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L’ora dei capi poco amati

Redazione Swissinfo

Negli ultimi anni, in oltre cinquanta occasioni i cittadini europei si sono intromessi nella politica di Bruxelles facendo capo al diritto di iniziativa. Un recente referendum popolare contro l’accordo di libero scambio con gli Stati Uniti, sottoscritto da più di un milione di aventi diritto di voto, suscita vive discussioni, sia a destra sia a sinistra.

La promessa della Commissione europea suonava e suona bene: «Voi dettate l’agenda politica!Collegamento esterno». Ed è ciò che ha anche dichiarato l’allora vice presidente della commissione Maroš Šefčovič nel momento dell’entrata in vigore, il 1° aprile 2012, del primo diritto popolare transnazionale: il diritto di iniziativa dei cittadini europei.

Manifestazione di militanti dell’Unione cristiano-democratica tedesca (CDU), il 24 maggio 2014 a Düsseldorf, contro l’accordo di libero scambio tra l’UE e gli Stati uniti. Keystone

Il diritto popolare, conquistato dal movimento democratico europeo sorto dopo la caduta del Muro di Berlino («Noi siamo il popolo») nell’ambito della Convenzione europea del 2002-2003, dà la possibilità di raccogliere e presentare petizioni alla Commissione europea. Con l’entrata in vigore dell’attuale Costituzione europea, il cosiddetto Trattato di Lisbona, questo diritto fondamentale della democrazia diretta, il primo a livello transnazionale, ha ottenuto rango costituzionale.

Due anni dopo, gli Stati membri e il Parlamento europeo hanno definito il regolamentoCollegamento esterno: questo stabilisce che un milione di cittadini europei – che hanno firmato entro un anno l’iniziativa e provenienti da almeno sette Paesi membri – possa trasmettere una proposta di legge, «partecipando così alla vita democratica dell’Unione», si legge nel tratto dell’UE.

Piccola rivoluzione

L’attesa nei confronti di questa novità e della sua applicazione a livello legislativo era ed è molto elevata: finalmente era riconosciuta e applicata anche nell’UE la massima secondo cui il popolo è sovrano, anche in ambito di politica transnazionale. In effetti, tale diritto popolare corrisponde a una piccola rivoluzione, soprattutto per i cittadini di quegli Stati che in politica, eccezion fatta per le elezioni parlamentari, sono relegati a un ruolo di meri spettatori. Offrendo la possibilità di raccogliere online le firmCollegamento esternoe necessarie, Bruxelles ha addirittura superato il sistema di democrazia diretta della Svizzera.

Il popolo ha la possibilità di prendere parte (almeno parzialmente) al processo legislativo. Ciò significa che i cittadini hanno l’ultima parola. E la nuova possibilità è stata accolta a braccia aperte. Nei primi mesi dalla messa in vigore di questo diritto popolare nel 2012 sono state inserite le prime iniziative popolari europee sulla pagina ufficiale di registrazione della commissione, tra cui il progetto di legge dei sindacati contro la privatizzazione della gestione dell’acqua potabile, il disegno dei giovani europei in favore di un programma di scambio migliore oppure quello volto a limitare drasticamente la ricerca sulle cellule staminali.

Lo specialista di democrazia diretta Bruno Kaufmann. Zvg

Privatizzazione della gestione dell’acqua, ricerca sulle cellule staminali

In totale sono stati inoltrati poco più di cinquanta referendum europei, di cui tre hanno superato i vari scogli legislativi e normativi della commissione. Due iniziative, quella contro la privatizzazione della gestione dell’acqua e quella per la limitazione della ricerca sulle cellule staminali sono già state trattate.

Tutto ciò sarebbe ed è un bel successo per la democrazia! Se non ci fosse tutta una serie di problemi, ostacoli e resistenze, che hanno diminuito l’interesse dell’opinione pubblica nei suoi confronti. In questo momento, si stanno raccogliendo le firme per due sole iniziativeCollegamento esterno, sostenute per ora da poco più di 8000 cittadini dell’UE. In altre parole: il diritto di iniziativa dei cittadini europei sta vivendo la sua peggiore crisi e senza ampie riforme e adeguati sforzi politici rischia di fallire miseramente.

Non sono solo il principio di una democrazia moderna e il buonsenso a far propendere l’ago della bilancia verso la continuazione della partecipazione attiva dei cittadini nell’UE. Ci sono anche tante persone e organizzazioni che farebbero capo volentieri a questo nuovo strumento, se ciò fosse possibile. Se la vecchia Commissione europea della presidenza di José Manuel Barroso ha fatto di tutto per aggirare il diritto di esprimersi dei cittadini, il nuovo capo a Berlaymont, l’ex primo ministro lussemburghese Jean-Claude Juncker non si è ancora espresso in merito.

Bruno Kaufmann

Di origine svizzera, Bruno Kaufmann presiede l’Istituto europeo sull’iniziativa e il referendum (un laboratorio di idee transnazionale) e co-presiede il Global forum on Modern Direct Democracy. Vive in Svezia, dove dirige tra l’altro la Commissione elettorale della città di Falun. In qualità di giornalista, lavora come corrispondente dal Nord Europa per la Radio svizzero-tedesca (DRS) ed è caporedattore di people2power, una piattaforma sulla democrazia diretta creata e ospitata swissinfo.ch.

Respinte quasi la metà

Sotto la reggenza Barroso, il vicepresidente della commissione Šefčovič si era detto favorevole alle iniziative e aveva impiegato alcuni competenti collaboratori. Nell’ufficio dell’attuale segretario generale Catherine Day, quasi la metà delle iniziative sono state definite inammissibili. Day ha giustificato queste decisioni dichiarando che la commissione non avrebbe le competenze necessarie per elaborare le proposte di legge. A causa della incoerenza della commissione, la Corte di giustizia europea Collegamento esternodeve occuparsi di sei cause riguardanti tre iniziative respinte. L’ultimo caso verte sull’iniziativa popolare sul trattato di libero scambio tra l’UE e gli Stati Uniti, il cosiddetto Transatlantic Trade and Investment Partnership, in breve TTIP.

Il comitato referendario «Stop TTIP» non si è dato per vinto e ha raccolto, senza seguire l’iter ufficiale, più di un milione di firmeCollegamento esterno per la sua iniziativa. A questo punto è difficile capire come mai la commissione e i promotori dell’iniziativa non siano riusciti a trovare un’intesa su una formulazione comune che avrebbe permesso l’iscrizione dell’iniziativa popolare nell’apposito registro. Nello stesso tempo, questo caso indica che è possibile inserire questioni appassionanti relative al nuovo diritto popolare nell’agenda europea.

Cosa avviene ora? Per fortuna, all’interno dell’UE sono in corso alcuni cambiamenti e si dovrà vedere se il nuovo braccio destro di Juncker, Hand Frans Timmermanns, ex ministro degli esteri dell’Olanda, saprà sbloccare l’impasse e promuovere all’interno della commissione un’attitudine più favorevole ai diritti dei cittadini.

Per fortuna, l’attuale diritto d’iniziativa dell’UE deve essere rivisto, un esame che avrà inizio nel 2015. Si tratta di un’opportunità che potrebbe infondere nuova linfa a uno strumento molto promettente, grazie all’abbattimento di molti ostacoli, a un’applicazione più semplice e agli insegnamenti che si trarranno dal passato. È giunta la nostra ora, quella dei cittadini, quella dei capi poco amanti dell’Europa.

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Traduzione di Luca Beti

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