Karl Bürkli, lo svizzero che insegnò agli USA la democrazia diretta
Negli Stati Uniti, il percorso verso la democrazia diretta è passato da Zurigo. Una vicenda strettamente legata alla storia del socialista Karl Bürkli, un pragmatico utopista.
A livello nazionale, negli Stati Uniti non esiste l’istituto della democrazia diretta. L’ultimo, fallito tentativo di introdurlo risale all’inizio degli anni Duemila. Ma in alcuni Stati americani sono in vigore strumenti di questo tipo perché il popolo contribuisca alla presa di decisioni.
Perché ci concentriamo sulle “repubbliche sorelle” Svizzera e USA?
Il 5 novembre la popolazione statunitense voterà per un nuovo presidente o – per la prima volta – per una presidente donna.
Sia Kamala Harris che Donald Trump hanno dichiarato che si tratta di un’elezione fatidica per il futuro del sistema politico e della democrazia.
La Svizzera e gli Stati Uniti un tempo si sono plasmati a vicenda.
In questo momento, abbiamo analizzato la storia comune dei due Paesi e abbiamo visto come il passato fraterno continui ad avere un impatto sul presente.
Alla fine del diciannovesimo secolo, il movimento a favore dell’introduzione della democrazia diretta negli Stati Uniti fu notevolmente influenzato da uno svizzero: Karl Bürkli.
Nato nel 1823 a Zurigo, per tutta la vita Bürkli sognò un mondo nel quale tutti e tutte vivessero liberi, con parità di diritti, in sontuosi palazzi.
Sogni a parte, Bürkli diede un contributo sostanziale per arrivare alla democrazia diretta nella Confederazione elvetica. Al tempo stesso fu d’altronde una figura centrale del movimento cooperativo svizzero. E ricoprì un ruolo fondamentale persino nella nascita delle banche cantonali, che concedono prestiti alle piccole imprese.
Il Walz di Karl Bürkli verso l’utopia
In uno dei suoi ultimi libri, Bürkli racconta di avere volontariamente rinunciato a “mordere la mela del peccato”. Cresciuto in una zona urbana affacciata sul lago di Zurigo, era figlio di un conservatore benestante che ammirava l’aristocrazia e difendeva idee reazionarie, come la convinzione che l’influsso democratizzante che veniva dai rivoluzionari francesi andasse combattuto. Non era un orizzonte di valori in cui si riconosceva suo figlio.
Fu il padre a procurare al giovane Karl un posto di lavoro da conciatore: doveva scuoiare animali, per trasformarli in pelle. Un mestiere a mo’ di umiliante punizione, con l’obiettivo di riavvicinarlo alla sua classe sociale d’origine, una strategia che però ottenne il risultato opposto. Bürkli si dedicò infatti al Walz, il viaggio itinerante degli artigiani, e lasciò Zurigo. E per tutta la vita, finirà per apporre a fianco alla sua firma: “di professione conciatore”.
In cerca di compagni di strada, nel 1845 Bürkli arriva anche a Parigi, per una vera abbuffata di cibo per la mente. Nella capitale francese diventa un sostenitore del socialista utopico Charles Fourier. Un personaggio peculiare, con un debole per l’eccentricità: una volta ebbe a dire che quando sarebbe stato sconfitto il capitalismo, il mare si sarebbe fatto limonata e gli squali si sarebbero messi di propria sponte a trainare navi. Ma Fourier era anche portatore di proposte concrete, come il falansterio.
Prevedeva che gruppi di 200 persone vivessero insieme in magnifici edifici, che avrebbero gestito collettivamente. Comunità organizzate come società per azioni che si autodeterminassero. Nella visione di Fourier, il lavoro e il piacere condivisi andavano a braccetto, anche perché i loro frutti sarebbero stati un bene comune.
Una visione che aveva conquistato Bürkli, quando nel 1848 fece ritorno a Zurigo. Si mise di buon animo a tradurre in tedesco i lavori di Fourier, ma il suo sforzo raccolse pochi o nulla risultati, nonostante la Svizzera attraversasse un momento di grandi rivolgimenti.
C’è che i lavoratori elvetici avevano l’obiettivo di ottenere salari migliori, più che magnifici palazzi da gestire collettivamente. Così Bürki cominciò col puntare sul fattibile e fondò la cooperativa zurighese di consumo, che si prefiggeva di combattere la povertà grazie a prezzi equi. Fu un successo, che lo portò per la prima volta a sedere sugli scranni del Parlamento di Zurigo.
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La delusione americana
In seguito, si mise di nuovo all’inseguimento dell’utopia. Nel 1855 si trasferì negli Stati Uniti, per mettere in pratica la visione di Fourier nell’insediamento texano de “La Réunion”. Gli avventurieri zurighesi però oltreoceano trovarono solo un paio di misere capanne e un gruppo di schiavisti, che non tenevano in gran considerazione le idee socialiste di cui si facevano portatori. Ma anche all’interno, il movimento vacillava. Il successore di Fourier, Victor Considérant, si dava arie da sovrano, pur in mancanza di un palazzo reale.
