La democrazia diretta o i diritti popolari come “nice to have”
Oltre ad essere sottorappresentati nei consessi politici, donne, cittadini con un salario basso e un livello d'istruzione inferiore alla media e soprattutto i giovani adulti si recano meno alle urne rispetto al resto della popolazione. A causa di questa autoesclusione, i loro interessi vengono scarsamente difesi dagli attori politici. Nel suo articolo, il politologo Sandro Lüscher illustra le ragioni di questa situazione.
Questo articolo fa parte di #DearDemocracy, la piattaforma di swissinfo.ch sulla democrazia diretta.
Oggi, nessun’altra democrazia al mondo offre ai suoi cittadini così tante possibilità di partecipare ai processi politici come la Svizzera. Negli ultimi anni, il momento culminante di questa democrazia partecipativa è stata la votazione per il rinnovo della galleria stradale del San Gottardo, scrutinio che nel 2016 ha chiamato alle urne il 63,5% degli aventi diritto di voto.
La partecipazione più bassa si è registrata invece nel 2018 quando l’oggetto in discussione era talmente astruso che quasi nessuno – nemmeno gli stessi promotori – ha capito su che cosa si doveva votare: l’iniziativa ‘Moneta intera’ ha richiamato alle urne soltanto il 34,6% degli aventi diritto di voto.
In media meno della metà dei quasi cinque milioni e mezzo di votanti esercita questo diritto. Spesso a tenerli lontani dalle urne è la complessità dell’oggetto in votazione, una correlazione poco studiata finora e che analizziamo in questo articolo.
In merito all’articolo
L’articolo è la sintesi della tesi di master che l’autore ha presentato all’inizio dell’estate ai professori Daniel KüblerCollegamento esterno e Dr. Thomas MilicCollegamento esterno presso l’Istituto di politologia dell’Università di ZurigoCollegamento esterno. L’opera completa può essere consultata nella bibliotecaCollegamento esterno dell’ateneo.
Metodologia
Per calcolare la complessità dell’oggetto in votazione sono stati impiegati due indicatori: da una parte la percezione della complessità da parte dei singoli aventi diritto di voto, dall’altra il rapporto tra le schede bianche e quelle valide di ogni votazione. Questa percentuale indica indirettamente il grado di complessità della materia, di riflesso la difficoltà di capirla da parte dei votanti. Per motivi metodologici sono stati analizzati, per giornata di voto, solo gli oggetti con la maggiore partecipazione.
La democrazia partecipativa
La Svizzera è una democrazia di non professionisti. La panettiera di paese può dire la sua sul regime fiscale delle imprese, mentre l’informatico ha la possibilità di decidere se i contadini hanno diritto a una sovvenzione supplementare se non tagliano le corna delle loro mucche.
In Svizzera è normale che gli aventi diritto di voto si occupino di temi che esulano dal loro contesto quotidiano. All’estero, invece, le nostre campagne che precedono una votazione suscitano spesso grande incomprensione e qualche sorriso. La democrazia diretta è l’espressione istituzionale e, per così dire romantica, dell’incrollabile fede nel buonsenso politico dei cittadini. Un sistema politico come quello svizzero, con un ampio coinvolgimento della base, funziona soltanto se c’è fiducia reciproca tra cittadini e Stato.
Vorrei, ma però…
Ma gli aventi diritto di voto sono in grado di farsi un’opinione sulla base delle informazioni a loro disposizione? Gli oggetti in votazione diventano infatti sempre più complessi e di difficile comprensione.
La bassa partecipazione al voto, registrata in certe occasioni, è quindi un possibile indicatore della difficoltà dei votanti di farsi un’opinione su questioni sempre più complesse? Ci sono gruppi di persone che sono maggiormente toccati da questa evoluzione?
Questi interrogativi affrontano una questione centrale delle democrazie dei nostri tempi, ossia la discrepanza tra la reale sovranità del popolo e le richieste nei suoi confronti su cui si basa la nostra democrazia diretta. Se espressa in cifre, nel XX secolo la sovranità del popolo è in costante perdita in Svizzera. All’inizio degli anni Ottanta ha toccato i minimi storici, ossia il 42%. Da allora, la partecipazione è leggermente migliorata e si attesta attualmente al 45%. Non sono proprio percentuali di cui possiamo andare fieri.
