La democrazia diretta svizzera è l’ultima sfida dell’Eurovision
Mentre la Svizzera si prepara a nominare la città che ospiterà l'Eurovision Song Contest dell'anno prossimo, si sono aperte delle controversie politiche e finanziarie – come è normale che sia, secondo gli esperti e le esperte, anche se il sistema svizzero di democrazia diretta pone delle sfide uniche.
In un episodio del 1996 della serie comica irlandese Father Ted, due sfortunati sacerdoti decidono di scrivere un brano per l’imminente concorso “Eurosong” (cioè Eurovision). Nonostante sia una delle peggiori canzoniCollegamento esterno della storia, fittizia o meno, “My Lovely Horse” viene scelta come canzone dell’Irlanda ed è un vero e proprio flop.
L’episodio era basato su speculazioni reali secondo le quali il Paese aveva cercato di autosabotarsi; con quattro vittorie negli anni Novanta, infatti, era diventato costoso organizzare l’evento ogni anno (la Nazione vincitrice ospita sempre il concorso l’anno successivo).
Per la Svizzera, che ha vinto l’edizione di quest’anno, è troppo tardi per un’azione così drastica. A maggio, l’artista Nemo ha portato a casa il trofeo con quella che è stata ampiamente acclamata come una buona canzoneCollegamento esterno; di conseguenza, il prossimo maggio, l’Eurovision arriverà nella Nazione alpina per la terza volta. Le sedi potenziali non mancano: le città di Basilea, Ginevra, Zurigo e Berna/Bienne hanno inizialmente espresso interesse a ospitare l’evento, che quest’anno è stato seguito in diretta da circa 163 milioni di persone.
Il 19 luglio, la Società svizzera di radiodiffusione SSR ha ristretto la rosa dei candidati a Basilea e Ginevra, prima di prendere una decisione definitiva entro la fine di agosto.
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L’Eurovision è troppo costoso, “controverso” e “occultista”
Anche nella ricca Svizzera i dibattiti sui costi non mancano, soprattutto grazie al sistema federalista e di democrazia diretta del Paese. A Zurigo e Berna, il finanziamento pubblico di 20 milioni di franchi svizzeri e di 7 milioni di franchi svizzeri rispettivamente per ospitare l’Eurovision è stato messo in discussione da referendum; lo stesso rischia di accadere a Basilea e Ginevra.
Chi si oppone sostiene che i soldi dei e delle contribuenti non dovrebbero essere utilizzati per finanziare un evento “controverso” che quest’anno è stato accompagnato da proteste anti-israeliane. Altri, appartenenti al piccolo e ultraconservatore partito dell’Unione democratica federale (UDF, destra), ritengono che l’Eurovisione sia legata al “satanismo” e all'”occultismo”.
Dato che l’elettorato di tutte le città ospitanti iniziali tende a essere di sinistra e progressista (e quindi potenzialmente favorevole all’Eurovision), una tale tattica di opposizione non “riduce lo strumento democratico del referendum all’assurdità”, come hanno scritto recentemente i quotidiani TamediaCollegamento esterno? No, sostiene Daniel Kübler, professore di scienze politiche all’Università di Zurigo.
In Svizzera, le contestazioni locali alle decisioni finanziarie sono “affare quotidiano”, dice. “Sono inserite nel sistema [politico] e di conseguenza tutto deve andare più lentamente”. Ciò ha già influito sui grandi eventi internazionali in passato: nel 2018, ad esempio, l’elettorato del Vallese aveva respinto l’offerta di portare le Olimpiadi invernali nel Cantone.
Nel caso dell’Eurovision, “se si deve decidere in fretta, bisogna semplicemente trovare metodi di finanziamento non soggetti a referendum”, afferma Kübler, che essi provengano dal settore privato o dalla SSR (che sta già coprendo parte dei costi).
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Non è chiaro cosa accadrà prossimamente. Kübler afferma che il numero esiguo di firme necessarie per imporre un referendum locale (2’400 nella città di Ginevra, 2’000 a Basilea) non è necessariamente un ostacolo importante. Trovare una maggioranza per bloccare il credito sarebbe più difficile, soprattutto per un gruppo “minuscolo” come l’UDF, anche se avesse il sostegno di alcune frange del partito conservatore più grande in Svizzera, l’Unione democratica di centro.
Ma l’incertezza rimane, soprattutto perché persino un “no” al referendum potrebbe bloccare il processo abbastanza a lungo da far fallire la pianificazione di un grande evento. Nel frattempo, secondo Kübler, l’opzione che il Governo federale intervenga per garantire i finanziamenti invierebbe un segnale politico negativo, minando la natura decentralizzata della democrazia svizzera.
