Le sfide globali del potere popolare nel 2016
Dopo un 2015 da archiviare come ‘annus horribilis’, il 2016 inizia con nuove opportunità democratiche, a tutti i livelli politici. Un’anteprima di Bruno Kaufmann di people2power.
Vi era un sentimento di genuino conforto nell’ammirare lo spettacolo di fuochi d’artificio a Perth, nell’Australia occidentale, che annunciava un nuovo capitolo della nostra storia, il 2016. Questi primi momenti dell’anno nuovo, vissuti con un certo anticipo rispetto ad amici, colleghi e lettori in altre parti del mondo, hanno posto fine a un anno terribile, contraddistinto da turbolenze economiche, escalation bellica, crisi dei rifugiati e disastri naturali.
L’anno scorso, la democrazia ha registrato passi indietro in molte parti del mondo. Le sfide sulla strada del progresso sono enormi. Tuttavia, diverse votazioni popolari racchiudono grandi e numerose opportunità. Di seguito i principali appuntamenti da seguire da vicino.
Popolo contro potenti
Il 2016 non sarà l’anno dei signori Xi, Putin o Obama, ma di molti cittadini che avranno la possibilità di far sentire la loro voce nei rispettivi paesi.
A dare il via a questa supersfida, saranno gli elettori di un piccolo paese. A Taiwan, il 16 gennaio saranno eletti un nuovo presidente e un nuovo parlamento. Per la prima volta da quando le truppe nazionaliste cinesi si sono ritirate su questa isola-Stato, alla fine degli anni 1940, i 23 milioni di taiwanesi potrebbero spedire all’opposizione il Kuomintang (il Partito nazionalista cinese). Ciò potrebbe creare una spinta propizia per rafforzare il potere del popolo non solo a Taiwan, ma anche nei paesi vicini: Hong Kong, Cina e Vietnam.
Qualche mese più tardi, i cittadini russi avranno a loro volta l’opportunità di dire la loro, eleggendo i 450 membri della Duma, il parlamento nazionale. Sulla regolarità del voto del 18 settembre pesano però numerose incertezze, visto il peggioramento della situazione sul fronte della democrazia da quando Vladimir Putin è ritornato presidente nel 2012.
L’8 novembre gli Stati Uniti eleggeranno dal canto loro un nuovo presidente, in quella che passerà alla storia come la campagna più cara di tutti i tempi. Queste elezioni dovrebbero fornire indicazioni interessanti sui punti di forza e le debolezze di una delle democrazie più antiche del mondo.
Finestra d’opportunità
In Iran ci sono barlumi di speranza dopo che il presidente riformista Hassan Rouhani ha lanciato un appello per una rinascita democratica del paese, che conta 75 milioni di abitanti. «Ogni voto deve essere conteggiato e ogni voce va ascoltata», ha dichiarato Rohani, annunciando l’anno scorso le elezioni parlamentari che si terranno il 26 febbraio. Il grande interrogativo è sapere se i fondamentalisti riusciranno a preservare la loro maggioranza nel parlamento unicamerale del paese.
Punti di vista
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Un altro cambiamento potrebbe avvenire il 18 febbraio in Uganda. Gli elettori sono chiamati a decidere se prolungare il mandato al presidente Yoweri Museveni, al potere dal 1986.
Durante questa prima parte dell’anno, sono in programma votazioni ed elezioni in molti altri paesi: Portogallo (24 gennaio, presidente), Svizzera (28 febbraio, diversi temi), Samoa (31 marzo, parlamento), Perù (10 aprile, presidente) e Scozia (5 maggio, parlamento).
Brexit?
A prima vista, potrebbe sembrare solo un ennesimo voto popolare sull’Europa (ve ne sono stati 55 dal 1972). Il referendum sulla permanenza della Gran Bretagna nell’Unione Europea, che si terrà probabilmente in settembre, è però di fondamentale importanza per l’avvenire del continente.
Rispetto a tutti i precedenti ‘no’ a nuovi trattati europei, un ‘Brexit’ – l’uscita della Gran Bretagna dall’UE – rappresenterebbe probabilmente il cambiamento di più vasta portata nel processo di integrazione. Un voto a favore di un’uscita, spingerebbe probabilmente scozzesi e gallesi a ritentare la strada dell’indipendenza, rimanendo però nell’UE.
Il 2016 sarà anche l’anno in cui l’Europa cercherà di rendere più efficiente e accessibile il primo strumento transnazionale di democrazia diretta e partecipativa. Dall’introduzione del diritto d’iniziativa dei cittadini europei nel 2012, sono state lanciate 55 iniziative. Solo tre hanno ottenuto sufficiente sostegno (un milione di firme in almeno sette Stati membri): sul diritto all’acqua, la limitazione della ricerca sulle cellule staminali e la messa al bando delle sperimentazioni sugli animali. Attualmente, si stanno raccogliendo firme per altre cinque iniziative: sul matrimonio, i trasporti, la canapa, l’ambiente e la democrazia.
Quest’anno dovremmo assistere anche a progressi interessanti e incoraggianti a livello regionale, sia in termini socioeconomici, sia per quanto concerne il potere al popolo. In alcuni Stati del mondo, si sta assistendo a un decentramento del potere.
L’Indonesia, il più grande paese musulmano del mondo, è un buon esempio. Questo Stato è costituito di 6’000 isole abitate e di una popolazione di 255 milioni di persone. Più della metà vive però sull’isola di Giava (grande tre volte la Svizzera) e più di 30 milioni solo nella capitale Giakarta, da dove ho scritto questo articolo. Dalla fine della dittatura negli anni 1990, l’Indonesia si è trasformata in una democrazia molto vivace. Dei sindaci come Joko Widodo (oggi presidente), Tri Rismaharini (a capo di Surabaya, città di sei milioni di abitanti) o Ridwan Kamil (Bandung) hanno promosso con forza una cittadinanza attiva. Esempi simili a livello locale si ritrovano in molti paesi del mondo, anche in Stati con democrazie molto deboli.
Se il 2015 è stato caratterizzato da molte notizie negative per il nostro pianeta, l’anno nuovo fornirà nuove opportunità e speranze per rendere la democrazia un po’ più democratica.
Le opinioni espresse in questo articolo sono quelle dell’autore e non riflettono necessariamente la posizione di swissinfo.ch
Traduzione di Daniele Mariani
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