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La Svizzera, una democrazia a doppio binario

La trequarticrazia svizzera

4 pezzi di formaggio Emmentaler e uno di parmigiano disposti in modo che raffigurano vette di montagne.
Se i paesi fossero dei formaggi, in materia di integrazione, la Svezia sarebbe un Emmental i cui grandi buchi simbolizzano l'apertura, mentre la Svizzera sarebbe un parmigiano duro e compatto, che simbolizza la chiusura. Keystone/Georg Hochmuth

Chi ha il passaporto svizzero gode di diritti decisionali politici più vasti che in qualsiasi altra parte del mondo. Tuttavia, nella Confederazione solo tre abitanti su quattro lo possiedono. In altre parole, il 25% delle persone che vivono e pagano le tasse in Svizzera è politicamente muto. I ricercatori mettono in guardia contro questo deficit democratico.

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L’inclusione politica è tutt’altro che una sciocchezza. Nella classifica internazionale della democrazia, è soprattutto l’integrazione lacunosa che costa il primo posto assoluto alla Svizzera.

Se l’integrazione politica fosse rappresentata come formaggio, allora la Svezia sarebbe l’Emmental con i suoi grandi buchi. Questo perché il paese scandinavo ha un sistema di integrazione particolarmente permeabile. Danesi, finlandesi, islandesi e norvegesi possono richiedere la cittadinanza svedese dopo soli due anni di residenza. Altri devono aspettare al massimo cinque anni.

La Svizzera, che ha inventato l’Emmental, sarebbe invece un parmigiano bello duro. Infatti, gli stranieri che vogliono integrarsi politicamente in Svizzera e che non sono sportivi di livello mondiale – i grandi atleti possono beneficiare di procedure accelerate – devono fare la coda. Anche un conto bancario con un saldo al minimo di sette cifre può accelerare la naturalizzazione.

Senza passaporto rossocrociato, non si ha voce in capitolo

La politica d’integrazione molto severa in confronto internazionale, con i suoi innumerevoli e altissimi ostacoli, fa sì che vi sia una parte molto consistente di stranieri che vivono in Svizzera da lungo tempo, ma che non acquisiscono la cittadinanza elvetica e quindi non dispongono del diritto di partecipazione politica.

Per varie ragioni, un adulto su quattro che vive in Svizzera non ha il passaporto rossocrociato e quindi di solito non ha alcun diritto politico o al massimo ha diritti politici molto limitati.

Un Paese, 26 sistemi diversi

In Svizzera di fatto esistono forti differenze regionali per quanto riguarda l’inclusione della popolazione residente straniera. A causa del federalismo, c’è un mosaico di diversi regimi di integrazione.

Il progetto di ricerca nccr – on the moveCollegamento esterno, lanciato dall’università di Neuchâtel, ha esaminato in dettaglio queste differenze cantonali in un confronto a livello di tutta la Svizzera. Utilizzando un indice basato su diversi fattori, i ricercatori hanno paragonato non solo le prassi di naturalizzazione, ma anche i diritti politici degli stranieri e degli svizzeri all’estero.

Svizzera francofona, terra liberale

Per quanto riguarda la naturalizzazione, esistono notevoli differenze tra i cantoni rurali della Svizzera tedesca e il Ticino, da un lato, e i cantoni urbani protestanti della Svizzera settentrionale e occidentale, dall’altro.

Un modello ancora più chiaro emerge quando si confrontano le opportunità di partecipazione politica degli stranieri. Comparativamente, i cantoni francofoni, in primis Neuchâtel, sono liberali.

Nelle altre regioni linguistiche del Paese, solo Basilea-Città, i Grigioni e Appenzello-Esterno prevedono diritti di partecipazione per gli stranieri. Tutti gli altri cantoni finora non ne hanno voluto sapere di accordare il diritto di voto stranieri.

Beninteso, stiamo parlando di partecipazione politica a livello comunale e/o cantonale. A livello nazionale, come già detto, solo chi ha il passaporto rosso può avere voce in capitolo.

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Svizzera e Svezia non sono proprio lo stesso paese

In realtà, il grafico qui sopra rappresenta solo mezza verità. La teoria – vale a dire il diritto astratto di partecipare alle decisioni – è una cosa. Ma il fatto che le persone facciano effettivamente uso di questo diritto è un’altra questione.

