«Il sistema perfetto non esiste»
Il paese più avanzato in materia di democrazia diretta è la Svizzera, dove il popolo vota su questioni importanti quattro volte all’anno. Ma questa democrazia elvetica comporta anche delle lacune e deve essere aggiornata. In America del Sud, il paese più avanzato è l’Uruguay, seguito dall’Ecuador, mentre in Brasile si osserva una certa “negligenza”. È quanto constata il politologo svizzero Rolf Rauschenbach, ricercatore post-dottorato dell’Università di San Paolo. Intervista.
swissinfo.ch: Lei afferma che in Brasile c’è una “negligenza” dei processi di democrazia diretta. La riforma politica in discussione al Congresso corrobora quest’idea?
Rolf Rauschenbach: Non è esagerato dirlo. Ad esempio, dopo le manifestazioni del 2013, la presidente Dilma Rousseff ha proposto di indire alcuni plebisciti. Sono proposte a dir poco complicate che sono nate dal nulla e che non portavano da nessuna parte. Ci possiamo quindi chiedere se queste proposte fossero realmente serie o se si trattava semplicemente di una strategia per calmare il furore popolare.
swissinfo.ch: Il suo studio comparativo sulla democrazia diretta in America del Sud mostra che le costituzioni di praticamente tutti i paesi fanno riferimento all’iniziativa, al referendum o al plebiscito. Quali sono i paesi più avanzati in materia?
R. R.: Quest’analisi mostra in effetti che tutte le costituzioni fanno in un qualche modo riferimento alla democrazia diretta. Ma questo concetto è abbastanza ampio e se si guarda da più vicino si notano numerose particolarità. Non è facile stilare una classifica siccome ci possono essere dei progressi in un settore, che vengono però neutralizzati in altri.
Considerando unicamente i processi di democrazia diretta, l’Uruguay (Costituzione del 1987) è il paese più avanzato. Per fornire soltanto un esempio: ogni modifica costituzionale deve essere avallata dal popolo. Dal 1990, i meccanismi di democrazia diretta sono stati azionati in sette occasioni. Più recente (2008), la Costituzione dell’Ecuador garantisce anch’essa una partecipazione diretta abbastanza ampia.swissinfo.ch: Le costituzioni dell’America del Sud s’ispirano tutte a quella svizzera?
R. R.: È risaputo che, in epoca moderna, la Svizzera ha la tradizione più lunga in materia di processi di democrazia diretta a livello federale. Le nuove costituzioni s’ispirano sempre a testi già esistenti. Il riferimento alla Svizzera è tra i più evidenti. Questo contatto c’è sicuramente stato nell’elaborazione della Costituzione brasiliana. Non ho studiato la storia delle altre costituzioni dell’America latina, ma posso supporre che l’esperienza svizzera abbia avuto un’influenza diretta o indiretta.
swissinfo.ch: Come mai la Svizzera ha la tradizione di democrazia diretta più lunga?
R. R.: Esistevano già delle esperienze di democrazia diretta in alcuni cantoni, ad esempio tramite le Landsgemeinde. Queste esperienze sono state adattate alla Costituzione. Già nel 1848, il popolo ha ottenuto il diritto di modificare la Costituzione federale alle urne. Ha poi fatto seguito l’introduzione del referendum facoltativo (1876) e dell’iniziativa popolare (1891).
swissinfo.ch: Ci sono dei difetti nella democrazia svizzera?
R. R.: Il sistema perfetto non esiste. Direi che i meccanismi di democrazia diretta in quanto tali funzionano bene. Secondo me, i problemi derivano principalmente dal loro contesto. Non sono quindi esclusivamente inerenti alla democrazia diretta. Voglio illustrare questo concetto con tre problemi: la portata, il diritto di voto e il finanziamento.
I processi di democrazia diretta, come tutti i processi politici formali, si riferiscono sempre a un territorio delimitato. È inevitabile e a priori non è un problema. Tuttavia, può succedere che ci siano questioni politiche che non si limitano sempre a territori le cui frontiere sono state definite secoli fa. Ci sono dei cantoni di frontiera e piccoli, come Ginevra o Basilea Città, che hanno responsabilità che vanno ben oltre i confini cantonali. Secondo me, uno dei problemi fondamentali è che la suddivisione cantonale della Svizzera non corrisponde più alla realtà. È per questo che, nelle decisioni di democrazia diretta, abbiamo delle costellazioni che forse non sono le più adatte. Non è un problema inerente alla democrazia diretta. È il contesto che è cambiato e non è ancora stato possibile adattare la questione territoriale.