Dopo appena due anni, si finì per gettare la spugna. Della comune americana restano tracce visibili, se ancora oggi a Dallas una torre porta il suo nome. Bürkli quindi torna in Svizzera prima ancora di essersi fatto conoscere negli Stati Uniti. Ad attenderlo in patria trova una beffa. Rimane a lavorare per poco tempo presso la cooperativa del consumo, prima di esserne espulso dai suoi co-fondatori. Negli 1861 si trasforma così in albergatore.
La carriera politica dalle stanze di un albergo
Karl Bürkli battezza il suo piccolo e buio hotel nel quartiere zurighese di Niederdorf “Consumo”. E lo trasforma in luogo d’elezione per le riunioni di un nuovo movimento. Nel 1866, Bürkli viene eletto nel Gran Consiglio cantonale.
Al tempo, a Zurigo una piccola élite tendeva a mettere la democrazia rappresentativa al servizio dei propri interessi commerciali. Nei cosiddetti “anni della fondazione” contadini, operai ma anche piccoli imprenditori vivevano spesso in condizioni di miseria.
Bürkli teneva discorsi pubblici carichi di verve contro “l’aristocrazia finanziaria”, ma fu proprio un suo compagno di strada, Friedrich Locher, a prendere di mira il portavoce della democrazia rappresentativa con una campagna di violenza inedita a cavallo fra populismo e calunnia.
L’esplosione nel 1867 a Zurigo di un’epidemia di colera, malattia che fece strage soprattutto fra le persone più povere, contribuì alla crescita del movimento democratico. Nel dicembre 1867 Bürkli consegnò al presidente del Governo cittadino 30’000 firme per chiedere la completa revisione della Costituzione. Obiettivo raggiunto grazie ad una iniziativa popolare diretta e a un referendum, concepito come mezzo per aggirare il Parlamento.
Se fosse stato per Bürkli, il Parlamento l’avrebbe semplicemente soppresso, idea che però non riuscì a imporre nello schieramento democratico, così come non ci fu modo di far passare la sua proposta di far pagare più tasse alle persone benestanti.
Il sogno di una Svizzera al cuore di una coalizione di Stati
Il 18 aprile 1869 il Canton Zurigo si ritrovò così con una Costituzione talmente avanzata, da costituire un sensazionale unicum per i tempi. Bürkli ne era pienamente consapevole. E procedette con l’immaginare imprese sempre più clamorose. La Svizzera sarebbe allora dovuta diventare il cuore democratizzante dei futuri “Stati Uniti d’Europa”.
A un certo punto, il pensatore zurighese si spinse fino a ipotizzare che la Confederazione divenisse parte degli Stati Uniti d’America. Perché si trattava “dell’unica repubblica dalla quale potremmo imparare qualcosa”. Un’idea che qualcuno oltreoceano considerava sensata: c’era in effetti all’epoca grande interesse per la rivoluzione pacifica nel Canton Zurigo.
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Karl Bürkli, pioniere della democrazia
In seguito ai successi del 1869, i testi di Bürkli cominciarono a circolare anche nello spazio anglofono. Nel 1888 il capo del sindacato dei tipografi della Pennsylvania, James William Sullivan, andò a conoscerlo di persona. Ne seguiva il lavoro già dal 1874.
Fu proprio Sullivan nel 1892 a pubblicare il volume “Direct Legislation by the Citizenship through the Initiative and Referendum”, che portò negli Stati Uniti il concetto di diritti popolari. Fra il 1891 e il 1898 nel Paese furono pubblicate oltre 70 opere sul tema della democrazia diretta in Svizzera.
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Alfred Escher, oligarca dell’industrializzazione svizzera
E fu ancora Sullivan con Simon U’Ren, che pure era in contatto con Bürkli, insieme ad altre personalità, a battersi perché entro il 1918 in 23 Stati americani fossero introdotti strumenti di partecipazione democratica diretta. Nella dedica in una copia del suo libro che regalò a Bürkli, Sullivan scrisse: “A Karl Bürkli, pioniere!”. L’esemplare è oggi conservato nella biblioteca centrale zurighese.
Nonostante Bürkli abbia evidentemente influenzato la democrazia in Svizzera e negli Stati Uniti, i suoi sforzi non furono premiati con grandi onori. Tanto che ancora oggi, sui piedistalli troviamo piuttosto le statue dei suoi avversari di allora, come Alfred Escher. Nonostante questi avrebbe preferito di gran lunga conservare una democrazia rappresentativa per pochi, anziché introdurre le votazioni popolari.
La nuova biografia di Bürkli scritta dallo storico Urs Hafner è allora una sorta di monumento alla memoria, che era da tempo dovuto.
Urs Hafner: Karl Bürkli – Der Sozialist vom Paradeplatz, 2023.
Goran Seferovic: Volksinitiative zwischen Recht und Politik, 2018.
A cura di Benjamin von Wyl
Traduzione di Serena Tinari
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