Costi e benefici dell’Eurovision
Sebbene la democrazia diretta della Svizzera la renda un’eccezione nel consentire il voto su tali questioni, l’opposizione all’Eurovision – per motivi finanziari o politici – è parte integrante della storia del concorso, afferma Dean Vuletic, storico e autore del libro Eurovision Song ContestCollegamento esterno.
Il costo di ospitare l’evento è stato in particolare uno dei problemi principali, afferma Vuletic. Nel corso del tempo, l’Unione europea di radiodiffusione (UER), il principale organizzatore dell’evento, ha cercato di rendere il prezzo “più sostenibile”, mettendo in comune le risorse, aprendosi a sponsor commerciali o vendendo biglietti per i grandi spettacoli nelle arene. Ma il problema rimane.
Nei primi decenni del concorso, dice Vuletic, c’erano persino alcuni Paesi – di solito quelli più piccoli come il Lussemburgo o Israele – che sceglievano di non ospitare la manifestazione a causa dei costi. Più di recente, l’inflazione e la crisi economica non hanno aiutato e hanno portato alcuni Stati a ritirarsi completamente dal concorso.
Tuttavia, a prescindere dal costo, ci sono sempre città e Paesi desiderosi di ospitare il concorso: in termini di turismo, branding o immagine, l’Eurovision “porta semplicemente molti benefici”. Secondo uno studio citato dal quotidiano della Svizzera tedesca Neue Zürcher Zeitung, nel caso di Liverpool, che ha ospitato l’edizione 2023, i benefici di marketing globale sono stati stimati in quasi 800 milioni di euro. C’è invece chi sostiene che il beneficio di ospitare questi grandi eventi è solo a breve termine.
Ma è chiaro chi vince: a Zurigo, per esempio, prima ancora che fosse presa una decisione sulla città ospitante, alcuni hotel erano già al completo per il maggio successivo, mentre altri stavano aumentando massicciamente i prezzi, come riporta il quotidiano Tages-Anzeiger.
L’esempio austriaco: Conchita Wurst
Per quanto riguarda l’ampia copertura mediatica e i dibattiti in Svizzera, anche questo è “assolutamente normale”, afferma Vuletic. Dal 2013 al 2015 ha lavorato presso l’Università di Vienna, proprio nel momento in cui la vittoria di Conchita Wurst all’Eurovision ha portato l’evento in Austria. “L’intero anno, tra la vittoria e l’ospitalità, è stato dedicato a come organizzarlo e a cosa significasse per l’immagine internazionale dell’Austria”, racconta.
Ci sono state critiche dall’estrema destra nei confronti di Conchita, un’artista drag queen, ma anche dibattiti su come avrebbe potuto aiutare l’Austria a rispolverare la sua tradizionale associazione con le montagne, la musica classica e la storia asburgica.
Non tutti i Paesi approcciano l’Eurovision allo stesso modo, dice Vuletic. Ma si aspetta che nei prossimi 10 mesi la Svizzera, un altro Paese moderno dell’Europa centrale, assista a un processo simile a quello dell’Austria di dieci anni fa. L’Eurovision è un modo per i Paesi di porsi domande come “cosa manca nella percezione internazionale di noi?” o “cosa vogliamo enfatizzare?”.
Nel caso della Svizzera, si tratta di campanacci, Alpi, immagini turistiche stereotipate? Oppure è un’occasione per mettere in mostra la diversità e la creatività della società svizzera – un dibattito che anche Nemo, l’artista non binario che ha vinto all’evento di quest’anno, è riuscito a suscitare?
L’Eurovision come agente del cambiamento
In definitiva, però, l’Eurovision non è necessariamente un tale motore del cambiamento, come chi lo critica lo definisce. Il concorso è pieno di contraddizioni, amato sia da “dittatori che da drag queen” e con un impatto “discutibile” sulla democratizzazione e sull’apertura, sostiene Vuletic. Nel 2009, ad esempio, Mosca ha ospitato l’edizione più sfarzosa di sempre del concorso; tre anni dopo, l’Azerbaigian ha fatto la stessa cosa, spendendo molto per ospitare il suo primo mega-evento internazionale.
In entrambi i casi, l’Eurovision è stato utilizzato come un’occasione per migliorare l’immagine internazionale, ma nessuno dei due Paesi è poi diventato un manifesto delle libertà civili.
Che sia come parafulmine per i dibattiti politici, le guerre culturali o le ristrettezze delle finanze pubbliche, l’Eurovision ha sempre fatto più da “riflesso che da effetto del cambiamento sociale”, dice Vuletic.
A cura di Veronica DeVore
Traduzione dall’inglese: Sara Ibrahim. Revisione: Riccardo Franciolli
Questo articolo è stato aggiornato il 19 luglio per riflettere la scelta delle potenziali città ospitanti Basilea e Ginevra da parte della Società svizzera di radiodiffusione.
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