Il secondo problema fondamentale è il diritto di voto. La Svizzera è conosciuta per aver concesso il voto alle donne soltanto nel 1971. Oggigiorno, la popolazione straniera in Svizzera ha già superato la soglia del 20%. Questa parte importante della popolazione è esclusa dal gioco politico, malgrado paghi le imposte. Ciò significa che le decisioni delle consultazioni popolari non rappresentano la volontà di tutti coloro che sono toccati dai risultati.Un terzo problema è la questione del finanziamento della politica. In Svizzera abbiamo una legislazione debole e poco trasparente.
swissinfo.ch: Lei dice che in America del Sud gli strumenti di democrazia diretta sono complementari alla democrazia rappresentativa. In Svizzera, la democrazia diretta è invece al centro del sistema politico…
R. R.: Dal punto di vista filosofico e della legittimità, sia la Costituzione brasiliana sia quella svizzera dicono nel loro articolo 1 che «tutto il potere emana dal popolo e che è esercitato in suo nome», o qualcosa di simile. In questo senso, alla base di tutto ci sono i cittadini, il popolo. È lo stesso in tutte le costituzioni democratiche.
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La configurazione costituzionale definisce il modo in cui questo potere è suddiviso e organizzato. Esistono migliaia di variazioni. È evidente che l’influenza diretta di un cittadino svizzero è superiore di quella di un cittadino brasiliano. Ciononostante, anche in Svizzera ci sono molte decisioni che sono prese dal parlamento, dall’amministrazione e dai tribunali. Il popolo svizzero ha però la possibilità d’intervenire nella sfera più elevata, ovvero la Costituzione, e quindi svolge davvero un ruolo centrale.
swissinfo.ch: Ci sono tuttavia delle decisioni di democrazia diretta che sono in contrasto con gli accordi internazionali firmati e ratificati dalla Svizzera…
R. R.: Mi piace ricordare che la democrazia è davvero tale soltanto quando non ci sono risultati predefiniti. Si potrebbe affermare che l’esistenza di conflitti tra le decisioni popolari e gli accordi internazionali non contribuisce a una buona intesa con i vicini. Ma gli accordi internazionali non sono nemmeno delle leggi divine. Sono il risultato di processi politici, possono essere modificati ed evolvono. Quindi, tali conflitti si verificano e dobbiamo trovare delle soluzioni, ovviamente in modo civile. Non è perché il risultato di un voto non ci soddisfa per niente che tutto il meccanismo è pessimo!
swissinfo.ch: La democrazia diretta ha contribuito alla politicizzazione dei cittadini?
R. R.: Senza alcun dubbio. Ma la politicizzazione dei cittadini necessita di una certa regolarità nelle votazioni. Si perde in abilità tutto ciò che non si pratica con regolarità. I processi di democrazia diretta sono complessi siccome tutti possono partecipare. Per capire l’altro o per poter anticipare il comportamento degli altri, bisogna conoscerli, con esperienze concrete. Se queste esperienze avvengono solo ogni 10 o 20 anni, finiranno per essere sopraffatte dal caso.
swissinfo.ch: Se c’è politicizzazione, perché il tasso di partecipazione alle votazioni e alle elezioni è solitamente basso?
R. R.: In Svizzera, la partecipazione è bassa, ma varia in funzione dell’importanza degli oggetti sottoposti al voto. Non credo che ciò sia un problema. La democrazia è la libertà di votare “sì” o “no”, ma pure la libertà di non votare. Ci sono diversi fattori alla base di questa non partecipazione. In Svizzera si vota fino a quattro volte all’anno! Alcune persone pensano che il risultato sarà comunque positivo per loro, altre invece non si interessano dell’oggetto in votazione. Penso che sia legittimo. Se nessuno s’interessasse alla politica, saremmo di fronte a un problema. Ma non è così.
Oltre a queste ragioni c’è forse l’influsso dei problemi fondamentali che ho citato prima e che frenano anche la partecipazione. Più un processo politico è corretto e adeguato, più le persone gli fanno fiducia e vogliono parteciparvi.
Sovente si evoca anche il problema della complessità degli oggetti in votazione. È vero: viviamo in un mondo sempre più complesso e questa complessità si riflette anche nella politica. Il cittadino di oggi deve adattarsi, non ci sono altre soluzioni. Non può pretendere di beneficiare di tutti i progressi sociali o tecnologici, senza assumersi le proprie responsabilità.
Per tornare al Brasile: abbiamo un paese enorme con una grande diversità. Secondo me, spesso questa complessità non si riflette nelle decisioni politiche. Sovente si nota che le cose si riducono a Brasilia o ai due partiti principali. Ma il Brasile è molto più di questo. E per l’appunto, i meccanismi di democrazia diretta possono contribuire ad ampliare la visione.
Traduzione dal portoghese di Luigi Jorio
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