Il paziente impegno di Stephan Büchi per la democrazia in Romania

Dopo il crollo della Cortina di ferro, lo svizzero Stephan Büchi si è candidato per una breve missione in un orfanotrofio rumeno. Da quella che doveva essere un'esperienza temporanea è nato un progetto di vita a favore delle persone svantaggiate e della democrazia.
“Sono molto preoccupato per la mia seconda patria”, dice Stephan Büchi. È la mattina dopo il primo turno delle elezioni presidenziali in Romania. Lo incontriamo in un caffè non lontano dalla sede centrale delle autorità elettorali nazionali.
“L’ascesa di forze estreme non è un buon segnale”, afferma Büchi, il cui viso corrucciato testimonia la sua preoccupazione, un sentimento che viene subito cancellato da un sorriso: “Ma sono certo che le rumene e i rumeni supereranno anche questa crisi”, dice il 65enne, che passa metà del suo tempo in Romania e l’altra in Svizzera.
Il 24 novembre 2024, le quasi 19 milioni di cittadine e cittadini rumeni, in patria e all’estero, avrebbero dovuto eleggere la persona destinata a succedere al presidente Klaus Johannis, in carica dal 2014.
Al primo turno, tuttavia, né il candidato dell’estrema destra Călin Georgescu né la liberale Elena Lasconi sono riusciti a ottenere la maggioranza. Inoltre, la Corte costituzionale romena ha annullato il voto per presunte “interferenze russe”.
Le elezioni sono ora previste per il 4 maggio, con un eventuale ballottaggio il 18 maggio 2025. Tra i pretendenti alla successione di Johannis non ci sarà però più Georgescu, estromesso dalla corsa dalla Commissione elettorale e dalla Corte costituzionale.
L’amore di Stephan Büchi per la Romania è sbocciato oltre tre decenni fa. Dopo aver lavorato per alcuni anni come assistente sociale nel comune di Köniz e presso il tribunale dei minorenni di Berna, Büchi, allora poco più che trentenne, era alla ricerca di una nuova sfida professionale.
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Come è arrivato a Bucarest nel 1991
Decide così di candidarsi presso diverse organizzazioni per una missione all’estero. “In realtà pensavo a un impiego in Africa, visto che sono cresciuto bilingue tedesco-francese. Mia madre è originaria del Giura bernese”, racconta.
Alla fine viene assunto dalla Fondazione villaggio pestalozzi di Trogen. Insieme a una collega svizzera, ha il compito di seguire e offrire consulenza a diversi orfanotrofi della capitale rumena, Bucarest, e dintorni.
Stephan Büchi arriva in Romania nella primavera del 1991, dopo un avventuroso viaggio in auto di diverse migliaia di chilometri. Nel Paese dell’est si trova confrontato con una realtà completamente diversa rispetto al suo solito ambiente di vita in Svizzera.
“Nelle strutture dell’epoca, gestite in modo gerarchico dallo Stato, vivevano insieme più di cento bambini, educati collettivamente. Avevano pochissimi oggetti personali e, quando entravano nell’orfanotrofio, veniva loro rasata la testa. Attorno agli istituti c’erano molti cani randagi, che potevano attaccare i bambini, ma anche gli estranei che volevano avvicinarsi all’orfanotrofio”.

Dopo la caduta del dittatore comunista Ceaușescu, all’inizio degli anni Novanta, il mondo venne a sapere dei “gulag per bambini”. I media puntarono i riflettori sulle situazioni pietose in cui vivevano, suscitando, “una vera e propria corsa delle organizzazioni umanitarie verso la Romania”.

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Per Büchi, quello che doveva essere un breve soggiorno all’estero, si è trasformato in una permanenza duratura. A trattenerlo, “la sorprendente e contagiosa gioia di vivere dei bambini, nonostante le condizioni estremamente difficili”.
Unico uomo in un orfanotrofio femminile
Stephan Büchi era l’unico uomo, per di più straniero, in un orfanotrofio per bambine e ragazze. All’inizio ha rivolto la sua attenzione alla struttura ormai fatiscente. Ad esempio, ha organizzato l’acquisto di nuovi letti e armadietti per ogni bambina e ha fatto rinnovare la lavanderia e gli impianti sanitari.
Inoltre ha messo a disposizione la sua esperienza maturata in Svizzera come assistente sociale: “Si trattava di considerare ogni bambina come un individuo a sé stante. In più ho promosso attività volte a promuovere la fiducia in sé stesse e la responsabilità”.
Tra le sue iniziative: la creazione di un giornalino gestito dalle bambine e dalle adolescenti e l’organizzazione di gite e campeggi.
“Nel mio bagaglio di idee, portato dalla mia esperienza come capo scout a Köniz, c’erano molte attività ludiche e metodi per rafforzare lo spirito di gruppo”.
“Grazie alle sue idee, Stephan fu una fresca ventata in Romania, dove all’epoca gli orfanotrofi erano sottoposti a un rigido regime statale”, racconta Claudia Stefanescu, una delle prime colleghe rumene di Büchi.
“Ciò che mi colpì particolarmente fu la capacità di Stephan di riconoscere il potenziale delle singole ragazze e di sostenerle concretamente”. Altro punto a favore di Stephan Büchi: la velocità con cui imparò il romeno.
“Stephan è come un padre per me”
Alla fine del millennio, quando la Fondazione Pestalozzi ha interrotto il suo sostegno finanziario al progetto, Stephan Büchi ha fondato insieme ad amici in Svizzera e Romania un’organizzazione d’aiuto a favore di bambini e giovani svantaggiati.
“Dopo aver lasciato l’orfanotrofio, i giovani avevano bisogno di un appartamento condiviso, che noi mettevamo loro a disposizione. Inoltre, parlavamo con scuole e datori di lavoro o finanziavamo studi e formazioni”, racconta Stephan Büchi, che mantiene ancora oggi stretti contatti con molti dei suoi ex bambini dell’orfanotrofio.
“Stephan è come un padre per me. Mi ha sostenuta in tutti questi anni”, dice per esempio Adriana Anghel.

