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Il federalismo svizzero sta favorendo la nascita di un nuovo diritto digitale

figure luminose su un ponte
La costituzione svizzera garantisce il diritto all'integrità fisica e mentale. Presto ci si evolverà anche verso il diritto all’integrità digitale? Keystone / Martial Trezzini

Negli ultimi anni, due cantoni svizzeri hanno adottato nuove tutele costituzionali pensate per salvaguardare i diritti nell’era digitale – un traguardo ancora lontano in altre parti del mondo. Ma cosa si intende per "integrità digitale"? E potrebbe diventare un diritto riconosciuto anche al di fuori della Svizzera?

Dalla violazione dei dati ai deepfake, l’era digitale può sembrare un campo minato di nuove minacce. E quando qualcosa va storto online, non è sempre facile ottenere un risarcimento. Anche in aree del mondo relativamente ben tutelate, come l’Unione Europea, non tutti hanno le competenze per dimostrare in tribunale come i loro dati siano stati violati, e in molti non sanno come proteggersi da potenziali abusi.

Alexis Roussel, ex presidente del Partito Pirata svizzero, vuole cambiare le cose.

“Con l’integrità digitale si vuole invertire l’onere della prova”, spiega Roussel, che ha elaborato questo concetto più di dieci anni fa. Secondo lui, i diritti digitali non dovrebbero basarsi sul nostro status di proprietari dei dati, ma sul nostro status di persone. In questo modo i contenziosi sarebbero incentrati sul danno arrecato all’individuo, e si potrebbe “immaginare una società digitale in cui l’essere umano viene rispettato – una società digitale umanista”, afferma Roussel.

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Una rivoluzione silenziosa

L’idea sembra semplice, ma in realtà è piuttosto radicale. È sin dagli albori di internet che vengono avanzate proposte idealistiche per garantire nuovi diritti nell’ambito digitale – una sorta di “Magna Carta digitaleCollegamento esterno” o di “Dichiarazione universale dei diritti della mente umanaCollegamento esterno“. Nella pratica, però, i diritti fondamentali sono rimasti sostanzialmente invariati. L’atteggiamento nei confronti del digitale spesso si limita a constatare che “i diritti che le persone hanno offline devono essere garantiti anche online”. Gli sforzi normativi di solito si concentrano su misure e regolamenti concreti, come il Digital Services ActCollegamento esterno dell’UE o una recente legge californianaCollegamento esterno sull’utilizzo dell’immagine personale online.

Ma in Svizzera, grazie al federalismo e alla democrazia diretta, Roussel è riuscito a dare il via a quella che si potrebbe definire una mini-rivoluzione in materia di diritti digitali. Nonostante non sia mai entrato nell’Assemblea federale, il Partito Pirata ha influenzato la politica cantonale svizzera, anche attraverso il voto popolare.

I cittadini di Ginevra (giugno 2023) e Neuchâtel (novembre 2024), infatti, hanno approvato l’introduzione del diritto all’integrità digitale nelle loro costituzioni cantonali, affiancandolo ai diritti già esistenti sull’integrità fisica e mentale. In entrambi i casi la maggioranza a favore della misura è stata schiacciante: oltre il 90%, un risultato raro nelle votazioni svizzere. Anche i partiti politici si sono mostrati pressoché unanimi nel sostenerla.

Attualmente altri cantoni, tra cui Basilea Città, stanno valutando la proposta. A Zurigo il Partito Pirata ha raccolto ben più delle 6’000 firme necessarie per sottoporre la questione al voto popolare. “La gente firmava a tutto spiano, nonostante il mio pessimo tedesco”, racconta Roussel, che oggi lavora per Nym, un’azienda di software per la privacy.

gruppo di persone
Attivisti e attiviste del Partito Pirata consegnano a Zurigo le firme raccolte per la loro iniziativa per l’integrità digitale, agosto 2024. Keystone / Michael Buholzer

E mentre raggiunge parti diverse del Paese, il concetto di integrità digitale acquisisce nuovi elementi lungo il suo percorso.

Le versioni approvate a GinevraCollegamento esterno e NeuchâtelCollegamento esterno, ad esempio, includono tutele come il diritto all’oblio online, il diritto a non vedere i propri dati utilizzati in modo improprio e “il diritto a una vita offline”, il quale garantisce che i servizi pubblici non diventino esclusivamente digitali. La proposta avanzata a Zurigo prevede anche il diritto “a non essere giudicati da una macchina” e “a non essere tracciati, misurati o analizzati”.

Con il tempo si chiarirà meglio il potenziale di questo nuovo diritto e che cosa potrà effettivamente tutelare, spiega Alexander Barclay, delegato cantonale per la politica digitale a Ginevra. Come per gli altri diritti umani, anche questo si evolverà man mano che i giudici lo interpretano nei tribunali, afferma Barclay, che ha contribuito alla modifica costituzionale del suo cantone. Ma secondo lui non è un problema se il concetto di integrità digitale al momento non è del tutto definito, anzi.

“La tecnologia e il mondo cambiano molto in fretta” commenta. “Non si dovrebbe stabilire una definizione rigida e dettagliata di un concetto come questo”.

Secondo Barclay, inoltre, è “del tutto legittimo” collocare questo nuovo diritto a livello costituzionale, anche se in questo modo la norma perde un po’ della concretezza di leggi o regolamenti più specifici.