Un indice elaborato dall’università di Lucerna confronta le varie democrazie europee e tiene conto anche dell’inclusione effettiva degli immigrati. Campionessa europea in materia di inclusione degli stranieri è – senza grandi sorprese – la Svezia. La Svizzera è all’altro capo della classifica, appena davanti a Cipro, che occupa l’ultimo posto.

Svizzera, isola repubblicana nel cuore dell’Europa

Naturalmente, non è affatto un caso. La politica svizzera in materia di stranieri, notoriamente rigida, si spiega in gran parte con la sua storia e la sua concezione di Stato. La Svizzera è una repubblica e probabilmente la più repubblicana di tutte le repubbliche. Una caratteristica del repubblicanesimo è la chiara delimitazione del popolo.


Una controversia di lunga data

Il diritto di voto per gli stranieri è da anni un tema ricorrente nella democrazia diretta svizzera. Se non ha alcuna possibilità di superare l’esame delle urne a livello nazionale, in certi cantoni le cose si muovono. Gli episodi più recenti:

Nel 2014 i votanti del cantone di Sciaffusa hanno respinto la richiesta di accordare il diritto di voto agli stranieri con uno schiacciante 85%. Nel 2015, il think tank liberale Avenir Suisse spezzato una lancia in favore del “diritto di voto passivo per gli stranieri attivi” a livello locale. A Berna, una proposta analoga è stata adottata dal parlamento cantonale, ma poi la decisione è stata cassata alle urne popolari. Nel cantone di Soletta il diritto di voto per gli stranieri è tornato all’ordine del giorno politico. Dopo che lo scorso anno il parlamento cantonale ha respinto l’allargamento, delle sezioni giovanili di partiti di sinistra hanno deciso di riprovare.

È chiaramente definito chi ne fa parte e chi no. E chi ne fa parte, in quanto cittadino sovrano, gode di ampi diritti politici decisionali e di partecipazione.

Il cittadino repubblicano è più che un cittadino. È egli stesso una parte dello Stato: al contempo governato e co-governante. Questa concezione esclusiva e persino egemonica della nozione di cittadinanza spiega anche l’introduzione relativamente tardiva del suffragio femminile in Svizzera, nel 1971. Prima di allora, i cittadini – uomini – consideravano che le donne non ne “facevano parte”.

Imposte sì, partecipazione no

Tutto questo ha anche un lato negativo. Coloro che non fanno parte del popolo hanno poco o addirittura nulla da dire politicamente nella stragrande maggioranza dei luoghi in Svizzera.

Pagano le tasse come il proprio vicino svizzero. Ma quando si tratta di disciplinare gli affari pubblici, non si chiede la loro opinione. Ciò si traduce in un deficit democratico. Perché un principio dello Stato liberale afferma che chiunque paghi le tasse e si sottometta alle leggi dello Stato ha diritto anche alla partecipazione politica.

“Le auto volanti, le vacanze estive su Marte e la cotoletta in vitro, probabilmente, arriveranno ancora prima del diritto di voto per gli stranieri a livello nazionale.”

Una cosa è chiara: se si prende il diritto di voto femminile come indicatore del ritmo di ulteriore liberalizzazione della Svizzera – le donne hanno dovuto aspettare 123 anni per il diritto di voto –, allora le auto volanti, le vacanze estive su Marte e la cotoletta in vitro, probabilmente, arriveranno ancora prima del diritto di voto per gli stranieri a livello nazionale. Ammesso e concesso che questo un giorno superi la soglia della maggioranza.

Uno scenario più probabile della dissociazione dei diritti civili e politici è una procedura meno restrittiva per ottenere il passaporto rossocrociato. Ma anche in questo caso c’è da aspettarsi una forte resistenza.

Il primo e ultimo che ha cercato di costringere la Svizzera ad imboccare una via più liberale è stato Napoleone Bonaparte. Ma persino il più grande governante d’Europa ha dovuto capitolare.

Sembra che, nella disperazione, abbia detto: “Eventi felici mi hanno chiamato a capo del governo francese, eppure mi considererei incapace di governare gli svizzeri”.


Il «lato oscuro» della democrazia

La Svizzera detiene il record mondiale per numero di votazioni organizzate a livello nazionali. Ma malgrado i suoi oltre 620 scrutini federaliCollegamento esterno, la democrazia elvetica non è perfetta. In questa serie, Sandro Lüscher analizza con occhio critico gli aspetti problematici della democrazia svizzera. Studente di scienze politiche all’università di Zurigo, gestisce un blogCollegamento esterno sulla polica in Svizzera.

(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)

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