Orfana fin da piccola, Adriana venne assegnata a un orfanotrofio a sud di Bucarest, gestito dalla Fondazione Pestalozzi. È lì che ha incontrato Stephan Büchi. Con il suo sostegno – ad esempio l’aiutava a fare i compiti – è riuscita a ultimare con successo la scuola dell’obbligo. In seguito ha abbracciato la professione di infermiera.
Oggi, Adriana Anghel, 42enne, è economicamente indipendente, lavora da alcuni anni in un ospedale di Londra, è sposata e ha un figlio di tre anni. “Stephan mi ha pagato il volo per il colloquio di lavoro”, racconta la donna.
Da cenerentola a motore economico dell’UE
Dopo la caduta della Cortina di ferro, la Romania ha vissuto un’evoluzione notevole: secondo la Banca mondiale, il prodotto interno lordo pro capite del Paese è quasi quadruplicato dal 1995 ad oggi.
Stando a un’analisi della Camera di commercio austriaca, con una superficie di 238’000 chilometri quadrati e quasi venti milioni di abitanti, la Romania è tra le “economie più stabili dell’Unione Europea”.
Dall’inizio del 2025, la Romania è diventata membro a pieno titolo dello spazio Schengen: “Un momento spartiacque”, ha dichiarato il ministro delle finanze Marcel Boloș in occasione della soppressione dei controlli alle frontiere con i Paesi dell’UE a sud e a nord.
Dopo la fine dell’era comunista e la caduta del dittatore Ceaușescu, nel maggio 1990 si sono tenute le prime elezioni libere nel Paese.
Nello stesso autunno, la Comunità europea ha concluso un accordo commerciale e di cooperazione con la Romania.
Il 1° febbraio 1995 è entrato in vigore un accordo di associazione. All’inizio degli anni Duemila sono iniziati i negoziati per l’adesione all’UE, che si sono conclusi nel 2004. Nello stesso anno il Paese è entrato a far parte dell’alleanza militare NATO e nel 2007 è diventato membro dell’Unione Europea.
“Oggi stiamo molto meglio rispetto a trent’anni fa dal punto di vista sociale ed economico”, sottolinea Stefan Stancu, titolare di un’azienda commerciale di Bucarest attiva nell’import-export di frutta secca, in un’intervista con SWI swissinfo.ch.
Stancu ha conosciuto Büchi a cavallo tra il XX e il XXI secolo e ha sostenuto diversi progetti promossi dallo svizzero-rumeno: “Questo lavoro ha insegnato a me e a molti altri quanto sia importante l’impegno volontario in una società moderna”.
Come Stefania Stefanescu o l’ex orfana Anghel, anche l’imprenditore Stancu è tra le persone in Romania che, grazie all’azione paziente di Stephan Büchi, hanno rafforzato la propria fiducia e le proprie competenze. Oggi sono protagonisti nella costruzione e nella trasformazione di una società democratica.
Progetti di finanziamento dell’UE e della Svizzera
Dopo l’adesione del Paese all’Unione Europea, Stephan Büchi ha iniziato a lavorare anche come consulente per la valutazione di progetti di cooperazione tra l’UE e la Svizzera.
“L’ho conosciuto come un professionista molto preparato, competente e impegnato”, afferma il diplomatico svizzero Thomas Stauffer, che tra il 2010 e il 2016 ha diretto l’Ufficio del programma di cooperazione tra Svizzera e Romania nell’ambito del contributo elvetico ad alcuni Stati dell’Est membri dell’UE.
All’inizio del nuovo millennio, Stephan Büchi ha valutato per conto della Svizzera diverse iniziative socio-educative. In seguito, su incarico dell’Unione Europea, ha consigliato il Ministero dell’istruzione rumeno su questioni legate alla tutela della famiglia e ai diritti dell’infanzia.
“Si trattava di sensibilizzare autorità locali, medici e insegnanti sull’accesso ai servizi terapeutici per bambini provenienti da zone isolate”, spiega Büchi, ricordando un elemento centrale della politica di sostegno della Svizzera. “Rispetto all’UE, la Svizzera è più scrupolosa nella selezione dei progetti e controlla meglio dove e come vengono impiegati i fondi”

Le persone che hanno accompagnato le iniziative in Romania di Stephan Büchi sono rimaste colpite dai “viaggi di studio” in Svizzera.
“Durante queste visite ho vissuto e percepito come una democrazia funzionante possa affrontare anche questioni complesse”, afferma Stefan Stancu, che definisce il compito sancito dalla Costituzione svizzera di “promozione internazionale della democrazia” come il più importante per la Confederazione nel contesto attuale.
Anche in Romania: a maggio la popolazione sarà di nuovo chiamata alle urne, dopo che le elezioni presidenziali sono state dichiarate nulle alla fine del 2024.
Quando si trova in Svizzera, ogni sera prima dell’edizione principale del Tagesschau della televisione svizzero-tedesca SRF, Stephan Büchi guarda il telegiornale dell’emittente pubblica rumena Televiziunea Română.
Inoltre, invece di invitare colleghe e colleghi rumeni in Svizzera per viaggi di studio, qualche anno fa ha fondato un’agenzia di viaggi, con cui accompagna persone singole e piccoli gruppi in diverse località della Romania, continuando così la sua lunga attività di costruttore di ponti e il suo paziente impegno per una Romania democratica.
Articolo a cura di Mark Livingston
Traduzione di Luca Beti

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