Lo status di diritto fondamentale contribuisce a posizionare l’integrità digitale su “un piano normativo superiore”, afferma, favorendo così un cambiamento di mentalità che una legge ordinaria difficilmente potrebbe raggiungere. Nella costituzione cantonale di Ginevra il termine generale di “integrità digitale” raggruppa diverse norme già presenti nella legislazione ordinaria, inclusa una direttiva che impone la disponibilità dei servizi pubblici sia online che offline.

persone in riva a un lago
Il mondo digitale è a portata di mano, ma per ora, i passanti si godono un momento analogico al sole in riva al Lago di Ginevra. Keystone / Martial Trezzini

“Più simbolico che utile?”

Non tutti ritengono che introdurre il diritto all’integrità digitale sia necessario.

Florence Guillaume, professoressa di diritto all’Università di Neuchâtel, spiega che la questione può essere affrontata da due prospettiva diverse. La prima considera i diritti online come semplici estensioni del diritto fondamentale all’integrità fisica e mentale, per cui “l’integrità digitale può essere tutelata applicando le leggi già esistenti”. La seconda, invece, parte dall’idea che il mondo digitale presenti “sfide specifiche” e “regole e dinamiche proprie, in particolare per quanto riguarda la reputazione, l’identità e la protezione dei dati”, e che sia quindi necessario introdurre un nuovo diritto fondamentale.

Guillaume si dice d’accordo con la seconda interpretazione, e infatti è a favore dell’introduzione di un diritto all’integrità digitale. Il suo collega Pascal Mahon invece non è convinto, e ritiene che le violazioni dell’integrità digitale siano già coperte dall’articolo 10 della Costituzione federale, che sancisce il “diritto alla vita e alla libertà personale”, come ha dichiarato in passato al quotidiano Neue Zürcher Zeitung.

Anche i parlamentari federali a Berna sono scettici. Nel 2023 è stata nettamente respinta una mozione per modificare la Costituzione federale svizzera: la maggioranza ha ritenuto che le norme giuridiche esistenti fossero sufficienti a tutelare l’integrità digitale. Un nuovo diritto sarebbe “più simbolico che utile”, ha sostenuto Damien Cottier, deputato del partito Liberale Radicale. Le autorità cantonali di Zurigo condividono questa posizione, e in più sottolineano che per garantire che i servizi pubblici restino disponibili sia online che offline sarebbe necessario sviluppare costosi sistemi paralleli.

Uno specchio del federalismo

Qualunque sarà l’esito del voto a Zurigo nei prossimi anni, la tendenza è chiara: se l’integrità digitale rappresenta una sorta di “rivoluzione”, si tratta a tutti gli effetti di una rivoluzione cantonale, finora limitata alle aree urbane più progressiste. Secondo Guillaume è probabile che si continui a “colmare le lacune della legislazione esistente” tramite aggiornamenti mirati delle leggi federali, mentre per il momento non prevede alcuna modifica costituzionale a livello nazionale.

Il percorso di questo nuovo diritto digitale in un certo senso riflette il funzionamento del sistema politico svizzero: il federalismo garantisce una certa autonomia ai cantoni, e la democrazia diretta consente ai cittadini di decidere come utilizzarla. Le idee bocciate a livello nazionale possono trovare spazio e rivelarsi vincenti a livello locale.

>> Per saperne di più: Le proposte sul salario minimo forniscono un ulteriore esempio di come idee poco popolari a livello nazionale possano invece avere successo a livello locale.

La rivoluzione al momento è limitata a pochi cantoni di un Paese relativamente piccolo – questo la rende meno ammirevole?

Potrebbe sembrare così, ma in realtà le iniziative cantonali rendono la Svizzera già “molto avanti” sulla questione, sostiene Elise Degrave, professoressa di diritto all’Università di Namur, in Belgio. Degrave vorrebbe che il diritto a rimanere offline venisse inserito nella costituzione belga, ma la sua campagna finora si è limitata a un articolo accademico, un libroCollegamento esterno e una lettera apertaCollegamento esterno indirizzata alle istituzioni europee a Bruxelles: visto l’assetto del sistema politico del Paese non può semplicemente lanciare un’iniziativa popolare come ha fatto il Partito Pirata a Zurigo.

In altri Paesi gli sforzi per introdurre diritti digitali sono frammentati. In Germania, ad esempio, la ONG Digital Courage sta raccogliendo firme per una proposta di emendamento costituzionale che vieti “la discriminazione nell’accesso ai servizi pubblici nei confronti di chi non utilizza un determinato dispositivo o piattaforma digitale”. Finora sono state raccolte circa 40’000 firme.

Sempre in Germania, il Partito Pirata ha inserito nel proprio programma elettorale un appelloCollegamento esterno a favore dell’integrità digitale in vista delle elezioni di febbraio 2025, ma ha ottenuto meno dello 0,1% dei voti a livello nazionale. È andata meglio al suo gruppo gemello nella città francese di Strasburgo, dove nel dicembre 2024 i consiglieri comunali hanno approvato una mozioneCollegamento esterno direttamente ispirata agli esempi svizzeri.

>> Nel 2024 si è scoperto che una società svizzera specializzata nella raccolta di firme ne aveva falsificate alcune:

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Ginevra, Neuchâtel e potenzialmente Zurigo come pionieri dei diritti digitali a livello locale? Roussel, Barclay e Guillaume puntano ancora più in alto. Per loro il concetto di integrità digitale dovrebbe trovare spazio non solo a livello cantonale, né solo a quello nazionale, ma addirittura a livello sovranazionale.

Si tratta di un’impresa tutt’altro che semplice. Ma secondo Guillaume, l’idea “può trovare il suo posto nei grandi testi internazionali a tutela dei diritti umani”.

Articolo a cura di Benjamin von Wyl/sb

Traduzione di Vittoria Vardanega

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