Maggiore è la complessità, minore è la partecipazione
La democrazia ideale vede un’ampia partecipazione dei cittadini al processo politico. La realtà è però un’altra. Infatti per farsi un’opinione e per potersi esprimere è necessario comprendere i pro e i contro di un oggetto in votazione. Tuttavia se l’argomento è talmente complesso che nemmeno gli esperti sono in grado di capirlo, allora non deve sorprendere se i cittadini girano le spalle alla democrazia diretta.
Ci si potrebbe affidare ai politici o agli esperti, al consesso o al partito di cui si ha fiducia e riprendere le loro raccomandazioni di voto. Spesso, però, gli aventi diritto di voto non aprono nemmeno la busta di votazione perché spaventati dalla difficoltà dei temi su cui si devono chinare. Infatti c’è una correlazione tra la complessità degli oggetti e la partecipazione al voto.
La probabilità di una bassa partecipazione alle urne aumenta con la complessità dell’oggetto in votazione. Un legame che nemmeno una campagna particolarmente accesa o l’importanza dell’oggetto riesce a rompere.
“La probabilità di una bassa partecipazione alle urne aumenta con la complessità dell’oggetto in votazione”
Sandro Lüscher, politologo
La bassa partecipazione consolida le disparità
Ma la bassa partecipazione alle elezioni e votazioni è davvero un problema per la democrazia? L’astinenza politica non è forse l’espressione della soddisfazione del popolo? A questo proposito, la ricerca ha dato una risposta inequivocabile: No, la bassa partecipazione è un problema!
E sono due gli aspetti preoccupanti: da una parte la partecipazione è fondamentale per legittimare le decisioni politiche. Minore è la partecipazione, minore è la legittimità di una decisione popolare. Dall’altra parte, l’astinenza politica non interessa in maniera uguale tutti gli strati della società. Segue piuttosto una logica sociale e in questo modo fa vacillare il principio democratico dell’uguaglianza.
Mobilitare per rappresentare tutta la società
Minore è la partecipazione al voto, più ampio è il fossato sociale. In altre parole: le votazioni con un’alta affluenza alle urne rispecchiano meglio la molteplicità della popolazione, rispetto agli oggetti difficilmente comprensibili e su cui si esprime solo il nocciolo duro degli aventi diritto di voto.
Se una democrazia ha la pretesa di rappresentare gli interessi di tutta la popolazione e non solo quelli di una minoranza di benestanti, allora deve trovare una soluzione a questo dilemma della democrazia diretta. È un problema che la Svizzera deve affrontare visto che i suoi cittadini, più che altrove, hanno la possibilità di partecipare ai processi politici.
I primi cittadini “tirati a sorte” in Svizzera
Esistono già alcune soluzioni per risolvere questo problema. Una di queste è la giuria di cittadini che riprende il modello dell’Oregon. Nello Stato americano, un gruppo di cittadini estratti a sorte ha il compito di discutere un oggetto in votazione e di condurre le audizioni con gli ambienti interessati, gli esperti e gli specialisti.
Altri sviluppi
Giuria dei cittadini per un parere equilibrato sul voto popolare
Infine, la giuria di cittadini presenta ai votanti il risultato delle sue consultazioni in una documentazione indipendente e comprensibile a tutti. Finora le esperienze fatte con questo modello sono molto incoraggianti. I cittadini hanno apprezzato molto le informazioni indipendenti, grazie a cui sono stati in grado di farsi un’opinione e di decidere.
In Svizzera, il primo progetto sul modello partecipativo creato in Oregon sarà sperimentato a Sion durante le votazioni del canton Vallese. Il Fondo nazionale svizzero per la ricerca ha dato il compito di dirigere l’esperimento al politologo Nenad Stojanovic, professore all’Università di Ginevra.
Il “lato oscuro” della democrazia
La Svizzera detiene il record mondiale per numero di votazioni organizzate a livello nazionale. Malgrado i suoi oltre 620 scrutini federali (stato alla fine del 2017), la democrazia elvetica non è perfetta.
In questa serie, Sandro Lüscher analizza con occhio critico gli aspetti problematici della democrazia svizzera. Lo studente di scienze politiche all’Università di Zurigo tiene un blogCollegamento esterno sulla politica in Svizzera.
Traduzione dal tedesco di Luca Beti
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