L’astensionismo record in Svizzera sotto la lente di giovani ricercatori
Alcuni studenti dell’Istituto di scienze politiche dell’Università di Zurigo si sono occupati delle ragioni della debole partecipazione politica dei cittadini in Svizzera. I loro risultati sono in parte sorprendenti e potrebbero ispirare i responsabili delle campagne politiche.
«Passare da un’incertezza disinformata a un’incertezza informata: è l’obiettivo delle indagini e dei sondaggi in scienze politiche!». È in questi termini che il politologo Claude Longchamp, il più noto responsabile di sondaggi politici in Svizzera, ha commentato lo scorso mese di maggio la presentazione dei lavori di bachelor degli studenti del seminario “Disuguaglianza, democrazia e partecipazione” dell’Istituto di scienze politiche (IPZCollegamento esterno) dell’Università di Zurigo.
«Perché un paese come la Svizzera, considerato un modello in materia di democrazia diretta, presenta uno dei tassi di partecipazione più bassiCollegamento esterno? I cittadini sono talmente soddisfatti da non recarsi più alle urne? È uno dei temi che abbiamo affrontato questa settimana», spiega la professoressa Silja Häusermann, responsabile del seminario.
Gli studenti si sono basati su diverse serie di dati, tra cui l’Indagine Sociale EuropeaCollegamento esterno 2012. Hanno pure analizzato dei dati specificamente svizzeri.
Le ricerche sono state riassunte su dei cartelloni, in quello che Silja Häusermann definisce un esercizio molto utile. «Ciò spinge gli studenti non solo a sbrogliare la complessità dei dati a disposizione, ma pure a trovare una conclusione». Il gruppo di studenti dell’anno accademico 2014-2015 è il terzo a svolgere l’esercizio.
Poter partecipare è più importante che partecipare
Stefan Rey ha fatto una prima scoperta potenzialmente interessante. Il suo lavoro si è focalizzato sulla correlazione tra l’estensione dei diritti democratici nei vari cantoni (referendum finanziario, diritto d’iniziativa individuale, …) e il grado di soddisfazione dei cittadini. «Ci si poteva aspettare che i cittadini che dispongono di una vasta gamma di strumenti di democrazia diretta fossero più soddisfatti del sistema rispetto ad altri e che più ci sono votazioni su oggetti diversi, più sono soddisfatti».
Lo studio di Stefan Rey conferma quest’ipotesi. I cantoni romandi, che votano meno di quelli germanofoni, presentano dei gradi di soddisfazione più bassi. Le differenze non sono però significative. Per lo studente dell’ateneo zurighese, «la possibilità di partecipare alle decisioni ha maggiori effetti, in termini di soddisfazione, della partecipazione in quanto tale».
Giovani meno soddisfatti degli stranieri
Un altro tema ricorrente quando si parla del basso tasso di partecipazione è l’assenza del diritto di voto per alcune categorie della popolazione. Dare più diritti – ad esempio ai minori o agli stranieri – aumenta la soddisfazione tra gli abitanti di un paese? La società, come pure l’economia, ha bisogno di cittadini soddisfatti, osserva Jeffrey Stein. Lo studente ha paragonato il grado di soddisfazione degli stranieri, dei minorenni, degli elettori e degli astensionisti.
Sorpresa: le persone che non possono votare sono più positive nei confronti del sistema rispetto a quelle che votano e a quelle che rinunciano a esercitare i loro diritti. Ciò non vale però per i minori nella categoria delle persone che non hanno il diritto di partecipare alle elezioni, sono nettamente meno soddisfatti degli stranieri.
Stabilità dell’interesse politico dei giovani
Un’altra studentessa, Blertha Salihi, ha dal canto suo analizzato il comportamento durante le votazioni degli stranieri naturalizzati, paragonandolo a quello delle persone originarie del paese. «Come previsto, quest’ultimi sono più propensi a partecipare agli scrutini rispetto ai primi. In media, l’82% di loro si dice pronto a votare, contro il 70% dei migranti naturalizzati», spiega.
Altri sviluppi
Come la democrazia diretta si è sviluppata nel corso dei decenni
Per Blertha Salihi, «le persone naturalizzate s’identificano a lungo con il loro paese di provenienza. Il loro interesse per gli avvenimenti politici nel loro paese d’adozione è quindi spesso minore».
I giovani sono un altro gruppo target degli sforzi per aumentare il tasso di partecipazione alle votazioni ed è di loro che si è occupato Ruedi Schneider. Secondo lui, l’interesse politico dei giovani di 15-30 anni è rimasto stabile in Svizzera tra il 2002 e il 2012. Un po’ meno del 50% di questi giovani si dice interessato, contro il 32,4% in media europea.
Pochi “voti sbagliati” in Svizzera
E se i cittadini votassero a volte contro le loro preferenze e contro i loro interessi? Chiamato “incorrect voting”, questo fenomeno è sovente studiato negli Stati Uniti, in relazione con i cittadini più sfavoriti e meno istruiti che eleggono dei candidati repubblicani. Arlena Frey ha passato al setaccio due oggetti in votazione il 30 novembre 2008: l’iniziativa “per un’età di pensionamento flessibile”, respinta con il 59% dei voti, e l’iniziativa “per l’imprescrittibilità dei reati di pornografia infantile”, accettata da quasi il 52% dell’elettorato.
Secondo Arlena Frey, il fenomeno del “voto sbagliato” è poco presente in Svizzera. Ha interessato il 7,5% dei votanti per l’iniziativa sul pensionamento e il 10% delle persone che hanno votato in favore dell’imprescrittibilità. «Più i cittadini sono interessati a un progetto, meno il “voto sbagliato” è presente», ritiene la studentessa. La debole proporzione di “voti sbagliati” in Svizzera, conclude, è un buon segnale per la legittimità della democrazia diretta.
La professoressa Silja Häusermann sottolinea che «questi lavori mostrano che il sentimento di competenza che i cittadini hanno di loro stessi è molto importante per la partecipazione politica. Bisogna forse lavorare maggiormente sull’educazione civica per aumentare il numero di cittadini che si recano alle urne». Un messaggio chiaro a pochi mesi dalle elezioni federali.
Traduzione dal francese di Luigi Jorio
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