voto e di eleggibilità alle donne.
Iris von RotenCollegamento esterno, una vallesana della stessa stoffa di Simone de Beauvoir, l’anno precedente aveva già scritto nel suo libro “Frauen im Laufgitter” (“Donne in un box per bambini”) che nessuna forma di governo mostrava l’oppressione delle donne così chiaramente come quella democratica: “E più si avvicina alla ‘pura’ democrazia diretta, più lo fa in modo visibile”.
Iris von Roten fu biasimata da molte militanti per il diritto di voto che le rimproverarono di averle oltraggiate e la accusarono persino di essere corresponsabile, con sue critiche veementi, della sconfitta alle urne. All’epoca, infatti, il movimento per i diritti delle donne si fondava su una buona rete di contatti e lobbying, non sulla rivolta.
A Zurigo, da quel momento in poi, le donne, ogni anno alla stessa data, organizzarono una fiaccolata al Lindenhof, una collina sopra la città, in segno di protesta contro il fatto che continuava ad essere negato loro il diritto di voto.
La pazienza è esaurita
Dieci anni dopo, il 1° febbraio, un gruppo di donne della nuova generazione occuparono la piazza Bellevue, in pieno centro città, e bloccarono il traffico. Claudia Honegger era lì: “Noi giovani donne ritenemmo che avevamo avuto fin troppa pazienza. Puntammo piuttosto su forme d’azione provocatorie e che scuotessero l’opinione pubblica”.
È lì che il neonato Movimento di liberazione della donna (MLDCollegamento esterno) si presentò per la prima volta in pubblico: le giovani attiviste animarono scene in cui le donne erano rappresentate come casalinghe e oggetto di desideri sessuali e scandirono slogan come “segretarie diventate rivoluzionarie” e “viva la pillola”.
La fondazione dell’MLD fece effetto: il motto del 1° maggio a Zurigo nel 1969 fu “Il diritto di voto è un diritto umano”. E Claudia Honegger fu la prima donna in Svizzera a poter tenere il discorso del 1° maggio. Parlò a nome delle donne e dei “lavoratori, alunni e studenti progressisti”.
Niente festeggiamenti
Claudia Honegger chiese la parità di stipendio a parità di lavoro, inoltre sottolineò che i problemi della donna vanno oltre il mondo del lavoro: “Già in famiglia viene educata a fare la cameriera”. L’allora giovane attivista mise bene in chiaro che il raggiungimento del diritto di voto e di eleggibilità da solo non sarebbe bastato.
Due anni dopo, nel 1971, quando fu approvata l’introduzione del diritto di voto femminile, Claudia Honegger non festeggiò. Le giovani attiviste volevano piuttosto portare nuovi temi sulla scena politica.
Altri sviluppi
Democrazia diretta e diritto di voto per le donne
E di temi da discutere ce n’erano tanti alla fine degli anni ’60: le mogli non potevano avere un posto di lavoro senza la firma del marito, la pillola era prescritta soltanto alle donne sposate e solo a discrezione del medico, l’aborto era proibito.
Come polli al cartoccio
Claudia Honegger era una delle poche studentesse in seno all’MLD. Alcune militanti erano artiste o esercitavano altre professioni, erano sposate – anche perché il concubinaggio era proibito – e avevano figli.
Anche Lilo König fu coinvolta fin dall’inizio nel Movimento di liberazione della donna. Era fuggita presto dall’ “atmosfera repressiva di casa” ed era arrivata all’MLD dalla scena anarchica.
Nel 1969 lavorava come libraia ed era madre di due figli. Argomenti come l’educazione antiautoritaria dei bambini erano di attualità. Furono fondati asili nido antiautoritari e si discusse della rimunerazione dei lavori casalinghi e di educazione dei figli svolti dalle donne.
Lilo König era scettica di fronte a quest’ultima rivendicazione: “Temevo che avrebbe aumentato la dipendenza dagli uomini e che si avrebbe avuto un capo anche a casa che si sarebbe lamentato se le cotolette fossero state troppo cotte”.
Un altro tema importante era il trattamento delle donne come oggetti sessuali. La “liberazione sessuale” del 1968 era vista in modo critico. A quei tempi, “bisognava essere sempre pronte a fare sesso quando i mariti o gli amici lo volevano. Ci sentivano come un pollo al cartoccio, pronto per la pentola”.
Con humor e pannolini contro il patriarcato
l’MLD non scriveva complesse citazioni teoriche sui cartelloni, ma puntava su azioni che aprissero gli occhi e che al contempo fossero divertenti. Così, nel 1969, delle giovani militanti si infiltrarono in un concorso di bellezza della rivista Annabelle. Su un volantino scrissero: “Non siamo mucche che vengono ricompensate per le dimensioni delle loro mammelle”.
Nel 1975 le donne dell’MLD fecero scalpore perché lanciarono pannolini bagnati nel parlamento svizzero, durante un dibattito sulla legalizzazione dell’aborto. Nel 1978, l’MLD organizzò l’ “Holland Bus”, un pullman che portava le donne in Olanda per poter abortire senza essere perseguite penalmente.
Un movimento incontrollabile
L’MLD crebbe: furono create sezioni in diverse città del Paese, anche oltre le aree tedescofone. Nacquero così il Movimento femminista ticinese e gli MLD nella Svizzera francese a Friburgo, Losanna e Ginevra.
Alla fine degli anni ’70, l’MLD si divise sempre più in gruppi diversi: Le preoccupazioni delle donne lesbiche diventarono più importanti, così come la questione della violenza contro le donne. Le case per donne che offrono protezione alle vittime di violenza domestica sono un successo di quel periodo.
Nel 1989, l’MLD si sciolse con una grande festa. Una delle sue fondatrici, l’artista Doris Stauffer, morta nel 2017, disse che le azioni delle origini erano probabilmente concluse, ma il processo di consapevolezza iniziato a quel tempo non poteva più essere invertito. “Tra di noi c’è una rete di contatti crescente, intangibile e non più controllabile. Ci attiviamo ancora per disgregare la tenace congrega patriarcale”.
(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)
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